Poesie | martedì 28 luglio 2009
Carlo Di Legge
I viali senza fine del pomeriggio
Il pomeriggio dell’infanzia era profondo di sonno
nelle case contadine e nelle ville inondate dai fiori
in fondo ai viali che si aprivano
sul ciglio della strada provinciale.
Il pomeriggio estivo era pesante di sonno
sulle palpebre che non volevano abbassarsi a dormire
per il gran desiderio dell’aperto.
Era vietato a tutti, il pomeriggio. Neanche le bestie,
nei campi arroventati.
Ma lo desideravo perché mi chiamava, era
come adesso a volte lo star solo.
Le civette dormivano, uomini donne e bambini
stavano al riparo o dormivano.
A volte con mio fratello – oppure mi ribellavo come
un selvaggio e fuggivo sotto il sole a picco
nei viali bruciati.
Nell’aria ardente s’aprivano viali ondeggianti,
di cui lo sguardo non vedeva fine.
A piedi nudi fuggivo, poi calzavo i sandali
e scoprivo la campagna sconosciuta. Scoprivo
paura, libertà e limite.
La paura m’impedì di perdermi.
Mi chiamava qualcosa d’irresistibile, che non so.
Le cicale strepitavano dentro la terra,
l’uva cresceva e s’addolciva sui tralci.
Nel silenzio rosso e strepitoso degli ulivi
il mare era lontano, in fondo; a volte
le cicale d’improvviso tacevano
ed era un mare di silenzio che mi dava brividi,
e mi faceva fuggire.
Il pomeriggio era profondo e impraticabile,
ricco di fascino e spaventoso.
Ancora incontro il pomeriggio: vi trovo
a volte il regalo del deserto.
Allora, come un tempo ho percorso quei viali, ora
a me s’aprono vie di parola.
Per quanto guardi, non posso vederne la fine.
Nocera Inferiore, 11.7.2009