Poesie | martedì 3 settembre 2013
Carlo Di Legge
Il riposo
Momento atteso come una necessità,
altri lo temono,
e perciò lo rinviano.
È ora: adesso
a riposo!
Dubito sulla parola:
tendo ad unirla all’aggettivo eterno,
senz’avere una nozione, che non c’è.
Lo pensavo come un passaggio inevitabile
da uno ad altro stato,
ma c’è dell’altro,
come se da dove sono
si torni
verso quel che fui da molto giovane,
e forse sono stato in ogni tempo.
E fino ad oggi, ero e non ero io.
Adesso so perché.
Non ero sempre dove mi cercavano, ma altrove,
in uno spazio dove respirare.
Altrimenti
maschera, nascondiglio e fortezza.
Si diventa forse un copione da recitare
tra gli altri – identità, che copre il vero volto?
Nascondiglio, allora, dove celare
piuttosto che mostrare,
sembrare quel che non sono;
fortezza, dove difendersi, al riparo
dagli sguardi tesi a catturare.
Devo ammetterlo: cosa
più radicale e povera
di quei gradini che intendevo
fossero per salire
di cui a volte
sono andato fiero.
Dunque, cos’ero? Intanto,
quel che non ero,
un vuoto che a sua volta guarda l’altro,
ma dalla prospettiva dell’assenza.
Quindi, ancor meglio, nulla,
paradosso dell’essere che sono –
come se non ci fossi,
pur essendoci – un nulla traversato
da lampi secchi e silenziosi, nei viaggi
in auto e treno, nei trasferimenti
di sentimenti – segni ed immagini,
addirittura
fortunali di scrittura,
in occasioni felici.
Dev’essere così:
chi si reputa qualcuno,
con il mostrarsi in piena luce, e si fa
una lussuosa casa;
chi si maschera e protegge in fortezza;
chi nulla.
E il più bello
di questo ritornare fanciullo?
Di tutto
non me ne importa niente.
.
31.8.2013