Poesie | lunedì 11 novembre 2013
Carlo Di Legge
Anche qui, letteratura
Vado al cimitero,
è novembre, mi aspettano, un po’ di crisantemi gialli.
Davanti alla sala mortuaria, un gruppo immobile e costernato
nella pioggia, i parenti, quattro gatti;
così presto che non c’è quasi nessuno. Un altoparlante convoca operai e ditte
per l’artigianato dei morti.
Alla tomba dei miei, ormai l’arbusto delle rose copre tutto,
e sebbene qualche bocciolo novembrino regali il solito delicato profumo,
colpisce un senso di tristezza e abbandono.
Non che a loro importi qualcosa, s’intende, ridotti come sono, laggiù,
oppure in qualche aldilà del nostro immaginario,
ma dopo aver portato un fiore anche alla nonna,
mi decido alla potatura delle rose, e anche qui novembre va bene.
Poi saluto, come fossero vivi,
e vado per uscire.
Al primo incrocio del viale, ancora dentro,
a sinistra, lavorano a una fossa: disteso su qualcosa,
avvolto in un telo di plastica a prendere un po’ d’aria, un uomo –
si capisce per le scarpe sporgenti nella mia direzione.
Vedo solo questo, ma non posso non pensarci, ai piedi e al resto,
e ancora mi torna.
Che il corpo vada conservato, per consumarsi con lentezza –
già, i sepolcri, le illusioni necessarie – :
non è più ragionevole il fuoco?
Il fuoco: immagine d’aperto e di liberazione
dall’orrore della contabilità di fosse e di cadaveri, del seppellire e
disseppellire, aprire e richiudere.
Un bel forno o una pira (anche qui, letteratura: e così
mi avvicino alle cose?), e finisce tutto.
Se non altro, il desiderio che la forma non se ne vada così presto
ha portato a questo, al ribrezzo dei morti avvolti nel telo di plastica,
alle fioriture del macabro – e mi domando
cosa resti dell’uomo che fu, in quel miserevole involto, alimento del nulla.
Siamo, insieme, molto di più e molto meno di quel che crediamo.
E così, porto a fine giornata un senso di cose guaste.
I morti forse non hanno gradito la visita.
Cimitero di Salerno, novembre 2013