Poesie | lunedì 16 ottobre 2006

Carlo Di Legge

Riscrittura

Settembre è una porta che attraversi come vento l’erba, e
al tuo passo stormi d’uccelli si
levano. Ogni giorno si aprono strade, i viventi nascono e muoiono.
Credi al motivo che non vedi: un fuoco eterno si cambia
ora con l’è, ora con il non è.
Grazia, disgrazia, vittoria e sconfitta, ad alta voce si chiamano
come fanciulli che giocano per strada.
Possiedi ciò che non t’appartiene, ti allontani da ciò ch’è tuo.
Ogni perfezione impetuosa è consegnata a distruzione. Forti
e fieri, puri o corrotti, vanno alla grande notte, al nobile lupo
– immense fauci – che li spegne. È duro infatti questo, che il
niente possa dare per riprendere.
Il mattino si precipita nella sera, l’alba è già quasi ciò che non è
più.
L’avvicendarsi mostra una giustizia, amore e disamore vanno
assieme, l’impalpabile fuoco già possiede le cose. Ciò che
appare già dilegua, l’invisibile viene incontro.

Conoscenza è paradosso, paradosso l’anima, che accomuna i
mortali. Ognuno dibatte l’è che non è, il non è che è. Teatro
di notti-giorni, di acquisto che è perdita;
ma più forte, il paradosso
dei giorni indecisi, dell’indecisa parola che spegne i colori
guardando l’immutabile.
Vita, lontano vicino a ciò che non muta. Verità mutando resta,
ferma si trasforma.
Ciò che permane, tu non puoi deciderlo, non v’è parola che
possieda la chiave delle porte.

Del medesimo, sempre passa dimensione, forma, colore. Ma il
passaggio è meraviglia
del non essendo è, dell’essendo non è più.

Sempre meno, sempre troppo gli uomini ti sorprendono. La
vita sorride; altrettanto puoi decidere la morte. Ma non sondare
tristi luci, trova invece il modo che ci sarebbe.
Sempre ti meraviglino ogni giorno l’azzurro del cielo,
le conchiglie, preziose foglie, oro. Non tornano i colori, eppure
torneranno.
Vita è una conchiglia incastonata nel niente, l’anima un
miracolo di composti gironi, segrete spirali di conchiglia. Non
confini ma colori.
Alba serena è cangiante madreperla, delicato sentimento. Alba
grigia, triste sentimento. Gioia, i colori del tramonto. Ed è
sovrano il non ancora, il non è più.

Ciò che passa, teatro da una ad altra notte, incerta passerella
di gloria e di tensioni. Ma più glorioso l’uno, che comprende la
discordia, l’è e non è, il fu e sarà.

La passione t’accompagna e il tuo passo è degno di canzoni.
Antico e giovane è il cuore. Allora
offri un argomento freddo come l’inverno, travolgente come
il tempo. Cura ciò che ami, generato transitando
dalla notte alla notte. Settembre è arresto, e impeto.
Passione è una lanterna accesa nel cuore di settembre.


Settembre 2006


Su Carlo Di Legge
È stato a lungo in Puglia ma è nato per puro caso a Salerno, poi ha trascorso gli anni a trasferirsi per l’Italia. Serba uno scrigno incantato del passato e inventa cattedrali benevole per l’avvenire. Spera di essere, in questo, come tutti. Negli ultimi tempi dice d’essersi iscritto alla scuola del presente. Scrive di filosofia, di tango e di poesia, è vero, bisogna ammetterlo.

Sulla rubrica Poesie
A volte c’è un bisogno di sospensione. Di densità diversa. Di tempo trasognato. Di spazio poco arredato. Di un posto delle fragole nell’anima. Di silenzi gentili che non sono di solitudine, ma di rade presenze discrete. A volte c’è un bisogno di sorpresa, di lampi improvvisi, accensioni impreviste. C’è un bisogno di respiro irregolare, di battito lento. Di ricerca segreta tra le pieghe del sogno e le unghie della realtà. A volte c’è un bisogno di attesa. Di ricordo. Di sguardo lontano, distante. Di confini indistinti, di profili scontornati, nuovi. A volte c’è un bisogno di poesia. In quest’angolo di rivista se ne trova di nuova, di inedita, di molto famosa, di nascosta, di quella che addolora e di quella che consola. Basta cercare. Basta aver voglia di scoprire parole segrete. Basta trovare un piccolo tempo anche per la poesia.

Sentire il tango argentino. Dieci lettere e una poesia, di Carlo Di Legge (Fuori Collana, 2011)
Il candore e il vento, di Carlo Di Legge (Fuori Collana, 2008)