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Squarci > sabato 26 settembre 2015 - #57
L'origine del male
Adriano Pierulivo
La??estate si stava avvicinando pericolosamente. Gli scrutini erano nella??aria. Mano a mano che il tempo passava, il terrore aumentava nelle menti degli studenti meno preparati. Non era il caso di Antonio che trascorreva le ore a leggere e a fantasticare e, matematica e latino a parte, risultava brillante in tutte le materie. Quasi uno studente modello. Quel pomeriggio aveva un appuntamento con Francesca, la ragazzina magra come una canna che abitava a poche centinaia di metri da casa sua.Lei era nei guai.Frequentava la terza media e non sapeva ancora se sarebbe stata ammessa agli esami. Zoppicava in tutte le materie. La??indomani sarebbe stata interrogata in italiano, una??interrogazione decisiva. Doveva studiare alla perfezione a??La??infinitoa?? di Giacomo Leopardi.
Non si ricordava quasi nulla di ciA2 che studiava e spesso lo stomaco le giocava brutti scherzi. Quando cercava di concentrasi, sentiva le budella attorcigliarsi ed era costretta a piegarsi in preda a dolori lancinanti. Il venerdA?? precedente aveva addirittura vomitato prima di salire sul pullman. Il caffelatte e i biscotti Saiwa mangiati di malavoglia, quel giorno rimasero appiccicati alla spalletta del ponte, vicino alla fermata del bus. La??autista, come sempre seduto al posto di guida, lasciA2 perdere la pagina sportiva de a??Il Telegrafoa?? per meglio osservare la scena. AlzA2 lo sguardo e provA2 un certo disgusto nel vedere quella spaventapasseri vomitare e poi salire sul mezzo che lui guidava. Scosse la testa e si rimise a leggere.
- Vieni ad aiutarmi oggi pomeriggio?
PiA1 che una richiesta era una??implorazione.
Antonio sorrise tra sAc e sAc ma la sua risposta tardA2 ad arrivare; voleva prolungare quella??attimo di puro piacere e godere della??incertezza che trapelava dalla??impercettibile tremito sulle labbra di Francesca. Lei era nelle sue mani. Anche se era piA1 piccolo di un anno e frequentava la seconda, conosceva a memoria le poesie di Leopardi per avere letto tutto ciA2 che gli capitava a tiro nelle lunghe serate invernali. Del resto, in campagna non ca??A?N molto da fare quando fa freddo e il vento penetra nelle fessure sconnesse delle case.
a??Va bene alle 15 e 30? a??g bisbigliA2 Antonio a??g prima devo terminare la mia lezionea??.
Il sorriso convinto di lei valeva molto piA1 di una??affermazione e questa volta lui riuscA?? a vedere anche tutti i suoi molari (uno gli sembrA2 cariato) e forse anche un dente del giudizio.
A casa mangiA2 velocemente la purea di patate e la fettina riscaldata che la mamma gli aveva lasciato sul fornello. Mentre apriva il libro di matematica, con la mano rimasta libera girA2 la manopola della grossa radio posata sul tavolo di marmo, al centro della cucina.
- Al numero uno, The Beatles, con a??Michellea??.
La voce di Lelio Luttazzi uscA?? impetuosa dalla??apparecchio.
- Michelle, ma belle, sont les mots qui vont trA?Ns bien ensemble, trA?Ns bien ensemblea?|
Antonio sorrise. Preferiva i Rolling Stones ma quella canzone gli faceva pensare a qualcosa che era nella??aria e in qualche parte del suo corpo, in quel preciso momento. Forse, un formicolio. TirA2 a sAc la porta di casa alle 15 e 25. Una nube scura copriva il sole e il ragazzo rabbrividA??. Si fermA2 sotto la??albicocco che formava una piccola pergola di fronte al giardino e raccolse una??albicocca ancora verde. La??assaggiA2 e la sputA2 quasi alla??istante, passandosi piA1 volte la lingua nella??incavo della bocca. Lei lo stava aspettando seduta su una specie di panca formata da una tavola mezza marcia appoggiata a due blocchi di granito, alla confluenza delle due strade polverose che tagliavano longitudinalmente la campagna. La tavola non era fissata e si spostava al minimo movimento degli occupanti. In grembo teneva il sussidiario, ostinatamente chiuso. Antonio notA2 subito il leggero vestito a fiori indossato dalla ragazzina. Era diverso da quello, piA1 elegante, che si era messa al mattino per andare a scuola. Il formicolio ritornA2 a tormentarlo ma non riusciva a capire da cosa fosse determinato. Si sedette accanto a lei, nel poco spazio rimasto. Il sole era tornato a splendere. Dietro di loro, il muro di una vigna e i pampini rigogliosi delle viti, permettevano una sosta sufficientemente confortante, garantendo ombra e fresco.
Si guardarono con la coda della??occhio. Lei era palesemente imbarazzata, infastidita di doversi fare aiutare da uno piA1 piccolo, un moccioso. Lui non sapeva cosa dire e con un piede stuzzicava un sassolino che fuoriusciva dallo strato argilloso della strada sterrata.
Francesca provA2 ad aprire il volume con un gesto risoluto ma perse la??equilibrio, a causa della??instabilitA? della tavola. Il libro le scivolA2 dalle ginocchia e finA?? per terra, tra la polvere e il pietrisco della massicciata. CercA2 di riprenderlo con un gesto rapido che non ebbe la??effetto voluto. Le gambe della ragazzina si spalancarono goffamente e il vestito risalA?? ben oltre le ginocchia. Antonio vide biancheggiare qualcosa tra la??attaccatura delle sue cosce magre e sentA?? la saliva riempirgli la bocca. ProvA2 a deglutire, ricacciando in gola il liquido schiumoso con piccoli colpi di tosse. Intanto lei riuscA?? finalmente a ricomporsi. Scosse la polvere dal libro aprendolo proprio alla pagina dove Giacomo Leopardi attendeva da tempo che il sacrificio si compisse. Lui si avvicinA2 un poa?? di piA1.PosA2 una mano sul ginocchio di lei. Lei non capA?? ma lo guardA2 interrogativamente, con un sorriso stiracchiato. Antonio pensA2 ad un incoraggiamento e cominciA2 a risalire con la mano lungo la gamba di Francesca. Lei capA??. Arrossendo violentemente chiuse il libro e si alzA2 di scatto. a??g Stupido!
Si girA2 e cominciA2 a correre sulla leggera salita che portava a casa sua. Lui non si aspetta una reazione cosA?? decisa. La rabbia gli montA2 alla testa. Fece una cosa che non doveva fare. Sapeva di non doverla fare ma la fece ugualmente. Si chinA2 e raccolse un sasso grigio, grosso almeno il doppio di una noce. La vide sfilare, indispettita e a coda ritta, subito dopo la curva. Adesso si trovavano in posizione parallela la??uno alla??altra. Tra loro due ca??era solo lo spazio determinato dalla porzione di un minuscolo vigneto appena zappato. I pali di saggina, robusti e curvilinei, messi a sostegno dei tralci delle viti, troneggiavano nel campicello verdeggiante di pampini primaverili. Lui lanciA2 il sasso con quanta forza aveva. Sapeva che non doveva farlo, ma lo lanciA2. MirA2 alla testa. Vide la tempia di Francesca centrata in pieno dal sasso e il suo cervello schizzare sui grappoli da??uva appena accennati. Vide il sangue inondare il suo vestito leggero e la vide crollare senza vita in mezzo alla strada.Vide se stesso fuggire e nascondersi nel bosco piA1 lontano. Vide i carabinieri che lo cercavano e vide il babbo di lei inseguirlo con il fucile da caccia. Vide la sua mamma piangere e gridare: a??Non puA2 essere stato lui, lui A?N mio figlio, lui A?N buono, A?N buono, A?N buonoa??. Il sasso colpA?? in pieno uno dei pali di sostegno e si inabissA2 nel terreno molle, disturbando un merlo intento a cercare vermi. La??uccello, con un breve volo, si allontanA2 di pochi metri, in attesa del ritorno della quiete. Francesca ormai era sparita dietro il sambuco fiorito addossato al muro di una stalla e di lei rimaneva soltanto un lieve profumo nella??aria. Antonio ritornA2 alla realtA?. Ansimava. SentA?? caldo tra le gambe. GuardA2 in basso. Una gora scura macchiava i suoi jeans appena comprati. Si era pisciato addosso dalla paura. Con un salto superA2 il muro della vigna e iniziA2 a correre tra i filari delle viti. Dopo un centinaio di metri che gli sembrarono chilometri raggiunse il retro della chiesetta bianca, dedicata alla Madonna del Carmine. Si nascose dietro il ripostiglio degli attrezzi, al riparo da qualsiasi sguardo. Si acquattA2 tra le zappe e i rastrelli e finalmente scoppiA2 a piangere.