Poesie | martedì 2 novembre 2010

Carlo Di Legge

Al ritorno

Al ritorno a casa, i pittori avevano appena finito:
sulle pareti avevano dipinto i colori del mare intenso,
del cielo sereno
e del tramonto. Io portai con me il vecchio mare sempre
nuovo, l’Adriatico sonnacchioso come un gatto
azzurro nel primissimo pomeriggio,
lo stupore per le cortecce delle giovani palme che
salivano a cercare il cielo,
per il miracolo geometrico della vita.


Bastava togliere polvere e rimettere in ordine, così
credevo, ma
sbagliavo. Cominciai – non ho ancora finito: prima
con calma,
poi sempre più di fretta, senza badare alla stanchezza.
Si complicavano le cose – bisognava anche
scegliere con cura i libri da tenere e salutare
gli altri.
E scusarmi con i ritratti dei genitori e dei nonni –
non andavano più alle pareti
anche se non ancora in cima all’armadio,
ma poggiati in piedi tra pavimento e muro,
cercando di calmarli: non temete, vi guardo
sempre, e siete presenti.
Adesso, dopo qualche giorno, anche qualche
mobile sta partendo, e mi sembra
che la pittura delle pareti fu solo un pretesto, o un
inizio.

Vado urtando negli spigoli ancora fuori posto
e ho bisogno di riflettere su ciò che si
conserva
e ciò che si perde.
Voi, presenze amate o ignote,
non mi lascerete mai,
sono tessuto di voi, come ogni minima fibra di
un albero è fatta di potenze di terra e di sole.
La vita è come un intreccio con
l’invisibile e il mistero,
perciò neanch’io potrò lasciarvi, perché
restate,
sebbene ora io senta di dover viaggiare più leggero.
L’anima è divenuta come un arazzo
di figure e storie incalcolabili, e si ritrova
come la vecchia fortezza saccheggiata ma ferma
sul mare,
è come il mare sempre nuovo, che sonnecchia e
aspetta vento.


Su Carlo Di Legge
È stato a lungo in Puglia ma è nato per puro caso a Salerno, poi ha trascorso gli anni a trasferirsi per l’Italia. Serba uno scrigno incantato del passato e inventa cattedrali benevole per l’avvenire. Spera di essere, in questo, come tutti. Negli ultimi tempi dice d’essersi iscritto alla scuola del presente. Scrive di filosofia, di tango e di poesia, è vero, bisogna ammetterlo.

Sulla rubrica Poesie
A volte c’è un bisogno di sospensione. Di densità diversa. Di tempo trasognato. Di spazio poco arredato. Di un posto delle fragole nell’anima. Di silenzi gentili che non sono di solitudine, ma di rade presenze discrete. A volte c’è un bisogno di sorpresa, di lampi improvvisi, accensioni impreviste. C’è un bisogno di respiro irregolare, di battito lento. Di ricerca segreta tra le pieghe del sogno e le unghie della realtà. A volte c’è un bisogno di attesa. Di ricordo. Di sguardo lontano, distante. Di confini indistinti, di profili scontornati, nuovi. A volte c’è un bisogno di poesia. In quest’angolo di rivista se ne trova di nuova, di inedita, di molto famosa, di nascosta, di quella che addolora e di quella che consola. Basta cercare. Basta aver voglia di scoprire parole segrete. Basta trovare un piccolo tempo anche per la poesia.

Sentire il tango argentino. Dieci lettere e una poesia, di Carlo Di Legge (Fuori Collana, 2011)
Il candore e il vento, di Carlo Di Legge (Fuori Collana, 2008)