Poesie | lunedì 22 gennaio 2007
Carlo Di Legge
Nebbie a banchi, fumi, guardrail
La nebbia scende a banchi. Lampioni sull’autostrada. A
mezza costa, luci gialle, vecchia strada che sale, a curve e tornanti,
verso il convento. Luna che scava nelle nuvole veloci, notte,
campi neri.
Un nastro d’asfalto, un
percorso. Anche un’autostrada nasconde curve e tornanti. E
guardrail: demarcazioni, tramiti tra nulla e ambiziosi disegni.
Qualcosa in te sempre guarda più lontano, come un occhio che
filtra e scava. Distinguo e no, tra glorie e infamie, banderuole che
girano, nuvole, nebbia. Poveri deserti o
popolazioni d’ombre possenti, folle fantastiche di guerrieri che danzano,
al giro d’anno. Legioni, coorti che non ci sono,
armigeri, orde a cavallo.
Un’autostrada, un altro filo tra memoria e parola, lo perdi ogni istante
e lo ritrovi, giochi di perdere e ritrovare, e vedrai
eserciti che corrono campagne e strade, dentro e fuori, senza riposo.
Ai terminali, città che cantano e feste. Ti leghi
alle creature che le danze del nulla hanno voluto. Sia propizio ciò che
non so, quel che non si vede,
l’altro oltre il guardrail che fa la guardia al tornante dell’anno.
Cose ondeggianti di nebbia e fumo.
Mi lego a voi di singolare sentire, miei continenti sempre sospettati di
derive e infirmitates, traversati come un sognante guerriero, e canto una
canzone dell’anno nuovo,
con punti di vista di speranza, e riferisco a voi, marini porti di mare,
moli fluttuanti, flotte di pensieri.
Poesia, che sempre attendo: compari puntuale,
senza rinvio per futili
motivi, chiaro passo, e ondeggia il guardraiI – guardia ondeggiante
della notte.
Impersonale regina di porti e nebbie, di conventi e montagne e
banchi, piazze in festa, ombre e fuochi, regina della luce, ferma e irreale
come le cose.
E si trasforma la notte del Capo d’Anno in un teatro di battaglia e
fuochi e fumi
e infinito altro. Battaglia che arde ancora per qualche irriducibile valore,
tra una ed altra città, tra un popolo festante e un
altro,
come l’ aspetto d’una generazione e
più: iniziammo a ranghi serrati e senza timore,
tuttavia i vuoti s’aprono e gli assenti
vanno in fumo
come corpi che ardano sulle cataste.
Regina armata di metalli guardiani immuni a piogge e umidità,
resa opaca,
diafana e piantata nel cemento, forte e sfuggente
come il tempo: il tuo respiro
distende campi di parole prime e divini
decantatoi di parola.
Sempre l’alba si risveglia, scrollandosi di dosso
banchi di nebbia. Anche il giorno mostra e nasconde. Quel che si
vede, quel che non si vede. Attraverso inferme frontiere, la strada si
perde in calendari, le datazioni nel tempo e nel nulla. Sensi
e legami istituisco, immagini colmano vuoti, cantando l’anno
con le nuove schiere festanti e ignare, fantasmi e rocce testimoni,
mentre già ripuliscono le strade, alle tre e mezza del mattino dell’anno
settimo, duemila.
Barriera di Nocera Inferiore, 1 gennaio 2007