Poesie | martedì 10 novembre 2009
Carlo Di Legge
Multiverso
Un architetto nascosto mostra evidenze: mattina presto, ripuliscono le strade.
Quasi nessuno.
Pensi te stesso in viaggio dalla stazione ferroviaria,
viaggiatori che aspettano, treni sporchi;
o a cavallo del tempo, una specie di linea immateriale o fluire
d’un fiume.
Tutto molto strano, ma ti sembra consueto. Ti rassicura.
La verità che appare nella strada sembra priva di pretese, ma s’impone.
Non ti domandi ragione dell’assurdo.
Credi a ciò che ascolti e vedi.
In viaggio: una porta gira sui cardini e sbatte senza
chiudersi. L’odore di treno s’attacca ai vestiti, i vestiti addosso, nell’afa.
Immagini
senza artificio. Entrano ed escono, le porte per l’altrove sono ovunque.
Il mondo è una basilica evidente, misteriosa. Lune e soli,
come lampade appese, e grappoli d’uccelli sotto le navate.
Dubiti delle intenzioni degli uomini:
tu, avvezzo al sospetto,
guarda bene l’apparire, se non sia
l’apparire che ti guarda; e se soltanto quel che molti vedono
sia.
Alcuni luoghi custodiscono, oltre l’immagine che mostrano,
al contempo,
infinita multiversa animazione.
Cosa è questo che appare, e come poi
non dubitare delle cose che sfilano
nell’ordine del tempo?
Anche se l’apparire fosse tutto,
cose discontinue si mostrano.
S’illuminano in luce d’esistenza, si oscurano,
compaiono e dispaiono come su scena di teatro,
roteano si disperdono come un vortice di foglie d’autunno.
Il silenzio è pregno di parola, la parola di silenzio,
un treno vuoto si rivela affollato al tempo stesso,
e un uccello della notte si trasforma
in un simbolo.
Nel momento, il fuoco fatuo del tempo
ritorna, si ferma, senza direzione
scatta; dove qualcosa
è stato, qualcosa
permane, o torna; dove sarà qualcosa, è già
presente, o è stato, e c’è dell’altro – non tutto
l’apparire è condiviso: non a tutti
si mostrano le cose che solo alcuni vedono.
Inquietante evidenza
di punti che ristagnano, confusi
sovrapponendosi
e mutando: un’immagine è una carta nel vento
ma la carta
d’improvviso
è un gatto che s’arrampica
su un muro di vento.
Ma puoi credere inoltre
che di continuo l’invisibile divenga
fuoco e ombra di luce e di colore, e trasmigri l’inudibile
in suono e voce.
L’edificio del mondo è multiverso. Da rosoni invisibili e finestre
e scardinate porte
è come ti cercasse ciò che non puoi credere né speri:
d’improvviso ti parla, anche per mezzo d’altri.
Entrano ed escono figure d’altro tempo e senza spazio,
nelle strade vuote è folla d’altri uomini, di cui
non sai, pieni nei vuoti apparenti,
e si ripetono intrecci di sentieri
che traversano i palazzi,
dimore si ritagliano nel cielo o in case inesistenti.
Delle parole
diffida, e dei concetti:
l’uomo che spieghi l’apparire non è nato.
E insieme
medita quel che vedi, e forse senti ma non vedi,
momenti dello stesso senza-nome: ma, per quanto abbia
cercato,
sulle cause
hai solo antiche domande, e strane risposte.
Verso Elea, settembre 2009