Poesie | martedì 15 aprile 2008

Carlo Di Legge

Non ci sei ma di notte mi chiami

A mia madre


Rose e lavande stanno fiorendo – ti sarebbero piaciute. Da
qualche mese a questa parte il mondo è più vicino. Forse col tempo
e nella prova
apprendiamo il valore del vivere.
Ma è stata una settimana strana, questa. Mi sono sentito teso e
provato, senza motivo: forse la primavera, o presagi di
cose che non so?
Elena ha trovato casa nella città vecchia, dalla terrazza si vede
come
dai tuoi balconi, e in più le montagne della costiera, ma non il
mare.
Sofia cresce, forse un po’ viziata, con i suoi
grandi occhi neri che si approfondiscono, e immense emozioni.
Per ironia della sorte, mi sembra
che nei giorni della tua fine
abbiamo ritrovato vicinanze.
Giochi del destino e della nostra pochezza. La tua viva voce non
è più,
e ti parlo meglio scrivendo parole che non puoi leggere. Ma
la tua voce, nella notte fonda, la sento ben chiara
che mi chiama per nome,
come si aprisse una strada perduta per sempre
risalendo come un brivido dall’immateriale al suono.
E così vado passeggiando per casa,
inquieto,
pur sapendo di non dover temere
qualche remota regione della mia mente.
La notte mi riporta a te più del giorno,
e posso sentirti, a volte, perché lo desidero.
Credo che mi chiami perché vuoi vivere, ed essermi vicina e sentirmi
ancora; per ammonirmi, con un po’ di gelosia, o
guidarmi, oppure anche perché
laggiù dove siete non vengo a trovarvi, e i fiori saranno
appassiti.
Ora che tutto è compiuto, nulla finisce. Proseguono
l’amore
e i pomeriggi torridi e le sere di tramontana nella terra sepolta dal
tempo.
Esili circostanze di sabbia continuano, come tracce. Affido alle foto
ciò che la memoria fallisce
Tu sei sotto l’erba, e ovunque, in ogni tempo.

Aprile 2008


Su Carlo Di Legge
È stato a lungo in Puglia ma è nato per puro caso a Salerno, poi ha trascorso gli anni a trasferirsi per l’Italia. Serba uno scrigno incantato del passato e inventa cattedrali benevole per l’avvenire. Spera di essere, in questo, come tutti. Negli ultimi tempi dice d’essersi iscritto alla scuola del presente. Scrive di filosofia, di tango e di poesia, è vero, bisogna ammetterlo.

Sulla rubrica Poesie
A volte c’è un bisogno di sospensione. Di densità diversa. Di tempo trasognato. Di spazio poco arredato. Di un posto delle fragole nell’anima. Di silenzi gentili che non sono di solitudine, ma di rade presenze discrete. A volte c’è un bisogno di sorpresa, di lampi improvvisi, accensioni impreviste. C’è un bisogno di respiro irregolare, di battito lento. Di ricerca segreta tra le pieghe del sogno e le unghie della realtà. A volte c’è un bisogno di attesa. Di ricordo. Di sguardo lontano, distante. Di confini indistinti, di profili scontornati, nuovi. A volte c’è un bisogno di poesia. In quest’angolo di rivista se ne trova di nuova, di inedita, di molto famosa, di nascosta, di quella che addolora e di quella che consola. Basta cercare. Basta aver voglia di scoprire parole segrete. Basta trovare un piccolo tempo anche per la poesia.

Sentire il tango argentino. Dieci lettere e una poesia, di Carlo Di Legge (Fuori Collana, 2011)
Il candore e il vento, di Carlo Di Legge (Fuori Collana, 2008)