(Don De Lillo, Underworld, New York, 1997, trad. it. Torino, Einaudi, 1999)
Il sogno americano la??abbiamo da sempre un poa?? tutti nel sangue.
Solo, non abbiamo piA1 sangue, o non sappiamo piA1 che sangue abbiamo.
La??America io me la ricordo. Avevo diciotta?? anni. Certo non era la??America, quella con la a??aa?? maiuscola, per intenderci, ma era pur sempre la??america. No, la??America, quella con la a??aa?? maiuscola, New York, la grande mela, gli Stati Uniti, non la??avevo ancora vista, allora, ma ca??ero passata accanto, la??avevo sfiorata col pensiero, come un sogno, come una??utopia.
Quaranta giorni. Avevo diciotta??anni, non ancora compiuti. La??estate delle freeways, che solo quando ti ci trovi sopra, sperduto e completamente disorientato, ti rendi conto del perchAc gli americani chiamano le loro strade in maniera cosA?? stravagante a?| la libertA?, la??angoscia della libertA?, lo spiazzamento della libertA?, la voglia di mandarla al diavolo tutta quella libertA? che rischia di farti perdere finanche quel poa?? di cognizione di te che ti resta, la magnifica libertA? americana la scopri da??impatto, in una mattina da??Agosto, con tutta la violenza della??inaspettato, su quelle enormi freeways a dieci corsie, che si perdono alla??orizzonte e attraversano il paese in lungo e in largo e si percorrono solo con potenti automezzi e mai al di sotto delle cento miglia orarie e sembrano non avere mai inizio nAc fine.
Spettacolari. Ecco come sono le freeways americane: semplicemente spettacolari. Ci puoi perdere la testa. Diventare matto. Assolutamente spettacolari, come la societA? che le ha create, che le ha partorite e anche contestate. PerchAc sono prepotenti. Prepotenti e voraci. Vorace manifestazione della hybris umana. Altro che Colonne di Ercole e Nostoi odissiaci.
Un poa?? come le torri, te le ricordi le torri? Le Twins, le gemelle, che tempi quelli in cui svettavano alte, piA1 alte di ogni umano desiderio, di ogni eccesso, di ogni bisogno, di ogni incubo terreno. Segni precari di umana presenza. Abbattute come castelli di carte, fuscelli.
Lei porta capelli rigorosamente tagliati. Corti, cortissimi, da non poterli accarezzare. Le donne occidentali li portano lunghi e fondamentalmente sciolti, folte chiome rosse, o bionde, o nere. Le donne musulmane li tengono raccolti, tenacemente avvolti dai veli, perchAc gli uomini sono gelosi dei capelli delle loro donne, lo sanno bene, loro, la??impudico desiderio che accendono. PerchAc nessun uomo possa essere geloso, perchAc nessuno possa mai infierire sui suoi capelli, o forse perchAc spesso bisogna tagliare i capelli per zittire i pensieri, per questo lei tagliava sempre i capelli e con i capelli lunghi proprio non si riconosceva.
Lei me lo diceva sempre, di scrivere, quando veniva per la terapia, il martedA?? mattina a??g scrivere, sai cosa vuol dire, no? a??g Ti alzi una mattina, prepari la macchinetta del caffA?N, accendi la fiamma e aspetti che la??acqua emetta il suo gorgoglio abituale, con gli occhi socchiusi la guardi lavorare a?| il suo gorgoglio abituale a?| e a te non sale neanche una parola, un suono, un rumore meccanico, un mugolio da bestie. Niente. Il cervello A?N spento. Per questo non riesci a parlare. La??espressione linguistica A?N pensiero articolato e complesso, ci dA? il senso di noi, A?N la prova verbale della nostra esistenza. Quando non riusciamo ad articolare parola neghiamo noi stessi. A? come se non esistessimo.
Il caffA?N caldo a??g nero bollente a??g di primo mattino a??g ancora notte, quasi giorno a??g stretto nelle mani. Lei A?N seduta al tavolo di fronte alla porta-finestra che dA? sul giardino. Fuori A?N freddo. Il freddo agita le foglie, ma la??aria A?N limpida e tersa. La mente sa??acquieta. Lei scrive. Ha mani piccole ed agili, le dita sottili, la linea quadrata. Scrive qualcosa, come le A?N stato suggerito di fare. Una cosa qualsiasi, tanto per cominciare. Per tentare di ricostruirsi, ricomporre frammenti di sAc a??g una??ottima terapia, sai, per ritrovare il bandolo della matassa a??g andare oltre se stessi per riappropriarsi di un io disgregato a??g perplesso e disorientato a??g agitato e inquieto come gli alberi riflessi sul vetro in cui lei stessa A?N riflessa. Alberi che intrecciano i rami a??g come un velo a??g attorno al suo volto. Abbattuto come castello di carta, fuscello. Troppo libera, la sua mente a dieci corsie. Scrive: il sogno americano a?| come continuava? a?| non sappiamo piA1 che sogni abbiamo.