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Squarci > giovedì 26 febbraio 2015 - #571
Assenza come dissolvenza
Laura Canciani
Si ravvivano le emozioni, sollecitate da qualche evento. Certo il mio rapporto con la??assenza rimane ambivalente.
Desiderata, forse per ricontattare un antico dolore, ma al contempo aborrita dalle mie strategie comportamentali. La??essere presente alle persone a cui voglio bene A?N una necessitA? quasi naturale. Distanza e assenza, vicinanza e presenza convivono nella mia vita in una?? altalenante e tormentata opposizione. Temo la??assenza come dissolvenza di presenze affettive, soffro per la distanza in cui svaporano il contatto e la??intimitA?.
Negli anni queste dimensioni si sono normalizzate, radicate nel quotidiano. Si A?N creata una strana familiaritA? che le rende comunque accettabili. La mia ricerca del silenzio dA? visibilitA? a una condizione di vuoto che mi appartiene dalla??infanzia. Ma il silenzio A?N anche il luogo amico in cui si annullano le distanze e si addensano in me significative presenze, che posso contattare almeno spiritualmente o mentalmente.
Il silenzio A?N uno spazio inviolato, che si dilata ed accoglie, si richiude e allontana, nel soffio del respiro, seguendo un ritmo scandito dalle mie frequenze e dalle mie pause. Qui il mondo esterno puA2 attendere rispettosamente sulla soglia, almeno per brevi istanti, senza usurpare con la sua prepotente irruenza, senza sciogliere i nodi affettivi piA1 volte spezzati in un lontano passato. Frammenti di confusi ricordi talvolta si frappongono, come piccole scaglie di luce che increspano la superficie del mare.
Precipito allora verso il fondo, risucchiata dalla forza vorticosa di remote emozioni. Le rivivo con gli stessi innocenti palpiti della??infanzia, un sussulto del cuore che ritorna e stordisce, preme e inabissa lA? dove il tempo sembra arrestarsi per meglio fissare gli eventi riflessi nello sbiadito specchio della??anima.
Mi rivedo bambina, a quattro anni giA? esperta a muovere i primi passi lungo le spinose linee della separazione e della perdita. GiA? in grado di misurare distanze infinite, di contare assenze prolungate, di stare nella??attesa di un possibile bramato ritorno.
A. A?N tornato, dopo un periodo di permanenza in Africa, dove A?N stato trasferito da circa un anno. Vorrebbe portare con sAc la famiglia, ma reputa sia troppo rischioso sottoporla a un cambio di vita cosA?? radicale in un luogo straniero. Considera lo scoglio della lingua, le difficoltA? di ambientazione, la bimba piccola ancora bisognosa di particolari cure. E poi la??ambiente di lavoro ostico, per nulla accogliente. Non potrA? stare nella capitale. Lo attende la sterminata sabbia del deserto sahariano, la calura di un sole arroventato, raramente oscurato dalla protettiva ombra delle nuvole, ore di intensa attivitA? presso i pozzi di perforazione petrolifera. Preferisce la lunga separazione, distanze piA1 dilatate che non intacchino la??abituale ritmo e la tranquillitA? della sua famiglia. Pone sulla bilancia il carico dei suoi disagi, della sua solitudine.
Non conosce fino in fondo quale peso andrA? a gravare sulla??altro piatto, quello che lascerA? con struggente nostalgia entro le mura della sua casa. PuA2 solo immaginare le fatiche della moglie, impegnata a crescere da sola una figlia un poa?? gracile. Oscuro gli rimane il mio mondo di bambina, la mia interioritA? inesplorata. Di me ha percepito sicuramente i dolenti risvolti delle ripetute malattie, fonte per lui di ansia e preoccupazione. Ma non ca??A?N stata possibilitA? di vivere una quotidiana familiaritA?.
Lui immagina forse che ad ogni rientro lo scenario possa presentarsi inalterato, preziosamente conservato nella??intensitA? degli affetti, nel gioioso abbraccio del ritrovarsi finalmente di nuovo insieme. Vorrebbe ricucire il tempo della lontananza e ricongiungerlo ai momenti piA1 sereni della presenza, annullare gli interminabili attimi che sono seguiti alla sua partenza, fermare il pendolo che ha scandito vuoti e pigri rintocchi.
Diversa si presenta la realtA?. Nella mia nebulosa visione del mondo, si perdono i contorni delle cose, il suo volto sfuma e si confonde con altri piA1 vicini e conosciuti. Non A?N facile trovare chiodi sicuri in cui fissare incorniciati i ricordi migliori del mio papA?. Questa parola, pronunciata talvolta dalla mamma, risuona con una??eco che si perde nel vuoto. I giorni passano e le immagini si confondono, sbiadiscono. Lui esiste, ma appare di una incorporea consistenza. I miei sensi vorrebbero toccare , accarezzare, risentire il timbro marcato, maschile della voce, osservare il suo corpo muoversi nello spazio , raggiungermi nella complicitA? dei giochi condivisi. Nella??immaginario solo qualche brandello di lui viene trattenuto.
E quando giunge la??ora del ritorno, dopo sei lunghi mesi, un estraneo A?N colui che varca la soglia della nostra casa. Entra con la??irruenza di chi freme, nella??impazienza trattenuta, di rivedere le persone care. La mamma lo accoglie festosa e mi invita ad avvicinarmi a lui, a lasciarmi avvolgere nel suo caloroso abbraccio. Una fredda sensazione di brivido mi attraversa, irrigidisco le braccia che non vogliono protendersi, abbasso gli occhi per non incontrare il suo sguardo, mi lascio prendere come un corpo inerme e inespressivo e nessun suono esce dalle mie labbra. Sussurra parole dolci che mi attraversano come sibili fastidiosi e non sciolgono il ghiaccio che mi racchiude. Appena lascia la presa scappo via, fra le braccia rassicuranti della mamma. a??Ci vorrA? tempoa??, dice a se stesso a??perchAc mi riconoscaa??.
Non nasconde la sua delusione. Si aspettava sorrisi, gridi di gioia, qualche esclamazione o parola di esultanza. Il mio mutismo A?N disarmante per lui, un groviglio rappreso di emozioni indefinite per me. Un mese di pausa, una manciata di giorni , snocciolati lentamente per ritrovare qualche briciola di confidenza e intimitA?. Una bambola orientale in dono, che sembra una Madonna, avvolta in un lungo abito azzurro con un velo al volto e un paio di scarpette rosse, con decorazioni in oro, ricucite in punta con uno strano ricciolo in pelle. Regali insoliti che portano il profumo del lontano mondo da cui proviene. E poi la grandiosa idea di mettermi il suo cappello in testa. Un oggetto suo di cui posso appropriarmi per sentirmi speciale ai suoi occhi. Finalmente la mia voce risuona per chiedere con insistenza di ripetere questo magico gesto: portare il cappello, enorme per la mia piccola testolina, e trasformarmi, diventare come lui per qualche istante.
Si diverte nel vedere il mio buffo viso seminascosto e io sorrido. Si ravviva un poa?? contenuta la spontaneitA? dei gesti, una??intraprendenza insolita, mitigata dal nascosto timore che qualcosa possa turbare la??armonia ritrovata. Le giornate scorrono senza allarmanti segni di repentini cambiamenti. Ma una mattina nella camera da letto compare la valigia. Troneggia ancora vuota, in attesa di accogliere, ben puliti e ordinati, vestiti ed oggetti che da giorni avevano trovato la loro usuale collocazione. La mamma, ormai esperta in questa operazione, seleziona e sistema con precisione cercando di occupare i minimi anfratti della grande scatola nera. Mi avvicino con la??intento di aiutarla e comincio a spostare mutande, magliette, le camicie ben stirate. Un istintivo e inconsapevole tentativo di opporre la forza della mia determinazione per rallentare e protrarre alla??infinito quel rito preparatorio tanto crudele ai miei occhi. La mamma si irrita e mi invita ad allontanarmi: a??Lo sai che il papA? deve partire? Stavolta andremo anche noi alla??aeroporto ad accompagnarlo. Sei contenta?a?? Domanda insidiosa che non trova adeguata risposta.
La corsa verso Linate A?N carica di tensione. PapA? si agita sempre quando deve partire, teme il traffico, i possibili ritardi, diventa irascibile e conviene non provocarlo. Me ne sto seduta sul sedile posteriore in silenzio con gli occhi smarriti, persi nel paesaggio che non si lascia catturare dallo sguardo e si dissolve al ritmo veloce della??auto. Un anticipato presagio di ciA2 che presto accadrA?. La??aeroporto si presenta in tutto il suo vorticoso andirivieni. Le voci metalliche degli altoparlanti si perdono nel caotico fluttuare delle persone, cariche di bagagli, che si attardano a consultare tabelloni trapuntati di luci intermittenti o si affrettano a raggiungere le lunghe code della biglietteria. Anche noi ci mescoliamo al magma di gente e ci lasciamo condurre storditi in mezzo a tanta confusione. Potremo accompagnare papA? con il pulmino fino alla scala della??aereo. SarA? un piccolo viaggio dentro il suo grande viaggio. Qualche momento in piA1 per godere della sua presenza. Sospesa tra le sue braccia, vorrei si incollassero alle mie mani che si tengono strette a lui in un impeto di affetto e di paura. Posso solo contare gli attimi prima che avvenga il temuto distacco. Siamo ormai vicini alla??enorme uccello alato che presto divorerA? il mio papA?. Un ultimo frettoloso abbraccio, un bacio stampato perchAc possa rimanere piA1 a lungo impresso, un incrociarsi di sguardi per imprimere nella mente i suoi grandi occhi cerulei. Nessun pianto interviene a sciogliere la commozione intensa. Tutto si ferma dentro, compresso, solo qualche sospiro ansimante apre un piccolo varco alle emozioni strozzate nel petto e nella gola. La scaletta si ritrae, lo sportello si chiude. Dobbiamo spostarci sulla grande terrazza in attesa che la??aereo decolli. La mamma mi invita a scuotere bene le mani per salutare: a??Vedi? , LA? ca??A?N papA?!a??. Ma giA? la mia mente A?N lontana, non vuole vedere nAc sentire. Rispondo incredula e distratta a??Davvero?a??. La??aereo prende quota e magicamente si solleva, si rimpicciolisce, si confonde in mezzo a uno stormo di uccelli, si dissolve come un pugno di cenere disperso dal vento.
Vola via come un grande aquilone sfuggito dalle mani di un bimbo inesperto, che ora si dispera perchAc non ha saputo trattenere il filo sottile che teneva legato a sAc. Lo vede ondeggiare, sospinto dalle fredde correnti. Nulla puA2 fermare la sua vorticosa corsa nello spazio. Sbiadiranno i suoi colori alla luce accecante del sole e la pioggia scioglierA? i disegni dipinti sulla sottile carta. Su quale misterioso pianeta si poserA?? Forse lo accoglieranno le morbide praterie della sabbia africana e potrA? distendersi per riposare, come nelle calde giornate estive trascorse al mare, a costruire insieme favolosi castelli. Rimango con la testa rivolta verso la??alto a fissare la??azzurro infinito mentre una?? umida nebbia cala sui miei occhi......
Anche ora che la??ultimo suo viaggio si A?N compiuto verso un altrove remoto, non ho perso la??abitudine di osservare il cielo. Cerco tra le nuvole che si addensano e si sfanno qualche minuscolo punto luminoso che si muova nella mia direzione. Seguo le scie degli aerei che si perdono in lontani orizzonti. Contemplo il luccichio tremolante delle stelle per catturare quella che si sposta e fiammeggia nelle tenebre di una luce rossa. Mi lascio avvolgere dal chiarore lunare che accende la??immensitA? della volta celeste e ancora rimango con la testa rivolta verso la??alto a fissare, in silenziosa attesa.
Il tempo della??attesa ha scandito i suoi rintocchi negli anni della mia vita. La??attesa col pensiero sospeso che si invola e percorre distanze infinite, un sospiro nostalgico che dilegua nei tramonti rosati, una nascosta speranza, nutrita di rinnovate promesse, di vedere un ritorno che sia annuncio di una nuova fioritura.
Ho imparato a rimanere, radicata nella presenza, per occupare il posto degli assenti, per garantire un porto affettivo sicuro a chi resta e a chi parte, sospinto dal desiderio di esplorare la??immensitA? del mondo, sfidando la??incertezza del suo destino. Rimanere per risentire ogni volta lo stesso improvviso sobbalzo del cuore nel momento estremo del distacco. Stare e partire, fissitA? e movimento hanno lasciato il loro ruvido segno nelle pieghe della mia esistenza. A un recente concerto in onore di De AndrA?N ho risentito una sua vecchia canzone: a??Invernoa??. Una sorpresa, un incanto. Una musica dolce e melanconica che rinnovava in pienezza alcuni miei sentimenti. Nella tristezza di un paesaggio invernale compare un campanile che ha le parvenze di un cipresso. Svetta nella sua verticalitA? e sembra congiungere la terra e il cielo, due estremi, segnati da una??incommensurabile distanza, trovano un intimo e segreto raccordo. Poi il ritornello: A??Ma tu che vai, ma tu rimani / vedrai la neve se ne andrA? domani / rifioriranno le gioie passate / col vento caldo di un'altra estateA??. Un invito, carico di segrete aspettative, a non partire, ad attendere, nel rinnovarsi delle stagioni, il rifiorire delle gioie passate e di un nuovo amore. Un irrefrenabile desiderio di trattenere, di fermare il punto che tenta di sfuggire per ancorarlo al presente. Ma nel lento trasmutare della natura, nella??alterno avvicendarsi di luci e di ombre, anche la vita della??uomo muta il suo corso e si adegua a quel senso di precarietA? che A?N dentro il ritmo naturale delle cose. A??Ma tu che vai, perchAc rimani?A?? dice alla fine la canzone. Una domanda che inverte la direzione da seguire sul cedevole terreno da percorrere e apre nuove imprevedibili strade. Il viaggio non si puA2 fermare. Il viaggio di chi A?N quasi arrivato alla meta e di chi ha da poco intrapreso il suo cammino.
Ora che la vita non dispiega piA1 a braccia aperte i suoi giorni, anche il mio viaggio potrebbe iniziare. Lasciare gli ormeggi e prendere il volo, solcare lo spazio e avvicinarmi qualche volta alle stelle, navigare per un poco sulle nuvole e osservare quanto tutto della terra si fa piccolo da quella diversa prospettiva. Il mio amore per il quotidiano che si distende ed abbraccia la??orizzonte infinito.
Per anni ho rivissuto nei racconti dei miei studenti stranieri il fascino di culture diverse, contemplando nella??immaginario la bellezza di paesi mai esplorati. Nelle loro storie che parlano di distacchi improvvisi, di inevitabili separazioni, di un nostalgico rimpianto per gli affetti perduti, ho rivissuto parte del mio stesso dolore. Anche questo A?N un andare e tornare dalle terre piA1 volte battute del mio lontano passato.
Vorrei cosA?? poter preparare la mia valigia, disporre con ordine le mie cose, varcare la soglia della mia casa per raggiungere insolite mete e sentire che dentro questo flusso perpetuo della vita ca??A?N un tempo per stare e un tempo per partire.