Poesie | lunedì 20 giugno 2011

Carlo Di Legge

Da giorni in te cammina

Integrazioni a una cosmoteologia gnostica


Dormono i cieli, le vette e le voragini,
dormono le campagne e le città;
le inviolate stelle e l’abisso nel silenzio riposano.
Da giorni in te cammina il mortale,
nel senza strada.
Si consegna nelle tue mani impalpabili e insidiose
per potersi addormentare nei sonni senza sogni.

Silenzio: cammina i suoi giorni il mortale,
lascia che tu lo avvolga con oscure braccia,
desidera inoltrarsi nel senza-direzione
e ti chiama: mia solitudine.

Silenzio: non ho le tue chiavi,
non porto superbie di sapienza
ma solo nulla da dire –
parole della sabbia,
scorrere di grani di silenzio.

Mare privilegiato, maggiore d’ogni
mareggiante oceano,
cielo oltre il cielo, spazioso più dello spazio.
Non silenzio di alcuno, ma tu, il silenzio stesso,
non deserto d’alcuno, ma lo stesso deserto,
origine-madre,
fermento di voce e di parola.

Assenza pura, seme delle presenze.
Regione di niente, pietra e sterpi dello spirito,
addiaccio e fuoco d’accampamento.
Nelle tue mani dorme e veglia il mortale,
nel seno tuo si rifugia,
perché voce e parola possano sorgere,
e scrittura di silenzio,
e sapienza in assenza di sapienza.

Nel seno tuo fertile d’ogni opera,
labirinto di labirinti,
s’addormenta il mortale, per potersi risvegliare.
Solitudine ultima: ti guarda il mortale
come orizzonte.

Dormono i cieli e le viscere della terra.
I mari dormono.
Predatori e mansueti, perfetti e demoni.
Bambini e uccelli dormono.
Il fiume che serpeggia nella pianura.
La vicissitudine stessa dorme.
I cieli abbracciano mari e montagne,
e tutto è abisso.
Ma silenzio abbraccia abisso.

Giugno 2011


Su Carlo Di Legge
È stato a lungo in Puglia ma è nato per puro caso a Salerno, poi ha trascorso gli anni a trasferirsi per l’Italia. Serba uno scrigno incantato del passato e inventa cattedrali benevole per l’avvenire. Spera di essere, in questo, come tutti. Negli ultimi tempi dice d’essersi iscritto alla scuola del presente. Scrive di filosofia, di tango e di poesia, è vero, bisogna ammetterlo.

Sulla rubrica Poesie
A volte c’è un bisogno di sospensione. Di densità diversa. Di tempo trasognato. Di spazio poco arredato. Di un posto delle fragole nell’anima. Di silenzi gentili che non sono di solitudine, ma di rade presenze discrete. A volte c’è un bisogno di sorpresa, di lampi improvvisi, accensioni impreviste. C’è un bisogno di respiro irregolare, di battito lento. Di ricerca segreta tra le pieghe del sogno e le unghie della realtà. A volte c’è un bisogno di attesa. Di ricordo. Di sguardo lontano, distante. Di confini indistinti, di profili scontornati, nuovi. A volte c’è un bisogno di poesia. In quest’angolo di rivista se ne trova di nuova, di inedita, di molto famosa, di nascosta, di quella che addolora e di quella che consola. Basta cercare. Basta aver voglia di scoprire parole segrete. Basta trovare un piccolo tempo anche per la poesia.

Sentire il tango argentino. Dieci lettere e una poesia, di Carlo Di Legge (Fuori Collana, 2011)
Il candore e il vento, di Carlo Di Legge (Fuori Collana, 2008)