Oramai conosco la strada e il mio sguardo si orienta bene, nonostante qualche cambiamento, non ad Obidos, naturalmente, ma a Lisbona e lungo la strada. Laures e il suo modernismo vernacolare se la passano decisamente meglio. Quello strano paesaggio agricolo, dentro il quale scorre la??autostrada, A?N sempre piA1 iperattivo: campi, frutteti, vigneti, boschi. E mulini per la??energia eolica, tanti piA1 della??ultima volta. Le pale girano veloci. Il paesaggio A?N agricolo e tecnologico allo stesso tempo. Segno che la??ibridazione funziona.
Mi sono messa vicino al finestrino, nessuno si A?N seduto accanto a me, un poa?? perchAc ca??A?N ancora tanto posto e poi io sono stata poco invitante. Un signore sembrava voler attaccare bottone ma io non ho sorriso come al solito. Non sono triste, ma sto bene cosA??: da sola. Devo ascoltare me stessa, cosa ha da dire questa tipa smaniosa. Vorrebbe parlare con qualcuno in particolare ma non ce la fa e allora ripiega con me, A?N tanto importante quello che ha da dirmi che doveva farlo in assoluta confidenza: a??per qualche giorno niente famiglia, vieni via con me, lontano.a??
Appena sono scesa dalla??autobus ha cominciato a piovere. Anche la prima volta Obidos mi ha accolto con la pioggia, sottile e fitta, penetrante, un cielo grigio che non lasciava sperare niente di buono. Poi, invece, A?N andata bene; sarA? cosA?? anche stavolta? Ad ogni modo che piova o no poco importa. Sono attrezzata con scarpe chiuse e comode, ombrello, cappello e impermeabile. Viaggiare da??autunno ha i suoi vantaggi. Percorro sicura la rua dereita fino in fondo e poi guardo a destra: la Casa de Sao Thiago A?N sempre la stessa. La buganvillea del pergolato ha ancora qualche fiore residuo, violentemente fucsia, mentre la maggior parte, rinsecchita come carta, ha il colore del tAc, ma le foglie sono ancora verdi e tante. Entro in quel posto cosA?? familiare come se tornassi a casa dopo tanto tempo e con un sorriso aperto do il mio a??Boa tardea?? alla??albergatrice di turno. Mi accompagna nella mia stanza rimandando a dopo la registrazione e mi prende di mano la valigia, prima che abbia il tempo di dirle a??grazie, faccio da solaa?? A?N giA? nel salottino. Non posso che seguirla. La camera A?N bella, con la sua tranquilla eleganza di campagna, un poa?? severa, le sedie e la toletta di legno scuro, un poa?? romantica. Non ca??A?N niente di lezioso, tutto A?N utile ma non manca di dolcezza. Il letto A?N in ferro dipinto, il copriletto di cotone ha un disegno con grandi rose rosse, come il lungo cuscino cilindrico.
Il mobilio non Ac molto diverso da quello che ca??era la prima volta in cui vi avevo alloggiato.
La prima volta, non appena in camera, mi ero preparata un bagno caldo. Quella pioggia apparentemente leggera mi aveva infreddolita e i capelli erano tutti bagnati. Nella vasca pensavo a Jorge e al fatto che mi aveva accompagnato fino alla??albergo, sebbene il suo fosse alla??inizio del borgo, pochi metri dopo la porta principale. Avevamo fatto coppia fissa tutta la giornata. Ci eravamo conosciuti per caso. Ca??era cosA?? tanta gente in quella convegno, non la??avevo visto prima di quella mattina. Stavo cercando di sistemare la valigia nel bagagliaio della??autobus, che ci avrebbe condotti nel field trip. a??May I help you?a??, a??Oh, yes, thank you so mucha??. Poi cominciammo a parlare e ci sedemmo vicini nella??autobus. Mi raccontA2 di essere un architetto del paesaggio e di lavorare alla??universitA? di Porto. Si occupava della riqualificazione del paesaggio agricolo di una regione nel Nord del Portogallo, caratterizzata da un processo di destrutturazione economica e culturale. Durante il field trip fece ricorso a tutte le sue conoscenze di storia della??architettura per spiegarmi i dettagli delle facciate delle chiese e delle mura dei castelli, mi parlA2 dei progetti di conservazione del patrimonio culturale sotto il regime di Salazar e del suo progetto di prendere un PhD in climate change. Era gentile e il suo naturale garbo era sostenuto da una educazione impeccabile quanto rara. Ed era bello. Un portoghese del tipo celtico: alto, biondo con gli occhi azzurrissimi.
Nel corso di una delle conversazioni di quella giornata itinerante mi aveva spiegato che a differenza degli spagnoli, focosi per via del sangue arabo, i portoghesi sono calmi, per via del sangue africano, che di certo aveva anche lui, come tutti da sud a nord. Ca??era uno studio che lo aveva confermato.
Per quanto si fosse definito tranquillo e pacato, non era incline a lasciarsi sfuggire una buona occasione o a perdere troppo tempo. Ne ebbi dimostrazione quella sera stessa.
Ero appena uscita dalla vasca da bagno, quando il telefono squillA2. Era la reception. Il signor Jorge Barbosa chiedeva di potermi consegnare un portatile per provare la mia presentazione del giorno dopo. Chiesi di lasciarlo entrare: a??Please, let him come ina??.
Avevo presentato il mio paper il giorno prima. Quando entrA2 mi baciA2 sulla bocca. Immediatamente. Mi tolse il telo che avevo annodato sul seno e mi mise una mano tra le cosce. Mi penetrA2 con le sue dita lunghe, le sue mani perfette, poi le portA2 alla bocca e si succhiA2 indice e medio: a??You taste gooda??. Mi eccitai subito e cominciai a spogliarlo. Pochi minuti dopo eravamo sul letto.
Avvinghiati ci ritolavamo, cambiando continuamente posizione in un gioco erotico a rincorsa, ci baciavamo con leggerezza, ci toccavamo, ci sfioravamo e ridevamo, eravamo allegri. Ma quando decise che era venuto il momento di fare sul serio, Jorge mi bloccA2 sotto di lui abbracciandomi forte, mi baciA2 profondamente e mi prese, senza lasciarmi la possibilitA? di esaurire la risata che avevo ancora in gola. Era deciso e forte. Lentamente mi liberA2 le braccia e potei accarezzargli la schiena, scendendo fino alle natiche e risalendo fino alle spalle dritte e larghe. Le sue braccia, era bello afferrarne i muscoli contratti e sfiorargli le gambe e le cosce con i piedi e le caviglie. Mi sembrava che mi entrasse in circolo, la sua pelle, la peluria bionda fitta e sottile, il suo odore leggero. Mi afferrA2 un seno con energia, me lo strinse nella mano, della??altro invece si riempA?? la bocca. Poi riprese le sue spinte con un ritmo piA1 serrato. Io piegai le gambe piA1 che potevo e piA1 che potevo le divaricai, cosA?? gli sarei sembrata infinita, profondissima, e avrebbe voluto venirmi dentro ancora e ancora. Quando arrivA2 si spinse tutto dentro di me, mi sentii invasa da lui. Si placA2 sul mio corpo. Rimase fermo qualche minuto, ancora dentro di me. Poi come se mi leggesse nel pensiero mi sussurrA2 alla??orecchio: a??Now, I take care of youa??. UscA?? da me e mi scivolA2 giA1. Mi sentii succhiare, mi penetrava con la lingua adesso, andava in fondo e risaliva in superficie, si soffermava sul clitoride. Si teneva saldo sui miei fianchi ma ogni tanto mi accarezzava le cosce. Non ca??era la??ansia di prima, questo era un gioco appassionato e cerebrale, un ossimoro di piacere pensato tutto per me. Arrivai in un graduale crescendo che mi colmava fino a traboccare.
Quando lo sentA??, Jorge venne via. Si stese accanto a me, mi sorrise e mi prese una mano. Rimanemmo cosA?? non so quanto tempo, intanto parlavamo. Lui mi diceva quanto gli piacevo, come e cosa gli piaceva del mio corpo, e in portoghese, stavolta. Anche io tessevo gli elogi della sua ars amatoria, nella mia lingua.
Gli venne voglia di fumare. In camera non ca??era nessun divieto esplicito, ma fummo prudenti e rispettosi. Ci sedemmo sui due sedili in muratura, che ancora attrezzano il vano della finestra. Io mi ero infilata una vestaglia, lui si era cinto i fianchi con il telo da bagno, che mi aveva tolto prima. Aprimmo la finestra e si godette la sua sigaretta in tutta calma. Eravamo uno di fronte alla??altra e ci guardavamo, ci esploravamo, con leggerezza e gioia. Gli misi un piede sul telo in corrispondenza del suo sesso. Mi lasciA2 fare. Poi mi afferrA2 la caviglia e mi baciA2 la pianta del piede. Mi guardava tra le cosce. E fumava la sua sigaretta.
Ci rivestimmo e andammo a cena insieme. La nostra storia durA2 tre giorni di fila, poi il convegno finA?? e ci lasciammo, non prima che Jorge mi avesse sistemato nella borsa il suo biglietto da visita.
Non lo chiamai. Mi piaceva ma non lo amavo. Nel corso di quella giornata in cui lo conobbi non feci che pensare che fare la??amore avrebbe dovuto essere naturale e semplice come mangiare, dare soddisfazione alla fame dei sensi come a quella del corpo. Ed era andata cosA??, avevamo gli stessi tempi Jorge ed io.