Poesie | martedì 25 gennaio 2011

Carlo Di Legge

Questi giorni di festa

Mia figlia è venuta a casa il ventinove sera, da Milano .
Era molto che non succedeva; così a lungo, mai. Le ho dato metà
guardaroba,
come se dovesse restare.
Ha preso tutto il letto,
non riuscivo più a dormire (ci ho perso l’abitudine).
Sono uscito dalla stanza, mi ha domandato dove andassi. L’ho
rassicurata: sono qui. Ho lavorato fino alle cinque e
mezza, sono uscito che era ancora buio
a riportare l’auto in posteggio.
Rientrando
ho ricordato le serate
vicino a lei. Era molto piccola, dieci o dodici
anni fa,
aspettavo che si addormentasse, poi scivolavo nel
lettino a fianco.
Mi piace il suo disordine (la casa è piccola, basta un nonnulla, stavo
sempre a dirle di mettere a posto) – ha comunque rifatto il letto
(appuntamento con le amiche, ha precisato, è
per non perdere tempo – non illudersi, lei non
collabora); mi piace andare con lei per
vestiti – guardo come li sceglie e li indossa, aspetto che domandi consiglio.
La seconda notte ha diviso il letto precisamente in due, e, come per
gioco, o perché si sentiva sicura, ha rinunciato all’abitudine della
luce accesa.
Ho sentito la sua mano, è come una
zampetta morbida e calda, dalle lunghe dita.
La terza sera siamo andati a brindare all’anno nuovo
da Elena – i fuochi esplodevano, ho pensato
alla vita, a ciò che è chiamato
passato,
alla memoria che ripete il brindisi
con chi per sempre ha perduto il cielo,
al perdibile cielo.
Anche la quarta notte sono andato di là,
a scrivere in attesa dell’alba. Mi è sembrato bello come allora, era
agosto, quando
mi venne un libro, lei era di sopra che dormiva.

La cassiera al cinema l’ha scambiata per la mia nipotina
e qualcun altro resta perplesso, a vederci insieme.
Pochi intendono che è
la mia stella bruna; io solo, quanto mi somiglino
ostinazioni
e ombrose risposte, luci di affetti feriti

Alla fine di questi cinque giorni,
quando anche il pranzo era più facile, se n’è andata.

Ma è stata una vera festa. Gennaio 2011


Su Carlo Di Legge
È stato a lungo in Puglia ma è nato per puro caso a Salerno, poi ha trascorso gli anni a trasferirsi per l’Italia. Serba uno scrigno incantato del passato e inventa cattedrali benevole per l’avvenire. Spera di essere, in questo, come tutti. Negli ultimi tempi dice d’essersi iscritto alla scuola del presente. Scrive di filosofia, di tango e di poesia, è vero, bisogna ammetterlo.

Sulla rubrica Poesie
A volte c’è un bisogno di sospensione. Di densità diversa. Di tempo trasognato. Di spazio poco arredato. Di un posto delle fragole nell’anima. Di silenzi gentili che non sono di solitudine, ma di rade presenze discrete. A volte c’è un bisogno di sorpresa, di lampi improvvisi, accensioni impreviste. C’è un bisogno di respiro irregolare, di battito lento. Di ricerca segreta tra le pieghe del sogno e le unghie della realtà. A volte c’è un bisogno di attesa. Di ricordo. Di sguardo lontano, distante. Di confini indistinti, di profili scontornati, nuovi. A volte c’è un bisogno di poesia. In quest’angolo di rivista se ne trova di nuova, di inedita, di molto famosa, di nascosta, di quella che addolora e di quella che consola. Basta cercare. Basta aver voglia di scoprire parole segrete. Basta trovare un piccolo tempo anche per la poesia.

Sentire il tango argentino. Dieci lettere e una poesia, di Carlo Di Legge (Fuori Collana, 2011)
Il candore e il vento, di Carlo Di Legge (Fuori Collana, 2008)