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Poesie > giovedì 8 aprile 2010 - #362
Alto mare
Carlo Di Legge
Nella sala-fumo i camionisti parlano lingue della??est
e bevono birra.
Gli studenti inseguono il giovane prete.
Alto mare.

Ancora terre e lingue sorgono.
Qui verticali olimpi tentano il sempre lontano cielo
alla tavola calda il cuoco scherza sul Che Guevara
e le donne servono cibi sconosciuti.

Dagli spazi le immagini vengono
con ali da??aria senza ferire la montagna.

Aspetti silenzioso come gli ulivi e i capri
in te la??attesa di alfabeti del senso.
Guarda
sfogliando le mappe
come sa??alzano i nomi nobili uccelli
guarda come vengono
impregnati da??acqua originaria.

Il mare stringe le mani della pietra
cosA?? la parola si articola alla??immagine
che il sentimento mostra:
grondano le parole
sotto la pioggia.
Fissa le immagini che vivono
e questa religione di passioni
cosA?? evidente.
Non A?N passione che non sia nome divino o mito:
un ragazzo che ti sfiora per strada puA2 essere Pan
e qualche ninfa si nasconde in reception.
La vita si nutre di passioni.
Per quanto piccole
sono mare:
mare grande come questo della parola.

Quale solitudine oggi sopporta. Quale assenza.
Il dio vertiginoso non ti affascina piA1.
Sul monastero
il niente si profila
tra i santi bizantini rigidi e stralunati.
Quale silenzio dietro le campane.
Sei cambiato: con orrore chiami i giovani
che si spingono a due passi dalla??abisso
tanto simile a loro dismisura a??g non sei piA1 tu
eppure riconosci qualcosa:
stavi dimenticando.
Quale deserto.
Ognuno A?N la montagna abbandonata.
Solo sai le parole
che filtrano
le immagini-passioni.

Da quali domande
giovane prete
a quale assenza di domanda.

Verso quale tenebra ta??incammini
acqua senza sponda.



Meteora-Atene, marzo 2010