- Camelia a??g
- Come? a??g
- Camelia a??g
Sorrise consapevole della mia sorpresa. Ricordai Dumas figlio.
- Ai tuoi genitori piaceva a??La signora delle cameliea??? a??g
- No a??g
La osservai. I capelli erano biondi, lisci ed erano raccolti in una coda bassa. Gli zigomi erano alti, le labbra carnose. Gli occhi ricordavano due mandorle.
- Tua madre era giapponese? a??g
- No a??g
- Tuo padre? a??g
- No. A? per via del soprannome della camelia? a??g
Mi chiesi di che cosa stesse parlando.
- La rosa del Giappone. A? il soprannome della camelia. a??g
- Davvero? Non lo sapevo, ma non era per questo. Il fatto A?N che il tuo nomea?| -
- a?|non A?N come un altro a??g
- Volevo capire a??g
Camelia sbadigliA2 nascondendo la bocca dietro una mano. Notai che era affusolata.
Continuai le mie domande che, ripensandoci ora, seguivano uno schema simile a quello degli interrogatori: deformazione professionale.
- PerchAc sei qui? a??g
ScrollA2 le spalle e ribattAc:
- PerchAc sei qui? a??g
Risi.
- Sono qui per aiutare gli altria?| -
- a?| e poi lo stipendio A?N piA1 alto a??g aggiunsi dopo un attimo di esitazione.
SembrA2 irritata e pensai che forse sarebbe stato meglio evitare la??ultima parte.
- Gli a??altria??? a??g
- SA?? a??g
- Gli a??altria?? hanno un nome. Una vita. a??g
Impiegai qualche secondo a capire il senso delle sue parole, e mi vergognai della??espressione che avevo usato. Aveva ragione: a??Gli altri hanno un nomea?|a??.
- Hai ragione a??g
- A? normale dimenticarlo a volte a??g
Le sue parole mi confortarono un poco. Ripresi:
- PerchAc sei qui? a??g
- Non volevo sprecare questa vita a??g
Mentre mi rispondeva un bagliore illuminA2 la stanza e fu solo allora che mi accorsi del colore dei suoi occhi. Viola.
- SA??, sono color ametista a??g
Rimasi sorpreso.
- Mi leggi nel pensiero?-
ToccA2 a lei ridere.
- Non lo sai, vero? a??g
- Cosa? a??g
- PerchAc ti chiami Camelia a??g
- Lo so a??g
Rimasi in attesa.
- Mio padre regalA2 un mazzo di camelie a mia madre quando seppe che era incinta a??g
- A? solo questo? a??g
Si alzA2 per prendere la caffettiera e preparare un caffA?N. GuardA2 la??orologio sulla parete di fronte. Erano le tre del mattino.
- Decaffeinato?
- Cosa?
- Il caffA?N -
- No, sono siciliano. CaffA?N, caffA?N a??g
CaricA2 la moka mentre io non riuscivo a staccare gli occhi dalle sue mani.
- Siamo molto distanti? a??g
- Da Bassora? a??g
AnnuA??.
- Abbastanza. E comunque il viaggio sarA? lungo dato che procederemo lentamente a??g
Mise la moka sul fuoco e tornA2 a sedersi.
- Sei un medico, giusto? a??g
- SA?? a??g
- E sei qui con a??Medici senza frontierea??? a??g
- SA?? a??g
- Cosa, voglio dire, in che cosa sei specializzata? -
- Cardiochirurgia a??g
Rimanemmo in silenzio alcuni minuti, durante i quali Camelia si dedicA2 al caffA?N. Lo versA2 nelle tazze. Me ne offrA?? una mentre lei sorseggiava lentamente la??altra.
Un rumore di spari ci interruppe, facendoci istintivamente voltare nella direzione da cui sembravano provenire.
- Hai paura della morte? a??g le chiesi a bruciapelo.
- E tu? a??g
- Io sono un soldato. Sono addestrato, ma tu? a??g
- Mio padre era russo e mia madre cinese a??g
Non capivo.
- Mia madre morA?? poco prima della fine della Rivoluzione Culturale e mio padre venne giustiziato per alto tradimento a??g
Sorrise e bevve la??ultimo sorso di caffA?N. AppoggiA2 la tazza sul tavolo e aggiunse :
- Sono stata a??rieducataa?? a??g
Capii.
- Come fai ad essere qui? a??g
- Sono scappata in Francia a??g
Guardai la??orologio. Le quattro.
- Fra poco tutta la caserma sarA? sveglia. Partiamo alle sei a??g
- Lo so a??g
Alle 5:50 Camelia si stava dirigendo sul blindato che precedeva quello che guidavo. Un attimo prima di salire, si voltA2 verso di me e sorrise.
Eravamo a metA? strada, il convoglio procedeva lentamente sotto il sole cocente, poi un boato e io mi sentii sbalzato via dal mio posto di guida.
Mi risvegliai in un letto da??ospedale e subito mi resi conto di cosa fosse successo. Un medico mi fu accanto in pochi secondi.
- Come si sente? a??g
Aveva un forte accento inglese.
- Dova??A?N Camelia? a??g
Feci per alzarmi, non ci riuscii.
- Non si muova, ha appena subito un operazione a??g
Solo allora mi avvidi di avere la gamba e il braccio sinistri ingessati e una vistosa bendatura sul torace. Il braccio destro era attaccato ad una flebo.
- Aveva diverse schegge nel torace che abbiamo rimosso, braccio e gamba fratturati e qualche escoriazione. Si A?N appena svegliato dalla??anestesia. Si rilassi -
Per un attimo pensai che Camelia fosse stata uno scherzo della??anestesia.
- Dova??A?N Camelia? a??g
Non volevo crederci.
- Chi A?N Camelia? a??g
- A? un medico e stava sul blindato davanti al mio a??g
Il medico mi parve a disagio.
- Non lo so a??g
Rimasi in silenzio.
- Dove sono? a??g
- In ospedale a??g
Mi venne da ridere ma un dolore lancinante al braccio mi fermA2.
- Dove? a??g
- In Kuwait City a??g
Mi sfuggA?? un imprecazione. Mi ricordai dei miei commilitoni.
- Cosa A?N successo agli altri? a??g
- A? meglio che riposi adesso. Dopo, puA2 chiedere a??g
Il medico si allontanA2 a passi lenti mentre io pensavo che era un pessimo segno. Si era innervosito e il suo italiano era peggiorato. Volevo sapere di Camelia. Trascorsi i giorni seguenti a cercare informazioni da medici, infermieri, militari, inservienti. Ogni informazione era un piccolo tassello di un puzzle e alla fine ebbi un quadro abbastanza chiaro.
Il convoglio era saltato su alcune mine. Erano quasi tutti morti.
Camelia era morta.
Tutte le persone sul suo blindato erano morte.
Seppi il suo cognome, La??vov.
Seppi che viveva a Poitiers.
Terminai la degenza e feci la convalescenza nella mia Palermo, assistito da mia moglie e rallegrato da mio figlio, Lorenzo. Un bambino allegro e sensibile.
Quella??attacco sulla strada verso Baghdad era lontano.
Come se non fosse mai avvenuto.
A Natale mi recai in Francia con la mia famiglia. Mentre loro erano a Disneyland, io presi un treno e andai a Poitiers.
Cercai la sua tomba. La trovai.
In un vaso accanto alla lapide ca??era un mazzo di camelie. Sulla lapide ca??era scritto:
A??Camelia La??vov 1968-2006A??
La toccai.
Piansi.