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Viaggi e scritture di viaggio > domenica 9 ottobre 2011
Confini
Paola D'Agostino
Stato di Minas Gerais, Brasile. Il a??grande sertA??oa?? del romanzo di GuimarA??es Rosa. Farfalle, deserti di vento, terra rossa e poi vegetazione lussureggiante, un lingueggiare tipicamente cantato, cachaA??a fatta in casa, case sovrapposte in un intrico di luci rade alla periferia dei grattacieli. Nugoli abitativi: terracotta dipinta su rettangoli bassi. Tra un rettangolo e la??altro ogni muro ospita una bizzarra scritta, la??equivalente di un annuncio inciso direttamente sulla parete. a??Trabalho p/ amora?? a??g Lavoro per amore, e di seguito un numero di telefono. Oppure a??Si fanno pedicure e colazionia??, e roba del genere. Villaggi dopo villaggi, solcati da fiumi o torrenti, ogni tanto una miniera abbandonata, ogni tanto un contadino a cavallo, piA1 spesso macchine, gente, mercati. E tutto intorno un marrone insistente, terra di siena bruciata, sui pastelli da bambini ca??era scritto cosA??. Terra di provincia, provincia di BH.
BH. In Brasile sta per Belo Horizonte, la capitale dello stato di Minas Gerais. Ci si arriva atterrando alla??aeroporto di Confins, che sta per confini. Poi un autobus ti porta in centro e ti lascia in quella che il mio compagno di viaggio chiama Crackolandia. Il quartiere intorno alla stazione, un bazar di cittA? sommate. Lungo la??arteria principale, ogni trasversale ha il nome di una capitale del Brasile, in ordine di successione geografica da sud verso nord. Se non conosci la geografia, sei fottuto. Il nostro hotel A?N a Rua de SA??o Paulo, immediatamente dopo la Rio de Janeiro. Bahia A?N a nord o a sud? Ecco, controllare cartina di questo quasi-continente.
Il quotidiano di BH si chiama a??Estado de Minasa??. In prima pagina, campeggiano tappeti di senzatetto. A? la??emergenza di oggi. Molti di questi uomini e donne sono scappati dalla loro vita per via dei debiti contratti per pagarsi il crack. Per non essere uccisi. Per non creare problemi alle famiglie. Altri erano venuti da tutto il paese per impiegarsi nei lavori di preparazione della coppa del mondo 2014, nella??edilizia, ma gli A?N andata male. Ora ca??A?N un esercito di fantasmi che popola le strade di BH, giovani e vecchi grigi come la??asfalto, in movimenti lenti e minacciosi deambulano tra lampioni e marciapiedi, a volte seduti sulle soglie dei bar. Non ti chiedono soldi, aspettano soltanto che arrivi notte e gli hotel dei poveri vengano a distribuire riso e fagioli. La settimana scorsa qualcuno ha lasciato per strada, alla??angolo del marciapiede piA1 affollato, una bottiglia di cachaA??a mischiata a veleno per topi. Sapevano che i barboni, trovando la cachaA??a, la??avrebbero bevuta. Ne sono morti trenta, in una sola notte. Ora la polizia cerca i responsabili. a??Gli irresponsabilia?? a??g mi corregge un abitante del posto. Confini. Tra la??atroce e il bestiale. Tra uomini e topi, ai margini di una metropoli sudamericana. Tra povertA? e barbarie. Confini.
Provo a digerire la notizia su un autobus di linea, a??A?Lnibusa??, che in due ore mi porta a Inhotim, il piA1 grande museo alla??aperto del mondo, il piA1 bello del pianeta, secondo il New York Times. Ettari ed ettari di una foresta rigogliosissima dentro la quale sono sparse, o meglio posate, come crisalidi, opere da??arte contemporanea e gallerie interattive. In mezzo alla natura, per e grazie alla natura. Inhotim A?N il sogno di Bernardo Paz, un mineiro (cosA?? si chiama la gente di Minas) che dopo esser diventato miliardario grazie alla sua terra, ha deciso di restituire alla terra una parte di quella ricchezza. E ha costruito una galleria-mondo, una collezione in costante processo di aggiornamento, work in progress come le viscere del mondo sempre in fermento, arte pulsante e la??universo. Inhotim A?N un parco immenso, una giungla dolce, con sentieri mappati e punti di ristoro. Tra laghi, ruscelli, pontili in legno, si nascondono sculture indigene o installazioni di artisti globali. Ed A?N una parte della??esposizione. La??altra parte sono i pappagalli verdi, le piante endemiche, gli alberi, il colore del cielo e delle acque. Bisognerebbe poter fotografare anche i profumi, mentre si esplora Inhotim.
In una delle gallerie ca??A?N un buco scavato a 200 metri sotto terra, e tutto quello che ca??A?N da percepire A?N un suono. Un semplice suono. Che arriva dritto, amplificato, dal fondo del pozzo. Inhotim A?N un viaggio dentro la madre-terra, nei suoi conflitti, nelle cicatrici. Una ruspa brutale aggancia un albero bianco fatto di funi che sono farfalle di plastica sciolte dal sole. A? una delle installazioni, firmata da Matthew Barney (De lama lA??mina, 2009).
In un lago artificiale ci sono centinaia di sfere metalliche firmate Yayoy Kusama. Dentro ogni sfera, moltiplicata alla??infinito, la stessa immagine riflessa: il cielo, e la sagoma del visitatore. Natura come specchio, a volte deformante, del nostro contorno umano che la abita.
E poi la??acqua, presenza divina e salvifica, canale di accesso al mondo, esistenza fluida che accompagna ogni transito. In modo essenziale, o nella versione pop-rock della piscina psichedelica localizzata in una delle stanze di Cosmococa, la galleria firmata da HAclio Oiticica e Neville Da??Almeida. In una delle sale, Jimi Hendrix alle pareti proiettato in loop fa da casa ad un villaggio di amache colorate destinate al riposo del visitatore. Inhotim A?N casa-percezione, aperta ai sensi, viaggio dentro i pori della pelle, la sorpresa, la meraviglia, la??incanto e il vortice. La??arte A?N questo: spezza i confini tra il dentro e il fuori, tra il tutto e la paura di perdersi. Ogni artista lo sa.
Ecco perchAc adesso me ne sto chiusa in una stanza da??albergo, nel cuore di Crackolandia, nel cuore il veleno per topi che stenta a cancellarsi dalle parole, il a??Grande SertA??oa?? aperto alla pagina 53, voglia di leggerlo tutto, di camminarlo, de-scrivere ogni traccia di terra, o studiare ognuno degli artisti esposti a Inhotim, e poi visitare il mercato centrale di BH, comprare un panama nella piA1 antica cappelleria del centro, fare un salto tra le meraviglie della vicina Ouro Preto, mentre fuori dalla finestra altre finestre, il cielo che minaccia pioggia, e ogni scusa A?N buona per non dover di nuovo attraversare questo lungo corridoio, la??ascensore di mogano bucherellato, le porte scorrevoli della??hotel Esplanada, confini, che mi separano dalla??inferno della strada.