Poesie | mercoledì 16 luglio 2008

Carlo Di Legge

Non temete per me

Ai miei genitori.

Non temete per me, miei cari: raccolgo
suggestioni dalle montagne antiche,
motivi di vita dai vestigi del passato.
La luce radente del sole mi è dolce sulla pelle,
l’abbraccio del mare di velluto, i soffi e le
calme dell’aria.
Parola e corpo sono sempre con me, nella mia
mente
ho salite e discese, luna e sole, aria e
mare nel sangue. Gli amici miei sono buoni, i
fratelli vivono, le figlie crescono,
come giovani piante. Non temete.
Porto con me qualcosa della vostra
cura per me.
Mi rassicura il ticchettìo della pioggia sulle
tegole. Poi lo scroscio, le
nuvole che tolgono ogni vista, il
temporale. La grandine.
Non che non veda il male. Mi visita senza
preavviso, si siede accanto e mi parla. Ma una
sorta d’indole metafisica me lo tiene a
distanza,
sebbene mi accompagni,
io vi medito se posso, come faccio per il danno
inevitabile del tempo.
A volte nel silenzio mi sorprende un battito
disordinato del cuore, si presenta un ricordo. Il
momento è tale: basta una foto
a distogliermi dall’oggi, riportandomi a voi.
E così qualcosa vi sopravvive, adesso che
dormite per sempre: porto nella mia vita il vostro
canto di libertà e di vita,
l’assurdo nulla, il peso di libertà e d’amore. Curo
la memoria, da voi sono difeso
come da mura, intimamente vado fiero
di voi.
Vedo come ogni vita, per quanto grande,
rovini, come un giardino viene invaso dagli sterpi:
ma qualcuno che lo vede può occuparsene,
lo splendore può tornare.
Non so se alcuno si occuperà di me,
ma più importante è vivere, e donare. Vi
segue il mio pensiero
dove non sono mai stato, e le cose che faccio vi
sono vicine. Voi dovete saperne,
oggi so che le mie migliori azioni sanno di
voi.
Sempre v’incontro di nuovo, come se riviveste
nel mio risveglio, ogni mattina.
Dormite in pace, attente e discrete presenze,
la mia devozione v’accompagna. Non temete per
me: sono dolci più che mai
la carezza del sole basso sulla pelle, il fresco
della sera, l’irripetibile vita.


Luglio 2008


Su Carlo Di Legge
È stato a lungo in Puglia ma è nato per puro caso a Salerno, poi ha trascorso gli anni a trasferirsi per l’Italia. Serba uno scrigno incantato del passato e inventa cattedrali benevole per l’avvenire. Spera di essere, in questo, come tutti. Negli ultimi tempi dice d’essersi iscritto alla scuola del presente. Scrive di filosofia, di tango e di poesia, è vero, bisogna ammetterlo.

Sulla rubrica Poesie
A volte c’è un bisogno di sospensione. Di densità diversa. Di tempo trasognato. Di spazio poco arredato. Di un posto delle fragole nell’anima. Di silenzi gentili che non sono di solitudine, ma di rade presenze discrete. A volte c’è un bisogno di sorpresa, di lampi improvvisi, accensioni impreviste. C’è un bisogno di respiro irregolare, di battito lento. Di ricerca segreta tra le pieghe del sogno e le unghie della realtà. A volte c’è un bisogno di attesa. Di ricordo. Di sguardo lontano, distante. Di confini indistinti, di profili scontornati, nuovi. A volte c’è un bisogno di poesia. In quest’angolo di rivista se ne trova di nuova, di inedita, di molto famosa, di nascosta, di quella che addolora e di quella che consola. Basta cercare. Basta aver voglia di scoprire parole segrete. Basta trovare un piccolo tempo anche per la poesia.

Sentire il tango argentino. Dieci lettere e una poesia, di Carlo Di Legge (Fuori Collana, 2011)
Il candore e il vento, di Carlo Di Legge (Fuori Collana, 2008)