Poesie | sabato 24 maggio 2008
Carlo Di Legge
Ombra d’indifferenza
Da bambino pensavo lo spazio prima
d’addormentarmi.
Un passo dopo l’altro, sempre nuovi alberi e case –
poi nulla, e ancora nulla.
Dormire come fuggire? Ora so
che non c’è fuga. Ma in qualche luogo dell’universo
vi sono porte
che consumano il tempo e lo spazio, e
lo riversano, sotto mutate forme, nell’invisibile
altrove.
Senti che
col trascorrere del tempo, il tempo si fa sempre più
veloce e precipita
dentro le porte.
Folle immense aspettano altrove; entrano. Poi
la luce
cambia, e i volti. È il momento di andare.
Invece, nella casa di dio la notte si riversa in
mareggiate di stelle.
Lo spazio è vento di dio.
E le galassie si sfilacciano, come
pensieri solitari.
Possono forse
appartenergli, ma con indifferenza, lo splendore d’oro
dei fiori sul verde degli arbusti, i colori del cielo,
i volti, i sentimenti che contrastano. Un
tetto di tegole arancione, un cielo, una stagione; un
altro tetto, vent’anni, ancora cielo e una stagione.
Vent’anni o quattromila, nomi che cambiano, o non
cambiano.
Dio forse non si cura dei nomi.
In lui non c’è parola – solo il vento gioca sul
prato, come un gatto con l’abisso.
E luce e vento che rispondono
sono povere immagini.
Il colore delle rose, i profumi delle rose perdute, i
giardini delle lunghe passeggiate
sul ciglio della strada provinciale, tutto si perde
nell’ombra.
In lui l’oriente del vento o la sua fine, il vento che
si porta le certezze dei bambini o le voci dei morti.
In lui le voci o le rose che
verranno.
Dio dev’essere ombra d’indifferenza.