Poesie | mercoledì 8 ottobre 2008
Carlo Di Legge
La parola in qualche modo salva
Questo panno rattoppato fu una tenda, piena
spesso di polvere, che impediva agli sguardi di
entrare dalle scale in cucina, nella casa del
ricordo. Il cotone è ricamato a barche a vela,
riflessi e nuvole, due donne in cuffia e lunga
veste, che guardano il mare,
un albero, un muro a pietre, la
staccionata. So le mani che vi lavorarono.
Quel paesaggio non ha tempo. Io
ho tempo, perché sono. E si biforca il tempo,
a partire da questo
attimo: il passato cresce e si
avvolge, si assottiglia
il futuro. Ma è prezioso il futuro, a me è come
un intervallo
corrente tra memorie
di vite che furono
e mi restano vicine: questo fu il
tempo di lui, questo di lei, tra l’uno e l’altra –
affetti, persone fatte
tempo – si muove la
prospettiva, una specie di attesa del passato,
un passato ancora da venire.
E
il passato è l’esperienza – me ne viene un
mormorìo, come una tenue musica.
Il tempo è tutto insieme, è qui nella mia casa,
dove la parola dice e si contraddice,
e bruciano visioni di
lunghe fughe di luoghi, cose veloci e di cenere,
in mutamento.
Gli oggetti del contempo mi scortano con
sensibile voce. Gli oggetti hanno parola, che
ne parla, e tuttavia mai sono la parola.
Ora il telo è una tovaglia, in cucina.
Salvo quel che posso dalla perdita.
La parola in qualche modo salva.
13 settembre 2008