Poesie | sabato 15 luglio 2006
Carlo Di Legge
Frammento cosmo- teopoetico
Ci svegliamo col sole e andiamo in
uguale o diversa direzione. E, se nella stessa, per
caso o per scelta, c’incontriamo.
Viviamo assieme e siamo soli, o non viviamo
assieme, ma sentiamo insieme. Così fino a notte:
altre cose, altre parole. Di giorno, ognuno vede un
mondo diverso; di notte ogni dormiente sogna un mondo
proprio.
Dio è ovunque, s’intende: cosa sia veramente,
lui solo può saperlo.
Mistero le cose, mistero le parole. L’autunno
arrivò col suo mantello colorato,
già un altro inverno ha spogliato alberi e terreno e
una potenza positiva ha portato primavera. Ora
l’estate grida, il calore snerva i fiumi.
Qualche fiore mancherà, qualche pianta perderà
tutte le foglie
ma la vita negli steli si prepara, ancora.
E’ per vivere che s’immolano vittime. Ad ogni
attimo, un grido: si spezza l’aria, e si ricompone. La
nostalgia si aggira tra le rovine
implicite
nei cieli e nelle acque.
La rovina è ovunque. Come dio.
I tetti, fatti a coprire i figli degli uomini, si perdono
tra i palazzi, e l’oblio genera erbe selvatiche.
Sembra che decadenza e oblio appartengano alla
creazione.
Forse dio stesso decade, questo vecchio nascosto
nelle stagioni del mondo e nelle convivenze, nelle
cose e nelle parole. Un dio insufficiente, che occorre
incoraggiare: almeno crediamo
di conoscerlo. Se lui non fosse, allora
cosa?
8/7/2006