Poesie | domenica 25 marzo 2012
Carlo Di Legge
L'assente presente
Cassetti, scatole di oggetti, vestiti,
contenitori e contenuti di sentimenti, gradazioni.
Schedari, cofanetti, fotografie,
custodiscono senza fine un attimo pulsante.
Corridoi visibili e invisibili,
dove insieme si muovono vivi e morti.
I vetri antichi dei ritratti conservano le immagini
e ogni sguardo che le guardò una sola volta.
Ritratti, non sempre vuoi guardarli,
ma li tieni vicino, i volti nelle cornici rovinate,
e li preghi: – siate discreti, a ciascuno la sua forma di vita,
benché si versi una vita in molte vite,
a ognuno la sua parte d’ombra,
sebbene parte e ombra si confondano,
a tutti, un centro e un mobile confine,
un ricordare dimenticando.
Eco di voci quando le voci tacciono,
casse risonanti nel cuore del tempo.
Le forme sono qui, ogni volta,
nella penombra dove tutto si presenta.
Nell’oggetto, tutte le strade concorrono,
per ogni gesto passano tutte le azioni.
Nell’adesso vivi, la tua minuscola casa – contorti
sentieri partono da ogni punto,
spazi che non puoi misurare.
Tutto gira, e torna: diciott’anni, feste, fratelli e compagni,
nonni e genitori – a ritroso, o avanti, nelle stanze,
l’infanzia, la gioventù, definizioni di destino;
nascite, e vite, e morti,
ogni volta, una volta per tutte.
Quel giorno, la data è scritta, è ora,
è quasi un secolo,
le lettere. I disguidi. Il matrimonio.
Ovunque ondeggia evidente l’oceano misterioso,
dove si versa l’acqua del cielo e della terra.
La preparazione, il tempo sorprendente,
il dono del dolore, la gioia improvvisa.
Testimonianze. Volti sconosciuti.
Ogni verso, una prova; una scrittura, una meditazione.
Conflitti, motori d’emozione.
I tempi e le passioni fertili si scontrano,
collassano, s’incontrano,
in una danza ignota, tumultuosa.
Nel momento sbagliato trovi il tempo giusto:
tutto il tempo è percosso di grida, d’insignificanza;
ma la pace è signora nell’assente presente.
Posto di fronte alle immagini,
dentro e fuori,
senti spalancarsi l’ovunque mormorante,
e puoi vedere, e ascoltare, forse non visto.
In città aperte e vicoli ciechi ti trovi
dalla nascita,
vedi che muti, e resti uguale,
nel punto di punti, dove sei, nell’ora. Ti guardi
in evidente oscurità di specchi.
Ti rincuora il noto e familiare ma forse, a te vicino,
nulla che ti sia noto, o amico.
Ciò che non sai ti guarda.
Quando sospetti il nulla, stanchezza e sgomento
ti si siedono accanto,
le immagini si uguagliano.
Anche tu, straniero, donna o uomo, come tutti,
porti labirinti nel giorno e nella sera, in sonno e veglia,
e nelle tue strade altri non può.
Correndo il dedalo, un giorno come tanti,
forse trovi l’uscita.
Forse no.
Nocera Inferiore, 24.3.2012