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Viaggi e scritture di viaggio > giovedì 3 novembre 2011 - #159
Ricordi ungheresi
Luciano Zaami
Condensare in poche righe una??idea non A?N mai cosa semplice, eppure il ruolo dello scrittore A?N anche questo: mettere ordine nei propri pensieri in modo da renderli coerenti e organici.
Inizio parlando di una??idea, perchAc il viaggio questo A?N, una semplice idea, A?N la??idea che ci portiamo dentro, e che ci facciamo di un luogo ancor prima di averlo visto. La??insieme di notizie, di immagini, e di aspettative: questo A?N un viaggio prima ancora di diventare tale, A?N ciA2 che noi ci aspettiamo che sia, A?N una semplice idea.
Poi ca??A?N la??idea che ci facciamo durante la visita: ciA2 che prima avevamo costruito nella nostra mente, viene adesso smontato e rimontato, con tutte le delusioni del caso. CiA2 che adesso notiamo, una volta entrati nella realtA? del viaggio, sono le distanze, il tessuto urbano, la??altezza dei palazzi, e la vita che scorre nella sua normalitA?, perchAc in fin dei conti, per quanto un luogo ci appaia fatato, una volta lA??, non A?N nAc piA1 e nAc meno dissimile da casa nostra.
Ma poi ca??A?N una terza idea del viaggio, ovvero quanto ci rimane al nostro ritorno, quella??insieme di ricordi che lentamente prendono forma nella nostra mente. Lo sporco va via, e resta un luogo ideale, qualcosa di tanto irreale quanto la??idea che avevamo prima di partire; ma idealizzare un posto fa parte del gioco, serve a rendercelo unico, indimenticabile, perchAc adesso abbiamo dato il giusto valore alla nostra esperienza.

Ora, dovendo fare un quadro di ciA2 che per me A?N ed A?N stata Budapest, la??impresa in sAc risulta ardua e forse vana. Il mio primo viaggio fu nella??estate del 2000, e da allora sono tornato nella capitale diverse volte, per periodi brevi e lunghi. Credo, in totale, di aver trascorso lA?? cinque anni della mia vita.
Quindi per me, la??Ungheria non A?N solo un posto di passaggio, ma un luogo della??anima, la mia seconda casa, A?N quella Nazione dove sogno sempre di tornare a vivere, ed A?N il paese da cui fuggo, perchAc per me A?N perfetto, e quindi rischierei di trasformarlo nella mia casa, con tutti gli annessi e connessi.

I soggiorni lunghi sono stati in tutto cinque, e andavano dai quattro mesi ai tre anni. In ogni viaggio si A?N formata in me una Budapest diversa, perchAc diversa era la realtA? in cui mi trovavo immerso, diversa la mia abitazione, diverso il mio ruolo e stato da??animo.
Forse la piA1 bella A?N la Budapest del mio primo anno, il 2000. La??Unione Sovietica era giA? caduta da tempo, eppure restava molto di quel sistema durato per oltre quaranta??anni, quel velo malinconico e triste fatto di vernice laccata nei corridoi della??UniversitA?, di auto Trabant che ancora affollavano le strade, delle facciate dei palazzi ancora sporchi. Quando arrivai, ricordo che la??unico monumento che era stato restaurato era il Ponte delle Catene. Adesso invece il centro A?N stato ripulito, la cittA? appare meravigliosa, ma forse priva di quel fascino decadente che la rendeva unica.

Ca??A?N poi la Budapest del 2003, giA? cambiata. Soprattutto notavo le auto nuove di zecca sfrecciare per le strade, non importa che la gente le avesse acquistate a rate. La??Occidente era arrivato e tutti ne volevano una fetta.
Io, come sempre, restavo ancorato ai miei palazzi del quartiere ebraico, la mia piccola isola nella??isola, quel quadrilatero abitato dagli Ebrei, gente splendida che mi avevano accolto nella loro comunitA? invitandomi a scoprire un pezzetto del loro mondo.

Dei miei soggiorni ricordo i mercati rionali, pieni di frutta triste, sciupata, di limoni quasi ammuffiti provenienti da chissA? quali scarti dei mercati della??Europa della??Ovest, ricordo i cieli alti e tersi e il freddo entrarti nei polmoni, ricordo le infinite camminate su e giA1 per le colline di Buda, a godermi i colori della??autunno, quei colori assenti in Sicilia perennemente baciata dagli alberi sempre verdi.
Ricordo le linee dei tram che dal centro giungevano in periferie anonime, invase dai palazzoni costruiti durante il socialismo, quei tram pieni di anziani, legati alle loro buste di plastica e ai loro ricordi.
Allora passavo le mie giornate al dipartimento di Mongolistica, a godermi la compagnia dei libri che assediavano la piccola biblioteca dove potevo finalmente trovare tutti i testi dedicati ai popoli nomadi e alla??epopea di Gengis Khan. Studiavo il mongolo attraverso libri di grammatica scritti in tedesco, e vagavo da una biblioteca alla??altra in cerca di testi da fotocopiare e conservare.
Sono stati anni di vero nomadismo urbano, mi trovato alla??estero, a fare ricerca sui popoli nomadi, in una nazione fondata da nomadi! Non potevo chiedere di meglio! Ero esattamente dove volevo essere!
Frequentavo la biblioteca della??Accademia delle scienze, quella del castello, della Central European University, la Szabo Ervin, e di altre FacoltA?. Le giornate passavano in un intenso lavoro di ricerca e di attesa, di silenzi e passeggiate, di enormi solitudini e di viaggi su e giA1 per la cittA?.
Forse il mio amore per Budapest deriva dal fatto che in quella solitudine in cui mi sono trovato a vivere, A?N stata la mia unica compagna. Vivevo parlando con la sua storia, i palazzi, i personaggi che avevano scritto le pagine di quella gloriosa nazione, conosco ogni vicolo di quella cittA?, ogni pietra o linea dei bus, ero un passante muto che usciva la mattina di casa con la??unico impegno di dover camminare per far passare in fretta una??altra giornata vuota.

Ma Budapest non A?N stata solo la cittA? della mia solitudine. Ca??A?N stata quella del 2006, della cattedra come professore di Storia e Cultura dei Popoli Nomadi alla??UniversitA? Elte, era la Budapest del mio primo impiego in una multinazionale, lavoro che ho continuato a svolgere sino al 2009. Una nuova realtA?, una cittA? vissuta non da straniero, ma da membro attivo della comunitA?. Molti amici, colleghi, e tanti ricordi splendidi che davano un nuovo volto a quel centro che ha saputo cambiar identitA? mostrandosi sempre per quello che non era, ma che ogni volta si A?N lasciata amare come tenera amante.

Se guardo indietro, non riesco a fare una foto precisa di questa cittA?. Davanti ai miei occhi scorrono i visi di tutte le persone conosciute durante i miei soggiorni, amici che ancora sono al mio fianco, e altri di cui non ricordo neanche piA1 il nome, ma ognuno di loro A?N stato un tassello della mia vita, per un certo periodo ne ha fatto parte, e ha condiviso con me un pezzo di strada. Ora, non credo importi tanto che noi si sia ancora in contatto, credo che il vero tesoro risieda in ciA2 che ogni persona mi ha lasciato, nelle lunghe chiacchierate e nei momenti trascorsi insieme.

Adesso che sono in Sicilia, Budapest resta la cittA? ideale, quella che ogni giorno smonto e rimonto nei miei pensieri, A?N la cittA? dove sogno di tornare per poterla veder crescere; sA??, perchAc come una figlia che non si vede per molti anni, assisto da lontano ai suoi mutamenti, e ogni volta che ci torno trovo una piazza cambiata, un monumento restaurato, e mi sento quasi in colpa per non esser stato lA??, presente, durante un momento cosA?? importante per la mia cittA? adottiva.

Ma forse tutta questa bellezza A?N solo una mia convinzione, un mio idealizzare un luogo esotico dove ho condiviso parte della mia vita. Forse Budapest A?N solo una??idea come una??altra, una??idea di un luogo che non ca??A?N, eppure io ci sono stato, la??ho amata e ne sono rimasto rapito. Ho viaggiato al suo interno, sia nel tempo che nello spazio, ho assorbito la sua magia e la??ho eletta a dimora dello spirito. Del resto, ad amare un luogo non ca??A?N nulla di male, e io ho scelto Budapest come patria adottiva e luogo in cui fuggire A?N sempre dolce.