Poesie | lunedì 24 dicembre 2012
Carlo Di Legge
Il mio compagno
È nella stanza, nel letto vicino alla finestra del balcone,
dal giorno del mio arrivo.
Si esprime a gesti fermi e solenni,
come un capo.
Un familiare è sempre accanto.
I primi giorni ha cercato di alzarsi, cadendo, imprecando
contro tutto.
Un amico muratore viene a raderlo, la sera.
Dorme ora in un mondo di sogni di morfina,
a volte lamentandosi;
forse sogna di quando, da piccolo,
costruiva aquiloni.
Giace il grande corpo abbandonato,
in cui s’ aprono piaghe,
sotto i bracci metallici della chemio, dei lavaggi,
dei cateteri, nel caos d’interruttori e tubi,
di plastiche, infermieri e amici in visita.
Nella stanza accanto, una suora malata
a volte piange con la piccola voce bianca.
Sui tratti del volto, sovrapponi facilmente
il Cristo sofferente.
Vedi come le immagini sappiano di noi,
e come possa sollevarsi oltre la stanza d’ospedale
il compagno, che resta
qui, davanti a te.
Molta scelta non v’è: segui un messaggio di salvezza,
e unisciti ai fedeli, nella cappella in fondo –
oppure sostieni l’assurdo universo,
che qualche volta ti assale – e, in ogni caso, devi.
Trova un senso alle cose, che voli
come aquiloni.
Napoli, 7.12.2012