Poesie | giovedì 16 aprile 2015
Carlo Di Legge
Figure
Ho raccolte di penombra, stazioni intermedie,
punti oscuri, piccole stanze di conforto.
Se non c’è luce da cui non possa ripararmi,
rifugiandomi in ombra,
anche dal buio posso accedere alla luce,
per guardare.
Ma la mia casa è soprattutto mura esposte. Nasce con l’alba, la luce,
entra a fasci, mi colma dilagando dalle piccole finestre,
come una grazia che può essere concessa ogni giorno,
secondo l’arte di morti costruttori.
Viene il sole per tempo,
poi si nasconde, come un bambino spunta
dall’altra parte,
a mezzogiorno, e gioca fino a sera sopra le case basse.
Sotto il temporale,
la mia casa è penisola nel mare delle piogge;
a sera, nave
che salpi per la notte.
Ho percezione brusca
della pioggia e del vento, come una pianta selvatica
in margine ai cortili.
E dei rumori. Basta un gatto dal tetto, o qualche uccello.
Queste mura che confinano con l’aria
sono una seconda pelle. Lo sono luce e aria, campagna e città,
sole e pioggia, vento e lune.
A ciascuno la sua solita vita:
badi a te stesso, ma provi meraviglia.
Nocera Inferiore, 9.4.2015