Conto i rintocchi delle campane della Chiesa, imponente in mezzo a Piazza Magenta: uno, due, tre, quattro, cinque, sei, sette, otto. Alle otto la Piazza A?N sempre cosA?? silenziosa e apparentemente dormiente, ma non A?N cosA??, ci vuole poco per sentire su di sAc tutte le piccole storie che la attraversano. A questa??ora del giorno si lascia condizionare molto da chi la attraversa, si lascia vivere, ecco. Una piazza enorme, dominata da una Chiesa che mi sembra eternamente chiusa, ma che in realtA? non lo A?N affatto. Ai lati della chiesa vialetti, prati e alberi. Lampioni, e qualche panchina sparsa qua e lA?. Attraverso questa Piazza, e ogni volta che lo faccio, in tutte le stagioni, entro in uno stato di calma e riflessione che nessun altro posto riesce a darmi. Vado a scuola da sola; sento solo il rumore leggero e monotono del mio trolley che avanza, e i miei pensieri che fanno un sacco di rumore per prendere posto nella mia testa. Il mio occhio si fa improvvisamente piA1 attento, osserva tutto e tutti, trasmette immagini che immediatamente si trasformano in pensieri. Io sto zitta, ma non sento il bisogno di parlare: mi basta il dialogo confuso nella mia testa.
Incontro sempre le stesse persone: io le conosco, e ogni volta mi chiedo e spero che anche loro conoscano me. O sono forse la??unica che osserva i movimenti di questo posto? Cerco di pensare che non A?N cosA??. Davanti alla Piazza, accanto al prato con la??erba alta (che A?N cosA?? alta che secondo me A?N abitata da serpenti), ca??A?N sempre una ragazza con uno zaino eastpack rosso, rosso fuoco, e una crocchietta simpatica sulla testa. Aspetta le sue amiche e, mentre aspetta, si immerge nella musica che esce dalle sue cuffie. Penso che magari la??anno prossimo non le incontrerA? piA1 lA??, le sue amiche, perchAc il liceo sarA? finito. Continuo a camminare e mentre cammino vedo tutte le altre persone con cui condivido ogni mattina la piazza. Ca??A?N una signora (inglese, forse?) vestita tutta di jeans, con delle cuffie enormi in testa, che saluta qui ogni mattina la sua amica con un bambino piccolissimo. Arrivano da via Demi, magari abitano insieme: poi qui si salutano e la signora con le cuffie corre via. Tratartaratratratratratrata. A volte mi chiedo se il rumore del mio trolley disturbi la quiete indaffarata degli abitanti della Piazza, ma poi mi dico che no, non A?N possibile: ormai fa parte della normalitA?, come gli uccellini che cinguettano o i cani che abbaiano. Tutto A?N cosA?? immobile e perfetto.
La??incanto purtroppo svanisce presto, ed entro in una??altra realtA?: quella della via piA1 silenziosa che io conosca, via Demi. Qui non passa mai davvero nessuno, a parte una coppia di signori. Lei A?N altissima, i capelli biondi e ricci e una faccia austera, lui sembra il suo assistente, anche se probabilmente A?N suo marito. A? basso, pelato, cammina ondeggiando e non parla mai. Ma nemmeno lei parla, evidentemente anche le loro menti esplodono come la mia e si dimenticano la??uno della??altro. Quando piove, lei sta sotto un grande ombrello a scacchi, e lui la segue ondeggiante, sottomesso. Ci sono poi le persone che non vedo piA1, e di cui immagino le storie: ca??era un vecchio professore del Niccolini, tutto storto e gobbo, che passava per Piazza Magenta con la sua borsa in pelle da vecchio prof.: spero che non sia morto, che sia andato solo in pensione. Poi ca??erano i ragazzi del liceo che ripetevano con i libri in mano, adesso non ci sono piA1. Sono alla??universitA?? E per ultime, due bambine con la madre di cui tutte le mattine ascoltavo di soppiatto i discorsi: ora gli orari scaglionati della??entrata a scuola non lo permettono. Erano le uniche ad andare nella mia direzione. Tutti gli altri mi vengono incontro, vado controcorrente.
Sono le otto e dieci, comincio ad avvertire con tristezza che la magia sta per svanire: devo prepararmi a entrare in una??atmosfera completamente diversa. Sento dentro di me che la bolla sta per scoppiare, che potrA2 entrarci di nuovo solo quando ripasserA2 di qui, di ritorno da scuola; e comunque non sarA? uguale. La??anno prossimo mi mancherA? non incontrare queste persone e non provare questa sensazione sviluppata nei tre anni delle medie. GiA? ora, a pensarci, divento un poa?? triste. La??unica cosa che spero A?N che magari qualcuna delle persone che sono diventate mie amiche a??di piazzaa?? mi abbiano notata e si ricordino di me. Solo questo renderebbe tutto diverso. Ca??A?N una??ultima cosa che il mio occhio vede prima di finire nel caos... una coppia inseparabile, affacciata alla??unica finestra aperta di via San Gaetano: una vecchia signora con il suo vecchio cane. Osservano i bambini che urlano e che passano tutti i giorni sotto casa loro. Hanno lo stesso sguardo placido. Non hanno bisogno di parlare. ChissA? cosa pensano. ChissA?.
- Piazza Magenta -
Napoli ha un intero mondo sotto di sAc. A? un mondo fatto di cunicoli, acquedotti, caverne, gallerie. In superficie, sono scontate le luci, i colori, i rumori. Basta scendere qualche gradino e tutto questo sparisce. Buio. Soltanto qualche rara lanterna, messa da chi questo mondo la??ha esplorato. Si arriva in una vasta caverna. La guida con le sue parole mette paura e qualcuno, spaventato, torna su in superficie, tra i colori. Certo, mette paura il mondo buio.
Passando in un cunicolo, si arriva in una??altra cavitA?. Al soffitto A?N appesa una bomba. A? come sentire le grida della gente, le sirene da??allarme che annunciano i bombardamenti, la??ansia di non sapere se si tornerA? su. Correre, scappare. Prendere, avvisare. Tutto lA?? sotto. Per proteggersi dai bombardamenti della Seconda guerra mondiale le persone si rifugiavano in queste caverne, che un tempo avevano fatto parte di un enorme acque dotto che attraversava tutta Napoli.
Continuiamo nel percorso. Come gli operai della??acque dotto, noi camminiamo attraverso i cunicoli un tempo riempiti da??acqua.
Mille fiaccole, mille timide lucine si fanno luce nella parte piA1 buia di questo magico mondo.
La seconda parte del percorso A?N la piA1 difficile. Attraversiamo cunicoli stretti meno di cinquanta centimetri con le fiaccole sopra la testa. Camminiamo lateralmente, in fila indiana. Qui solo le nostre fiaccole illuminano la via, perchAc la galleria A?N cosA?? stretta che non ci sarebbe spa zio per le lanterne. La??unico modo per affrontare questo cunicolo A?N continuare senza guardare nAc avanti nAc in dietro, senza pensare di essere sottoterra, senza possibilitA? di uscita. Immagino chi doveva lavorare qui sotto. Era solo, completamente solo. Non poteva sapere se sarebbe sopravvissuto o se sarebbe rimasto lA??, inghiottito dalla terra e dalla??acqua. Ma continuava, non si arrendeva. Anche noi continuiamo, impavidi e sicuri. A un certo punto, una parola passa da un capo alla??altro della??ultima parte della fila: bivio. Dopo un momento di tremenda paura, capiamo che la strada in realtA? A?N solo una, e continuiamo. Ma davanti a noi, invece della strada, ca??A?N una catenella. Gambe che tremano. Il mio cuore sembra scoppiare. a??Guida! Guida!a?? La risposta della guida A?N vicina, e questo ci fa preoccupare ancora di piA1. Ci siamo persi. La guida continua a urlare. Alla fine, riusciamo a trovare la strada e raggiungiamo il resto del gruppo. Otto piccole fiaccole si erano perse, eppure nessuno se ne era accorto. Il cunicolo stretto A?N finito e dopo qualche cisterna ancora piena da??acqua, torniamo in superficie. Le fiaccole si spengono. Hanno svolto, ancora una volta, il loro indispensabile lavoro, guidando i curiosi alla scoperta delle magie del loro mondo sotterraneo. Tutto, giA1, torna deserto. Si possono sentire solo gli echi di chi ci A?N stato dentro: la??acqua, le persone bombardate, le loro storie, e adesso anche noi. Torniamo su, nel mondo esplorato, dove tutto A?N conosciuto e niente A?N un mistero. PerchAc il vero mistero, ora lo sappiamo, A?N nascosto nelle viscere della terra.
- A spasso per Napoli sotterranea -
Le parole, semplici, dirette, crude, mi sembravano proiettili, coltellate, pugni; il pensiero scorreva velocemente ed era chiaro, limpido, senza fronzoli, senza ghirigori, senza francesismi, senza censura. Il mio cuore, da giovane ribelle che credeva di saper tutto, esplose.
Avevo trovato un amico, un confidente, uno che la pensava esattamente come me e che non si vergognava di quello che diceva, scriveva, pensava e con un orgoglio che tanto sapeva di altezzositA? raccontava le sue esperienze e sparava le sue sentenze, sentenze che dettavano legge e diventavano veritA? assoluta, senza compromessi, senza ripensamenti, senza cercar per forza di cose l'approvazione degli altri.
Bukowski divenne il mio eroe, istantaneamente.
Negli anni, il mio amore per il buon vecchio Hank A?N rimasto immutato e i miei maldestri tentativi di mettere su carta quello che provavo (istinto irrefrenabile per me) scimmiottavano il suo stile, stile che mi veniva come ora mi viene il respirare o il battere le palpebre o il cuore pulsare: naturale.
Reputo tuttora The shower la piA1 bella poesia d'amore mai scritta: vera, sincera, concreta, reale, cruda.
Ma sto andando oltre.
Ho provato, sulla pelle, la fatica del capitale che Bukowski racconta, il dolore del sentirsi sempre soli, la fatica del doversi svegliare la mattina per un ideale costruito, la stanchezza del mettersi a letto la sera e sentire il cuore inquietarsi per domani senza aver goduto nemmeno un istante di bellezza del giorno appena passato perchAc di bellezza non ne ha trovato, nemmeno un granello.
Poi A?N arrivato Jack London.
L'aver letto London a 33 anni e non 20 mi ha aiutato a non rovinarmi la sorpresa perchAc, a meno che tu non sia un giovane marinaio del 1800, tante sfumature di colore nemmeno le noti; la natura, la ricerca di se stessi, il senso al sanguinare sono tutte cose che non appartengono all'Uomo di fine '900, uomo che oggi io sono.
Io sono figlio della Generazione X, di quelli che si puntano da soli la pistola alla tempia, di Kurt Cobain ed Amy Winehouse: sono figlio dell' Antracite, del colore grigio e cupo della cittA? urbanizzata, del millennium bug, delle torri gemelle che crollano su se stesse colpite dagli estremismi, dell'autolesionismo, della musica metal, del grido disperato di mille band, della narrativa scolarizzata che rifiuta le accademie; sono figlio, io, di un presente che non ha memoria, che vive alla giornata, che non progetta perchAc non ha un piano ben preciso, che legge Kerouac supino sul letto mentre nella camera accanto il padre si danna per l'ennesima bolletta Enel: io non ho futuro.
Ma ho una??Anima. Che si danna, che si contorce, che cerca VeritA? e Memoria, che sta attraversando la Selva Oscura e solo in quest'ultimo periodo se ne sta rendendo conto.
E allora tutte le lucine gettate alla rinfusa nel buio vengono unite dal filo di Arianna e sembrano formare un disegno preciso: tutto accade per un motivo, diceva a volte mia nonna che, come ho scritto altrove, vestiva il dolore come uno scialle e allora puA2 darsi abbia avuto sempre ragione.
Io ho dovuto rinnegare le mie radici ed estirparle dalla terra in cui sono nato per poterle riconoscerle e riconoscermi; il Viaggio lontano da casa mi ha cambiato.
Leggo del giovane 'Ntoni e provo pena e commiserazione, un senso di terrore nel pensare che al mio ritorno nemmeno il cane riesca a riconoscermi.
Lo scoglio mi ha richiamato come il canto di una sirena, come la natura selvaggia richiama Buck ricordando la legge del bastone e della zanna: non A?N un caso se Napoli A?N nata da Parthenope e venga definita, tuttora, una terra selvaggia.
Ma ho anche l'Anima tormentata di Ulisse, mosso dalla hybris e dalla sete di conoscenza del diverso, dalla curiositA? quasi scientifica del vedere per credere e credere per ricredersi, ed ecco che, ancora oggi, zaino in spalla, mi perdo nell'Altrove per cercarmi.
Jack London, dicevo.
A 20 anni mi sarei rovinato la sorpresa di trovare uno scrittore che con Bukowski non ha nulla a che fare.
Charles e Jack sono agli antipodi, e mi spiego meglio cercando di essere coinciso, preciso, breve riservandomi a un prossimo futuro il piacere di scrivere meglio su un autore, London, di cui non ancora conosco tutta la produzione, nAc biografia, nAc pensiero (come invece mi accade per Bukowski).
Ho letto finora Il vagabondo delle stelle, Martin Eden, Il richiamo della foresta, Il popolo dell'abisso, e qualche novella sparsa ma mi sembra chiaro, come il sole, dove voglia andare a parare.
Innanzitutto, il linguaggio.
Di Bukowski mi ha sempre colpito la semplicitA?, la rozzezza, l'essere diretto e schietto. A? per questo che oggi, nell'epoca dei social network, A?N tra i piA1 citati anche a sproposito: il populismo A?N parte integrante non tanto del suo pensiero quanto del suo linguaggio.
London, invece, A?N figlio del 1800 e di un naturalismo neanche troppo velato; un linguaggio vasto, descrizioni dettagliate, un uso di sinonimi precisi, tante subordinate, qualche perifrasi qua e lA?: Jack London riuscirebbe a rendere BELLO e interessante anche lo squallore dell'East End londinese (cosa che ha appunto fatto nel Popolo dell'Abisso).
CiA2 comporta una maggior attenzione quando si legge una pagina di Jack London che scorre come il letto del fiume, placidamente, ma ha improvvisi vortici e improvvise, enormi, paurose, cascate che obbligano a tenere gli occhi aperti e la mente viva durante la lettura per evitare di infrangersi sul fondo, alla fine della cascata e doverla risalire come un salmone per dover venire a capo del messaggio.
Al di lA? dei tecnicismi (soprattutto del linguaggio della navigazione), A?N lo spirito di avventura che muove l'Universo di London e la sua scrittura, scrittura dinamica, vivace, colta e mai rassegnata: l'esatto opposto di quella di Bukowski che sebbene sia anch'essa abbastanza dinamica e vivace rimane, a mio parere, chinata su se stessa e, qua e lA?, pregna di rassegnazione e nichilismo.
A? proprio su Nietzsche in entrambi che ieri riflettevo: reputo il pensiero di Nietzsche fortemente frainteso nel corso del '900: in molti hanno visto nella sua vita e nella sua opera un nichilismo e una autodistruzione che in realtA? non gli appartengono. Nietzsche, per me, non A?N mai stato nichilista.
Superuomini che si ergono dalla massa come individui unici e perchAc unici anche meritevoli di potersi ergere e imporre la propria personale testimonianza sulla terra: A?N questo Nietzsche. Non omini rannicchiati su se stessi che piangono e si lamentano senza agire per cambiare le cose. Questo A?N nichilismo.
Forse, in parte, anche London ha frainteso Nietzsche quando ha chiuso Martin Eden: il suicidio come scelta obbligata a una nausea e una noia alienante. No, io non avrei chiuso Martin Eden cosA??; scrittore di successo, studioso di biologia e della filosofia nicciana, evoluzionista, l'avrei forse reso un superuomo a quel punto, il piede nella scarpa dal tallone di ferro forse.
Ma London A?N London e io sono io.
Bukowski A?N un nichilista.
Un nichilista che ha incontrato la fortuna. E lui stesso lo ammette, placidamente.
Condivide con Martin Eden il pensiero di essere stato sempre lo stesso, prima e dopo la fama e che l'unica differenza sia stata una botta di fortuna e nient'altro.
Bukowski ha viaggiato, ha vagabondato ma sempre con la sconfitta e l'autodistruzione nel cuore. Si A?N arreso al sistema, ha trovato "il posto" che Martin Eden ripudia, si A?N adattato lamentandosi del suo adattamento senza cambiare la sua situazione.
Sconfitto, dal sogno americano, carne da macello macellata dal capitalismo.
Martin Eden ha rigettato il lavoro in lavanderia, ha concentrato tutte le sue forze per seguire la sua vera natura.
Questa A?N un'altra differenza tra London e Bukowski:
Henry Chinaski, alter ego di Bukowski, si muove come uno zombie spinto solo dall'impulso sessuale, l'alcol e il pensiero della morte;
Martin Eden, a mio parere chiaro alter ego di London, a metA? romanzo sta per diventare quello zombie, quell'automa ma ripudia questo cambiamento.
London era un avventuriero, leggo.
Bukowski era uno della working class, credo.
E si vede, si sente.
La mancanza di denaro A?N stata sicuramente decisiva ma la differenza, forse, sta nella reazione caratteriale e nell'arrendersi al nichilismo, per l'appunto.
Ma Bukowski, nato nel 1929, figlio del '900 non puA2 mai essere London, figlio dell''800.
Ecco perchAc a 20 anni io avrei ripudiato London: non sarei mai riuscito ad avere il tempo e lo spirito giusto per fermarmi e comprenderlo.
Con Bukowski A?N stato piA1 facile, siamo entrambi figli del' 900, entrambi figli della working class.
Ma sento, vivo in me, il desiderio di denunciare e urlare e ribellarmi; denuncia e urlo che vivono in London piA1 che Bukowski perchAc Bukowski A?N un cinico populista mentre London un socialista che crede, nonostante tutto.
Ecco la differenza sostanziale nel pensiero dei due e perchAc sono agli antipodi: Bukowski non denuncia, racconta, non si fa esponente di una classe, non gli interessano le sfumature i ghirigori le storture politiche; A?N un cinico, un disilluso, un populista individualista.
London A?N, al contrario, uno scrittore che denuncia ed enuncia, impegnato politicamente e socialmente, uno che nutre ancora la speranza che, nonostante la legge del bastone e della zanna c'A?N ancora differenza tra l'Uomo e le bestie anche quando l'Uomo cede all'impulso e si comporta da Bestia.
Bukowski lo scrisse come titolo di un racconto "confessioni di un uomo abbastanza pazzo da vivere tra le bestie".
Le facce di una stessa medaglia ma irreversibilmente diverse.
E ora, a 33 anni, sento di essere in una fase della mia vita nella quale il bisogno di sentirmi piA1 London che Bukowski A?N vivo, forte, coriaceo, ardente.
23 novembre 2020.
- Il mio ritorno dalla??Abisso -
Che cosa??A?N un libro senza un lettore? Sono tante pagine piene di parole senza senso, soltanto caratteri. A? soltanto con un lettore che quelle parole acquistano un senso. Il lettore A?N la chiave magica per un libro, che apre le sue parole e in ognuna di esse lascia una??emozione. Solo con un lettore il libro puA2 essere unico, senza A?N uguale a tutti gli altri. A? per questo che quando si legge un libro ognuno sperimenta qualcosa di diverso, perchAc in qualche modo A?N il lettore stesso che crea la storia, vivendola come un personaggio. Leggendo puoi provare moltissime sensazioni: puoi piangere, puoi ridere a crepapelle, puoi arrabbiarti, collegare una storia a un evento della tua vita. Il libro si collega alla tua mente, ti avvolge e prende le tue emozioni, fa uscire fuori anche quelle piA1 profonde, poi le assorbe e infine, come per magia, quelle si imprimono sulla carta ed emanano un odore, un ricordo. Quando in seguito aprirai il libro, sentirai quella??odore e improvvisamente proverai quella stessa emozione sentita la prima volta. Ti aprirA? un ricordo, potrai vedere la scena di quel momento, mentre leggevi, come se entrassi in una sfera di cristallo e rivivessi quella??attimo. PerchAc le emozioni in realtA? sono attimi, quello che resta nella tua anima sono solo sensazioni. Sono gli attimi che importano davvero, quelli che ti cambiano. PerchAc un libro ti puA2 aiutare e confortare, ti puA2 dare sicurezza, ma ti puA2 anche cambiare. Una volta, un mio compagno di classe mi ha detto: ma come fai ad emozionarti per un libro? E io gli ho risposto che il libro A?N mio amico perchAc se lo leggo quando sono triste o arrabbiata mi sento subito meglio. Quando lo finisco A?N come aver perso la mia migliore amica e posso sentirmi triste per molti giorni. I libri mi fanno stare bene perchAc mi fanno sognare. Insomma, ogni mio libro A?N vissuto e ne conosco ogni minima parte.
- Il senso dei libri -
fiera
indomabile
donna e femmina
granitica, adamantina, testarda
benigna, armoniosa, amabile
semplice
genuina, pura, ruspante, schietta
autentica
pietra e roccia
senza strizza nAc timore e senza apprensione,
senza panico, mai inquieta, mai dubbiosa
senza colpa e senza peccato, mai un crimine,
mai una mancanza, mai un fallo
senza i peli sulla lingua
ricordo il pane imbevuto intriso di zucchero,
e il montesomma e il gradino della porta d'ingresso e le piante da annaffiare
l'estate, l'inverno, l'autunno e la primavera quando c'erano ancora,
e la cA1rtina che indicava un sud orfano del nord
e tu,
al centro di tutto,
schiena dritta,
la scopa in una mano e l'altra sui fianchi,
il grembiule azzurro sporco di farina,
le ciabatte, la voce tonante da bersagliera che dispensava comprensione & pace,
mai consigli o lezioni o prese di posizione, quelle le lasciavi a chi ne sapeva di piA1
tu no,
tu eri altro
tu eri signora e cacciatrice
coi tuoi capelli corti ed eleganti
tu,
madre, nonna, zia,
figlia e nipote
tu, Maestra: tu eri tutto
mia
Seconda
Madre,
Mia
ho saputo mentre ero distratto
hai esalato l'ultimo respiro,
affannato, fiacco, pesante, complicato, faticoso, greve,
maledetto da noi tutti eppure benedetto da te,
dal tuo ridere e fottertene delle difficoltA?,
delle cadute, delle disgrazie, dei dispiaceri, dei rimorsi,
dei pacchetti di Merit, dei guai, del veleno dei serpenti,
della tosse arida e insistente
e dei tuoi polmoni stanchi
ieri, io non ero lA??, come mio solito
ma ieri tu eri qui e qui sei oggi e domani qui sarai
riponila questa croce disgraziata nel cantuccio,
goditi il respiro della VeritA? che aspramente hai vinto,
sii libera, come lo sei sempre stata
assolta, prosciolta, scarcerata
e lascia, lascia, lascia a noi
il dolore, la consistenza del silenzio, il peso dei rimpianti
e il vuoto della tua carne assente:
noi meritiamo tutto questo e mai saremo all'altezza del tuo nome,
mariateresa
dignitA?, quando mi chiederanno il tuo ricordo,
dignitA? e nient'altro
ho parlato forse troppo,
mi avresti sorriso e detto che esagero,
hai ragione, mi fermo qua
adesso, riposa.
- Per la mia seconda madre -
Sognavo qualcosa, alla??alba. Sognavo amici e famiglie, uomini, donne e bambini che conosco qui a Sapporo, e allo stesso tempo osservavo, come da estraneo, la mia solitudine, insoddisfazione, incontrollabile rabbia personale degli ultimi tempi. Eppure questi due lati inconciliabili si conciliavano e bilanciavano in sogno, e sperimentavo cosA?? una sorta di dimenticato equilibrio, un perfetto equilibrio, direi.
Poi ai miei occhi appariva il simbolo del Tao, molto piccolo e in basso a sinistra del mio campo visivo, quasi come una sovraimpressione televisiva, provvidamente e magicamente spogliato di tutte le sue sovrastrutture storiche e filosofiche. Mi appariva alla stregua di un logo qualunque e lo osservavo con inammissibile indifferenza. E piA1 lo fissavo e piA1 mi sembrava non emanare alcuna carica mistica finchAca?| una sua metA? mi A?N apparsa come il simbolo di una bianca pancia bassa, gravida del suo puntino nero, che irrompe nello spazio del nero piA1 grande, e la protuberanza superiore del nero mi A?N apparsa come una testa troppo sviluppata, una chiara mia macrocefalia da troppo pensare, con uno sgranato, stupito occhio biancoa?|
Mi sono visto nel Tao.
Ho ben chiara la banalitA? di questo messaggio, soprattutto nella??ambito del mio (forse assurdo) rapporto di coppia, ma che grande aiuto! Poi mi A?N giunto forte e chiaro un messaggio silenzioso e finale, dilatato quanto la storia del mondo, trasmessomi tuttavia in un istante estraneo a ogni lingua umana. Un messaggio che io rilancio cosA??: nessuno scappa alla ottusa, assurda, rotonditA? del mondo, nessuno lo puA2 fermare: tanto semplice, ma nessuno lo puA2 apprendere e comprendere davvero. Alla fin fine non A?N forse esso una??enorme giostra?
Il sogno aveva inoltre qualcosa di particolare rispetto ai miei soliti. Era infatti come se portassi avanti piA1 sogni, della stessa fattura e leggiadria, in inaudita contemporanea. Mi sembrava di sognare su un pentagramma, e spesso nel sogno saltavo da una riga alla??altra, e ovunque atterrassi, sebbene le storie e i personaggi fossero diversi, il messaggio del sogno non cambiava! Ovunque ricevevo lo stesso messaggio e sperimentavo questa beata riconciliazione con le cose piA1 disparate.
Ho ricevuto diversi insegnamenti da tutte le dimensioni visitate ma purtroppo la beatitudine del risveglio non ha favorito la??immediato download delle informazioni nella dimensione mondana. Ho letteralmente combattuto, per tenere vivo il ricordo delle situazioni sognate, o quantomeno per fissare una traccia. Ma il sogno era appunto multi-traccia e dopo nove ore non ricordo altro che quanto sto scrivendoa?|
- Il sogno di grazia -
Sorseggio birra
Cerco di respirare,
nella boccata della sigaretta,
uno spazio e un tempo di pace.
E rinvio l'ansia e il pensiero.
Che non si gonfi in angoscia...
Non ora, non oggi, no!
Affidandomi a che il tempo passi - buono
E il sonno mi prenda
L'incoscienza mi culli
E la fantasia mi doni sogni scintillanti.
La vera vita A?N immobile
come la vera morte.
- Una riflessione -
come profonde radici.
Grani precipitati a terra da un disastro da??aria, vogliono vivere.
Quando esco per strada in questa cittA? che sa??apre verso il mare:
A?N certo, non posso incontrarti.
Fuoco semprevivo, incenso
in fondo alle ceneri del tempo.
8.11.2015
- In fondo alle ceneri -
ad esempio,
la grande vasca della??acqua piovana,
le fatate libellule.
Guarda, ascolta
delle parole
la forma, il suono. I nessi.
Ecco: i visi di coloro
che
ta??accompagnarono.
Tuo padre tornava in bicicletta
nella campagna vestita di sera.
La cena insieme.
La tua famiglia coma??era.
Quel tempo fermo,
saperlo dire.
La tramontana a taglio sulla piana.
Odore da??incenso nella chiesa,
la messa di Natale.
Il tempo che finA??. Le sepolture,
la??apertura delle tombe.
Lascia che affiori il piA1 lieve,
rallAcgrati, ringrazia:
una donna,
la nascita dei figli,
un amico vero.
Affondi, ciA2 che pesa:
un dolore che insegna,
la??insidia del risentimento.
Anche la minima
immagine che tarda,
aspettala.
Aspetta la poesia.
Non lasciare che vada
cosA?? presto.
Dopo, non A?N piA1 tua.
- Aspetta -
dove i soli e le lune sorgono,
che molte lingue descrivono in giardini da??alfabeti e di sintassi,
il misterioso mio corpo si presenta,
di tutti i corpi la??analogo:
residuo arcaico della??inizio,
passaggio a nuove terre.
Molte strade
portano nel dove innumerevole
dai sonanti nomi.
Ogni nome, immagini: le immagini, colori.
Mi sfugge la genesi dei nomi
ma A?N certo,
essi sembrano orientarmi.
La folla dei viventi si presenta,
acquatici e terrestri,
percepisco gli alati
in apparenza di semplicitA?.
Un ordine nel caos.
Cacciano e coltivano gli uomini,
per nutrirsi;
ma con piacere uccidono,
credono di ornare le dimore con vestigia di uccisi.
Portano la minaccia e la ferocia.
Combattono il simile,
invidia e gelosia li accompagnano,
amano in molti denaro e potere sulla terra.
In passioni insensate trovano
gloria, dando e ricevendo
sventura e morte.
Sono alla??altro gioia o malattia.
Non sono certo che il male vi sia,
ma quel che accade si presenta;
la??impensabile accade.
Vedo i presagi,
abito nella??adesso,
conosco la??eccesso,
non lo inseguo.
Nella??adesso il piacere puA2 raggiungermi
anche davanti a un muro
della mia casa
dove non lascio che le cose
si ammucchino in disordine,
e lo spazio prenda il sopravvento.
Felice istante.
Spazio minuscolo che sa??apre,
mi proteggono gli dA?Ni,
nel propizio sentire.
Sulla parete, i quadri mi portano ricordi,
rendendomi presente tutto il tempo
che forse mi appartiene,
come le immagini di lei
(una volta era qui intorno)
che componeva alfabeti di foglie
trovate passeggiando nel bosco.
Cose consuete
possiamo riscoprire ogni volta,
come fosse la prima.
Questo mondo che sembra ordinario
si chiude
come parola di sibilla,
come notte sui palazzi da??una cittA? straniera
che nascondono cose che non so.
A volte
credo da??intendere antichi disegni.
Allora il mito A?N qui.
Forse una fonte invisibile,
una diversa energia,
offre le matrici dei pensieri
e le viventi forme.
Pregne da??immagini
rispondono le menti.
Ogni mente, una scintilla
che sa??accende.
In questa??ora, i testi
di alfabeti vegetali,
di odori e sapori, colori e sentimenti,
spiccano sul muro di fronte.
Che tu sogni il tuo tempo, o sia desto
al movimento dei mondi,
hai momenti di grazia.
La??ospite gradito sopraggiunge,
passando i valichi, semplice alato,
puA2 dilagare nella??immenso
da??un pomeriggio che sa??inoltra nella sera.
31.10.2014
- PhainA3mena -
nel tuo respirare, nel calcare la terra,
nei tuoi tanti punti di vista estremi.
Non per assecondarti, ti comprendo e ti resto vicino.
PiA1 ti cerco nella??aspra tua natura,
calpestando arbusti secchi sui sentieri della??anima,
piA1 ta??allontani e fuggi, come un animale da??ombra
al piA1 piccolo rumore.
Oppure, ciA2 che non chiedi
ma ti aspetti
bisogna offrirtelo con prudenza,
per non essere afferrati
in quel tuo gioco di ricevere e pretendere.
PerchAc dai vortici del tuo troppo nessuno esce bene:
piA1 ti danno addosso con rabbia
per le tue mancanze vere e presunte,
piA1 tieni testa a tutti.
Ti giudicano, e tu alzi la testa e sfidi.
PiA1 sfidi, piA1 ti chiudi,
piA1 sembri domandare vicinanza.
A? vero, ti cerco da lontano, senza quasi sperare
se non quelle tue risposte quasi invisibili,
come ragnatele contro la luce della luna.
Ma ciA2 che si sente di te A?N palpabile e reale.
E piA1 cresce questo sapere
che amore A?N pari ad infondata perdita.
23.10.2014
- Il tuo troppo (per una mia figlia) -
Cambia piuttosto te stesso
che gli altri,
secondo antichi consigli.
Se ci sono porte che chiudono,
non sei mai stato di quelle.
Si presenta la??enigma a??g
ti avvolge, come una marea:
non A?N che illusione.
Viene, la??orgoglio: forse
la tua casa A?N la??orgoglio?
Non far paura, ma accogli.
A? qui, dove ospitare amici,
come un paese da??uomini e donne,
solidali per imprese senza invidia.
Osserva il dolore, quando assale: pensa
che non sei solo. Eppure
si fa strada? Ma a volte (non
sempre) sai come fare .
Tutto puA2 restare:
cosa A?N perduto, che non ti accompagni?
Nel giardino, intorno a te,
coltiva la??erba della gratitudine.
Cura piante da??ombra, fitte di presenze.
Ci sono porte per chiudere e fermare:
non sei tu.
Chi vuole, resti, chi non vuole, vada.
Tu sei la porta che gira per aprire.
Nocera Inferiore, 19.11.2013
- Il lavoro su di sAc -
sono stregonerie
della natura:
le foglie fiammeggiano,
i sogni autunnali
hanno il colore del vino.
Foglie..
foglie cadenti,
addormentate una
sulla??altra,
in una dimensione
sfuggente.
Vita, morte,
inselvatichirsi nella terra
a concepire
il giardino a venire.
Il mio giardino,
ha un piattino di latte
per i gattini,
non A?N delimitato,
A?N senza cura.
Ea?? gioia senza motivo.
- Giardini -
A?N novembre, mi aspettano, un poa?? di crisantemi gialli.
Davanti alla sala mortuaria, un gruppo immobile e costernato
nella pioggia, i parenti, quattro gatti;
cosA?? presto che non ca??A?N quasi nessuno. Un altoparlante convoca operai e ditte
per la??artigianato dei morti.
Alla tomba dei miei, ormai la??arbusto delle rose copre tutto,
e sebbene qualche bocciolo novembrino regali il solito delicato profumo,
colpisce un senso di tristezza e abbandono.
Non che a loro importi qualcosa, sa??intende, ridotti come sono, laggiA1,
oppure in qualche aldilA? del nostro immaginario,
ma dopo aver portato un fiore anche alla nonna,
mi decido alla potatura delle rose, e anche qui novembre va bene.
Poi saluto, come fossero vivi,
e vado per uscire.
Al primo incrocio del viale, ancora dentro,
a sinistra, lavorano a una fossa: disteso su qualcosa,
avvolto in un telo di plastica a prendere un poa?? da??aria, un uomo a??g
si capisce per le scarpe sporgenti nella mia direzione.
Vedo solo questo, ma non posso non pensarci, ai piedi e al resto,
e ancora mi torna.
Che il corpo vada conservato, per consumarsi con lentezza a??g
giA?, i sepolcri, le illusioni necessarie a??g :
non A?N piA1 ragionevole il fuoco?
Il fuoco: immagine da??aperto e di liberazione
dalla??orrore della contabilitA? di fosse e di cadaveri, del seppellire e
disseppellire, aprire e richiudere.
Un bel forno o una pira (anche qui, letteratura: e cosA??
mi avvicino alle cose?), e finisce tutto.
Se non altro, il desiderio che la forma non se ne vada cosA?? presto
ha portato a questo, al ribrezzo dei morti avvolti nel telo di plastica,
alle fioriture del macabro a??g e mi domando
cosa resti della??uomo che fu, in quel miserevole involto, alimento del nulla.
Siamo, insieme, molto di piA1 e molto meno di quel che crediamo.
E cosA??, porto a fine giornata un senso di cose guaste.
I morti forse non hanno gradito la visita.
Cimitero di Salerno, novembre 2013
- Anche qui, letteratura -
sono vestite di camici bianchi.
Sento la pioggia apprestarsi
sopra gli anni caduchi.
La malinconia si A?N gettata nel vuoto
e come nebbia fitta ci avvolge.
Ma dove andiamo, amici?
Raccogliamoci tutti.
In un cumulo folto e
in sussurri parlami delle tue paure.
Vorrei che il raggio di luna
toccasse prima il mio viso,
e poi il tuo
perchAc la diafana assenza
continui ad essere luogo pensato
di questa terra
e non luogo del nulla.
Triste questo pensiero
che di buon mattino mi sveglia.
Perderti.
Senza conoscerti.
Ma A?N un sogno, forse,
della notte passata.
- Non sentire il peso della pioggia -
ta??interessava in questo tema di ricerca?
Scegliere un tema per una tesi di laurea non A?N certo semplice, soprattutto se il desiderio A?N quello di portare avanti un lavoro interessante e costruttivo. La proposta che mi avanzA2 il Prof. Bertolissi, che giA? stimavo da anni e con il quale avevo sostenuto due esami di Storia della??Europa Orientale, mi parve molto interessante perchAc la??obiettivo era di raccontare una regione poco conosciuta e su cui si era scritto poco, ovvero la Mangaseya, territorio inesplorato, sconosciuto ai piA1, crocevia di forti interessi commerciali, territorio ricco di storia e risorse. Di questo argomento ciA2 che mi attraeva di piA1 fu proprio la sua caratteristica di essere a??un luogo remotoa??, nuovo, da scoprire, parte di un territorio tra i piA1 affascinanti del Paese, la Siberia, su cui nei secoli hanno scritto poeti, scrittori e viaggiatori alla ricerca di fortuna, decantandone il fascino e la??impenetrabilitA?. Insomma, la??approccio a quella tesi in qualche modo mi sembrA2 quasi una conseguenza degli anni di vita trascorsi alla??estero, di viaggi e di scoperte che io stesso avevo intrapreso, anche se verso destinazioni decisamente piA1 accessibili e facili.
Capiscoa?| Quali lingue hai studiato alla??Orientale? Quali le ragioni delle tue scelte?
A a??La??Orientalea?? ho studiato russo, come lingua quadriennale, inglese e francese come lingue biennali. Le ragioni delle mie scelte sono state due. La prima, una scelta pratica; la seconda una passione. Quando ma??inscrissi a a??La??Orientalea?? mi resi velocemente conto che scegliere come lingua portante dei miei studi una lingua europea (e gettonata) come la??inglese o lo spagnolo sarebbe stato sbagliato e forse poco utile, perchAc questo avrebbe significato seguire corsi di lingua e di letteratura insieme a tantissimi altri studenti.
La mia scelta ricadde quindi sul russo, una lingua alternativa, nuova (venta??anni fa lo era sicuramente) e studiata da pochi giovani. Ricordo che nel primo anno di corso eravamo solo un centinaio di matricole, numero che andA2 diminuendo negli anni. Questa fu sicuramente una scelta indovinata perchAc, essendo in pochi, non solo fu possibile instaurare rapporti piA1 diretti e umani con docenti e lettori, ma diede a tutti noi la possibilitA? di seguire meglio ogni singolo insegnamento ed essere seguiti con maggiore attenzione e dedizione da ogni docente.
La seconda ragione che mi spinse ad optare per il russo fu anche il mio grande interesse nei confronti della Storia della??ex Unione Sovietica che, nei due anni precedenti alla fine del percorso scolastico, aveva attratto in modo particolare la mia attenzione. La mia iscrizione a a??La??Orientalea?? risale al 1991, ovvero due anni dopo la caduta del muro di Berlino e la??inizio del declino di buona parte delle roccheforti comuniste europee. Quel mondo, che la Russia rappresentava in quello specifico momento storico, tra i piA1 importanti di tutto il XIX secolo, grazie alla perestrojka e a tutti i capovolgimenti socio-politici che portA2 con sAc, fece scaturire in me il desiderio di capire qualcosa di piA1 di quella cultura e di quel popolo che, nonostante la??apparente freddezza, si sono rivelati negli anni dei miei studi e delle esperienze di vita alla??estero uno dei popoli umanamente piA1 coinvolgenti, grazie non soltanto allo spessore del passato culturale, ma grazie alla profonditA? e sensibilitA? della??anima che contraddistingue a??g appunto a??g il popolo russo.
La frequenza dei corsi della??Orientale ha precisato alcuni tuoi interessi iniziali? Si puA2 dire che abbia dato a essi una forma piA1 compiuta? Ca??A?N qualche docente che abbia esercitato su di te una??influenza piA1 marcata?
Ho frequentato un Istituto Tecnico Commerciale, quindi il mio ingresso a a??La??Orientalea?? potrebbe apparire come una scelta casuale e poco consona ai miei studi precedenti, ma non A?N cosA??. La scelta da??iscrivermi in questa UniversitA? piuttosto che in un altra mirava sicuramente ad ampliare una??area da??interessi con cui avevo giA? una certa familiaritA?, ma la frequentazione della??Ateneo e dei corsi A?N stata innanzitutto una graduale scoperta di un mondo nuovo, fatto di soggetti, persone, attitudini e comportamenti non solo diversi, ma soprattutto particolari e stimolanti. A a??La??Orientalea?? devo sicuramente la??opportunitA? di avermi aperto una porta essenziale, quella della conoscenza non solo culturale ma soprattutto umana. Negli anni in cui frequentavo la??UniversitA? non passava giorno in cui tra studenti non si parlasse di viaggi, di Paesi stranieri, di storia di popoli e delle loro abitudini, di partenze. Ca??era chi sognava di andare in Giappone e chi negli Stati Uniti; ca??era chi si divertiva parlando con le poche parole di arabo imparate nei primissimi corsi di lingua, chi con quelle di cinese.
Questo, senza neanche che me ne rendessi conto, A?N stato da subito uno stimolo incredibile che, negli anni, ha fatto crescere in me la voglia di conoscere e di imparare, viaggiando. Il processo che si A?N innescato A?N stato in prima istanza istintivo, ma successivamente ho compreso con consapevolezza ciA2 che stavo cercando. Le mie esperienze degli ultimi anni, cosA?? come i social network che uso e il blog personale che gestisco sul web, mi permettono in maniera sicuramente immediata e diretta di comunicare le impressioni del percorso di conoscenza che sto vivendo progressivamente. Tutto questo processo evolutivo di scoperte e consapevolezze A?N nato casualmente, attraverso importanti esperienze di vita e di confronto con il mondo esterno, esperienze che la??UniversitA? prima di tutti mi aveva proposto in quanto studente e che io accolsi con gioia, ovvero la??Erasmus.
Grazie a questo progetto di studi mi fu data la possibilitA? di dare una svolta al mio percorso universitario e alla mia vita, staccarmi dalla mia famiglia e dalle mie radici, lasciarmi alle spalle i punti di riferimento abituali, le mie certezze, i miei affetti, solo e soltanto per il desiderio di scoprire, imparare nuove lingue e crescere umanamente. Partii per Parigi e da quella esperienza in poi la mia vita cambiA2 radicalmente, grazie a scelte che in qualche modo mi hanno permesso di seguire le mie aspirazioni ed i miei desideri. Da quel momento Parigi A?N diventata la mia casa.
Peraltro, se da un lato la??Erasmus mi diede la??opportunitA? di partire e di scoprire un nuovo mondo, A?N anche vero che dalla??altro mi obbligA2 da subito a dovermela cavare da solo, perchAc pochi erano gli aiuti che la??UniversitA? offriva ai propri studenti che si aprivano a questa esperienza, soprattutto per tutto ciA2 che riguardava il trasferimento alla??estero: da solo, con pochi soldi, senza un alloggio, senza grandi contatti nAc conoscenze, ovvero tutte condizioni che in qualche modo dovrebbero essere garantite e che sono inevitabilmente piA1 difficili quando si arriva in una grande cittA? come Parigi e non in piccoli centri universitari.
Io fui molto fortunato, perchAc pochi giorni prima della partenza conobbi nel centro storico di Napoli una studentessa francese che, proprio grazie alla??Erasmus, aveva trascorso a a??La??Orientalea?? un anno di studio e che mi offrA?? la sua ospitalitA? a Parigi. A casa sua rimasi per due settimane, prima che riuscissi a trovare un posto dove alloggiare per conto mio, insieme ad altri studenti che non ebbero di certo la mia stessa fortuna, essendosi ritrovati per settimane intere, o addirittura per mesi, a dormire in un ostello, sostenendo una spese economica onerosa, prima ancora di trovare una sistemazione accettabile.
Ti avevo chiesto se ca??A?N qualche docente che abbia esercitato su di te una??influenza piA1 marcata?
Del mio percorso universitario ricordo con grande stima ed affetto il Prof. Angelo Bongo, docente di Lingua russa. Durante gli anni in cui sono stato suo studente, il Prof. Bongo A?N stato simbolo di grande integritA?. Di lui stimavo la passione per il ruolo che rivestiva, ma anche il rigore, la severitA? e la serietA? con cui fu capace di trasmettere a noi studenti il significato e il valore dello studio, insieme a un metodo di apprendimento linguistico che tutta??oggi, nel mio tanto girovagare, tengo sempre presente, ogni volta che arrivo in un nuovo Paese e mi diletto da subito a imparare una nuova lingua.
Scegliere a??La??Orientalea?? per i tuoi studi ha significato la scelta di un Ateneo molto originale rispetto agli altri Atenei della Campania. Un Ateneo dove si respira, dovunque, lo spirito del diverso, del rapporto con culture differenti dalla nostra.
Un Ateneo dove si A?N sempre messi in discussione come soggettia?|
La??errore che fanno in tanti A?N pensare che a a??La??Orientalea?? giri gente a??un poa?? stranaa??, ma chi lo pensa non conosce affatto lo spirito che corre nei corridoi e nelle aule di questa UniversitA?. Quella??essere a??un poa?? strania?? significa soprattutto avere la possibilitA? di seguire percorsi alternativi e piA1 originali rispetto a tanti altri. A a??La??Orientalea?? io ho sicuramente trovato la dimensione giusta che faceva per me. Dopo venta??anni dalla mia iscrizione, non so davvero che cosa sia diventato oggi questo Istituto, ma ai tempi della mia frequentazione si respirava nella??aria la voglia di confrontarsi, di scoprire la??altro, la propria e la diversitA? altrui, grazie a tante lingue, a tanti umori e ideologie, a tanti indirizzi di vita che a??La??Orientalea?? indirettamente offriva a tutti noi studenti, compensando cosA?? la mancanza di organizzazione e di servizi che venta??anni fa, a mio avviso, erano presenti e forse marcati.
A questo si aggiunge anche la percentuale di stranieri che studiavano e che credo studino tutta??oggi in una??UniversitA? cosA?? rinomata, offrendo a tutto la??Ateneo, proprio come dici tu, una??immagine e uno spirito diverso, multiculturale, umanamente e culturalmente ricco, e a noi un luogo in cui fosse possibile incontrarsi, dare spazio a rapporti stimolanti tra culture e studenti, aprendo a tutti una strada di vita importante, una strada a??alternativaa??, per la??appunto. La maggior parte degli amici che ho frequentato in quegli anni, hanno quasi tutti intrapreso percorsi diversi fra loro, ma tutti alla??insegna della multiculturalitA?, delle esperienze di viaggio e di vita alla??estero, dove la??apertura e la comprensione della??altro come individuo e come espressione di un mondo e di una cultura sono sempre stati una peculiaritA? e al centro delle loro scelte. Insomma, io credo che per tanti di noi a??La??Orientalea?? non sia stata soltanto una??universitA?, ma anche una scelta di vita.
Credo che giA? prima della laurea tu abbia iniziato a viaggiare. Mi sbaglio o la mia sensazione A?N esatta? In te ca??A?N qualcosa di Bruce Chatwin e della sua ricerca sulla??alternativa nomadea?| Sei sempre alla ricercaa?| Inquietudine o desiderio del nuovo? Sono due sentimenti che possono sembrare collegati, ma non sempre lo sono. Ca??A?N chi A?N interiormente inquieto e ca??A?N chi semplicemente insegue il nuovo. Nel tuo caso?
La tua sensazione A?N giusta. GiA? alla fine del primo anno accademico, a 19 anni, decisi di partire per un mese e mezzo in Inghilterra e in Irlanda, dove lavorai per un poa?? e seguii un corso di lingua inglese per stranieri, i classici corsi estivi che rappresentano un ottimo approccio alle lingue straniere e al viaggio. Alla fine del terzo anno accademico invece partii per Parigi, con il progetto Erasmus di cui ti parlavo poco fa. Da Parigi in poi tutto cambiA2. Viaggiai un anno in Sud America, mi trasferii per due anni in Irlanda, qualche mese in Russia, ancora altre parentesi di vita e di lavoro a Parigi, e solo dopo dieci anni da quella mia prima partenza, sostenni gli ultimissimi esami e portai a termine il percorso di laurea che, nonostante sia stato frammentario e dilatato nel tempo, mi ha permesso di arrivare alla laurea con maggiore consapevolezza, di me stesso e di ciA2 che avevo deciso per la mia vita, e forse anche con un poa?? di orgoglio in piA1, quello di chi aveva viaggiato e messo a frutto le conoscenze che la??UniversitA? gli aveva trasmesso, e che poteva dire che quella laurea, quel percorso universitario e le scelte che ne erano seguite, avevano avuto un senso, avevano dato i propri frutti, aiutandomi a fare scelte a??diversea?? e a realizzarmi come uomo, capace di seguire i propri sogni e i propri desideri.
Ti sembrerA? strano, ma in fondo non credo di essere nAc interiormente inquieto nAc alla??inseguimento del nuovo. Negli anni ho capito che quando viaggio mi sento piA1 leggero, anzi ti dirA2 con tutta onestA? che quando viaggio sono felice, e questo A?N ciA2 che ma??interessa piA1 di qualunque altra cosa. Viaggiare A?N ormai diventata per me una necessitA?. Quando si riesce a partire dai luoghi in cui siamo nati e cresciuti, a staccarsi dalle proprie origini e a vivere esperienze come quelle che io ho avuto la fortuna di fare, partire, ripartire, cambiare e non fermarsi diventa un qualcosa di molto semplice, naturale e quasi automatico. A? uno stile di vita, una scelta per la??appunto, in cui mi ritrovo del tutto a mio agio. Quando viaggio sento soprattutto il bisogno di aprirmi alla??altro, da??incontrare le persone che, indirettamente, mi aiutano a costruire il mio percorso, a dargli un senso ed un significato tutto suo.
Viaggiando vorrei dimostrare alla gente che non tutti i turisti sono uguali, ma che ca??A?N anche chi, come me, ha voglia di conoscerli, di affezionarsi ai loro gesti, da??intenerirsi dinanzi a un loro sguardo, di andargli incontro, apertamente, senza paura e senza freni.
Quando viaggio sono alla ricerca di sorrisi. Questo per me A?N un bisogno fondamentale nella mia esperienza. Questi ultimi tre anni di viaggio, in modo particolare, sono stati soprattutto alla??insegna della ricerca di luoghi familiari, di luoghi dove forse ho desiderato, illudendomi, di trovare una realtA? in cui decidere di fermarmi, per sempre. Luoghi e realtA? che nel mentre sono cambiati, forse irrimediabilmente (la Siria ne A?N un esempio), ma ai quali resto legato con sentimenti molto forti e a volte combattuti, un misto di malinconia, verso luoghi ai quali sono emotivamente legato ma che attraversano un periodo storico estremamente duro, e di felicitA?, per avere avuto la fortuna di non averli vissuti come un semplice turista di passaggio, ma con lo sguardo di chi A?N attento alle culture e alla??umanitA? dei popoli che incontra. Questo desiderio, questa speranza, questa voglia di farmi una casa in ogni posto in cui approdavo, circondato da affetti e care amicizie, A?N proprio ciA2 che mi ha permesso di spostarmi di Paese in Paese con serenitA?, e per cosA?? tanto tempo, che ha mosso il mio calmo viaggiare di questi ultimi anni, anni duranti i quali ho imparato a dare al tempo una dimensione diversa, capendo che il mio tempo doveva adattarsi a quello del mondo che mi circondava, senza andare di fretta, ma approfittando pienamente di ciA2 che mi veniva offerto gratuitamente da luoghi e persone: tenerezza, sorrisi e affetti.
In giro ca??A?N chi viaggia per conoscere luoghi, chi per conoscere la storia di un Paese, chi per non annoiarsi, chi per vivere una??esperienza unica nella sua vita, chi per conoscere gente nuova e chi infine per scoprire nuove emozioni. Io viaggio per tutte queste ragioni insieme, ma viaggio anche per sentire un poa?? da??amore, quello che percepisco quando incrocio uno sguardo sul mio cammino, che mi emoziona e mi dA? una ragione per continuare, ad emozionarmi e a viaggiare, come quello di tutte le persone che hanno reso speciale questo mio lento andare degli ultimi anni.
Quali sono i Paesi che hai visitato? Quali hanno suscitato maggiormente il tuo interesse e perchAc?
Oltre i Paesi in cui ho vissuto, per periodi piA1 o meno lunghi, ovvero la Francia, la??Irlanda, la Russia, la??Argentina e il Venezuela, ho viaggiato per un anno in tutta la??America del Sud, un lungo viaggio fatto da ragazzo, allo scoperta di destinazioni remote ed esotiche. Ho poi viaggiato per oltre un anno attraverso il Nord Africa maghrebino (Marocco e Tunisia) e il Medio Oriente (Turchia, Siria e Giordania), alla ricerca di emozioni e luoghi familiari, cosA?? come in Grecia, durante un lungo soggiorno da??immensa tenerezza. Infine ho trascorso qualche mese in India, attraverso una cultura ricca ed emotivamente travolgente. Ora mi accingo a cominciare una nuova esperienza in Sri Lanka, con la??idea e la speranza di poter continuare con calma e serenitA? la scoperta di culture e popoli ai quali mi sto abituando lentamente, ovvero quelli asiatici, luoghi e popoli di certo non familiari come quelli del bacino del Mediterraneo, ma che si rivelano di giorno in giorno estremamente coinvolgenti.
Gli ultimi anni, proprio perchAc occupano un momento della mia vita in cui vivo il viaggio con maggiore maturitA?, sono quelli ai quali sono piA1 legato. I Paesi del Maghreb e quelli del Medio Oriente occupano un posto sicuramente speciale nella mia esperienza di vita ed emotiva. In quanto a??viaggiatore a caccia di sorrisia??, questi luoghi sono una terra estremamente fertile, ricca di occhi capaci di emozionare, gente semplice e ospitale, che ha sempre saputo commuovermi con la tenerezza dei suoi sguardi, con la generositA? e la??umanitA? che li contraddistingue, riuscendo a toccare il cuore di un giovane italiano, forse un poa?? solo e schiacciato dalle responsabilitA? di una vita pesante e difficile. Insomma, gente da un grande cuore, lontana anni luce da tante di quelle immagini che ci vengono volutamente imposte quando si parla di alcuni Paesi e di alcune culture, come quella mussulmana.
Nel tuo blog affermi che a??Parigi fu la scoperta che il mondo esisteva davvero..a??. Sarei da??accordo quando individui in Parigia?| una finestra sul mondo. Parigi come luogo in cui ci si apre al mondo. Fu cosA??, anche per me, in anni lontani e che ricordo sempre con grande nostalgia, come un periodo incantato. Vuoi spiegarci piA1 ampiamente ciA2 che dici di Parigi?
SA??, la citazione che riporti A?N esattissima e va proprio intesa in questo senso: Parigi come finestra che si apre al mondo, come luogo in cui poter respirare il mondo, almeno per chiunque abbia la volontA? e le capacitA? di farlo. Noi italiani siamo sempre stati un popolo di emigranti, ieri come oggi, anche se con meccanismi e motivazioni diverse, ma a noi manca del tutto la a??cultura del viaggiarea??, quella del viaggio indipendente, solitario, da zaino in spalla insomma, cultura che invece i Paesi del nord Europa posseggono naturalmente a pieno titolo. In questi anni di vita in viaggio, credo di essere stato aiutato molto dalle mie origini, la mia italianitA? e soprattutto la mia a??napoletanitA?a??, quelle di un popolo capace di adattarsi a circostanze tra le piA1 diverse e anche difficili, capace di sapersi a??arrangiarea??, capace di farsi voler bene da chiunque grazie alla sua umanitA? e onestA? da??animo. Queste caratteristiche mi hanno permesso di non trovarmi mai in difficoltA?, smarrito o disorientato in realtA? nuove ed estranee, e credo mi abbiano dato gli strumenti necessari per affrontare tanti anni di vita lontano dalla??Italia.
Se A?N vero perA2 che le mie radici e la storia della mia terra mi hanno permesso di riuscire negli anni di viaggio e di vita alla??estero, A?N anche vero che Parigi mi ha insegnato a farlo, a partire e a viaggiare, senza timore alcuno, a concepirlo come un atto normale e naturale, come una parte dovuta di un percorso umano, senza pormi troppe domande, come spesso invece mi viene fatto in Italia. Questo binomio A?N proprio quello che mi permette tutta??oggi, che non sono piA1 un ragazzino, di fare scelte condivise da pochi, di pensare di poter partire a??altrovea?? in qualsiasi momento, continuare a desiderare di trasferirmi in un altro Paese straniero, vivere nuove esperienze di vita, imparare nuove lingue, vivere la mia vita serenamente, senza condizionamenti esterni, e forse anche continuare a sognare.
Ernst Hemingway affermA2: a??Se sei abbastanza fortunato di aver vissuto a Parigi come un giovane uomo, allora per il resto della vita ovunque andrai, sarA? con tea?|a??. In queste sue parole mi ci sono sempre ritrovato ed identificato. Amo Parigi, A?N lA?? che sono cresciuto umanamente, A?N lA?? dove ho capito e scoperto tante cose di me e della vita, che la mia cara, ma provinciale Napoli, non poteva ancora insegnarmi. Parigi ha sempre avuto un ruolo importante nella mia vita, ieri come oggi, perchAc A?N sempre stata un saldo punto di riferimento, ha rappresentato stabilitA? e sicurezza, un luogo dove poter a??tornarea?? ogni volta che ne sentissi il bisogno, un luogo dove poter trovare una??alternativa a qualsiasi decisione volessi prendere per la mia vita. Parigi ha significato aver la possibilitA? di respirare libertA?, indipendenza, multiculturalitA?, diversitA? in senso ampio, liberandomi di limiti culturali che spesso impediscono di spiccare il volo da soli. Parigi mi rivelA2 che ca??era una vita oltre Napoli e la??Italia, che viaggiare e scoprire il mondo era una cosa molto piA1 semplice di quanto avessi sempre immaginato e pensato.
Conoscere il mondo A?N proprio ciA2 che ho deciso di fare venta??anni anni fa e tutta??oggi rappresenta una delle ragioni che mi danno la forza, la voglia e la??energia per farlo.
Infine, vorrei soffermarmi su di una tua affermazione nella quale sembra sintetizzarsi la tua visione della vita: a??Non ho la piA1 pallida idea di quanto tempo resterA2 in viaggio, ma questo importa poca, perchAc la cosa che veramente conta per me A?N poter viaggiare, farlo con uno spirito sereno e aperto, realizzare e raccontare i propri sogni, quelli di chi, alla soglia dei 40 anni, ha deciso di cambiare la propria vita, abbandonando i meccanismi di una a??vita normalea??, le proprie certezze e sicurezze, e rischiare, per cercare di essere felice, viaggiandoa??.
Tutti noi, credo, arriviamo a un certo punto in cui sentiamo il bisogno di fare un bilancio, capire quello che ca??A?N di giusto e di sbagliato nella propria vita e cercare di risolvere ciA2 che ci crea dubbi, insoddisfazioni e incertezze. Penso di aver vissuto questo momento quattro anni fa circa, quando vivevo a Parigi e giA? da qualche anno conducevo una vita serena e soddisfacente, ma senza un vero senso. Avevo un ottimo lavoro e cari amici, uno status sociale che mi gratificava, vivevo in una cittA? bellissima, ma non ero felice. Parigi, come tutte le grandi metropoli del mondo, A?N una cittA? difficile e di tanto in tanto credo sia necessario allontanarsi, per metabolizzare i suoi complessi meccanismi di vita, per a??cambiare ariaa??, frequentare nuove persone, respirare nuove atmosfere, spezzare quel ritmo pressante delle grandi cittA? e imparare a seguire il corso normale dei propri giorni, dandosi il tempo giusto per vivere il passare di quei giorni, senza fretta, senza stress e senza angosce. Gli ultimi anni trascorsi a Parigi, infatti, non sono certo stati i piA1 sereni della mia vita. Sebbene avessi costruito, lentamente e con fatica, un mio piccolo e forse fragile equilibrio, che credevo mi soddisfacesse, per quattro anni non avevo smesso di vivere enormi solitudini, preso da un senso di responsabilitA? enorme nei confronti di me stesso, spinto inconsciamente ad accettare sacrifici che mi hanno poi reso schiavo del lavoro e delle mie stesse abitudini.
Per questo motivo un giorno, in modo molto naturale e casuale, ho pensato che fosse giusto darmi una??altra opportunitA?, voltare una pagina importante del mio percorso umano. In quel momento pensai che sarebbe stato meglio partire per un poa??. Il problema, ma in fondo tale non A?N, A?N che quella??un poa?? A?N diventato molto di piA1 di quanto avessi immaginato. Una volta scoperto il mondo, fermarsi e tornare indietro diventa estremamente difficile, per fortuna, dico io.
Nel momento stesso in cui decisi di partire di nuovo, presi coscienza di che cosa fosse importante per me. Io volevo tornare a viaggiare, volevo tornare a vivere cosA?? come avevo sempre fatto, costruirmi una vita differente da quella che avevo condotto in quei lunghi quattro anni. Non A?N stato facile. Il viaggio ha sempre significato tanto per me: non soltanto evasione dal proprio mondo e dalle proprie abitudini, ma soprattutto un grande momento di riflessione, di apprendimento, di apertura, di crescita, e questa volta, molto piA1 delle precedenti, credo che tutto ciA2 abbia avuto piA1 che mai un significato assai forte per la mia vita.
Un anno prima della mia partenza per questo lungo viaggio iniziato tre anni fa, ricordo che mi trovavo in Egitto per una breve settimana di vacanza, tra Il Cairo ed Alessandria. Ero in spiaggia, durante il magico mese del Ramadan, non ca??era nessun altro al mare, tranne me e i giovani bagnini di quel pezzetto di spiaggia in cui mi trovavo per un poa?? di relax. Durante quei giorni al mare passai con loro molte ore, chiacchierando del piA1 e del meno, iniziando ad avvicinarmi a quel mondo e a quella cultura che giA? da tempo mi avevano sedotto e conquistato. Uno di quei giovani, Ahmed, un giorno mi fece una domanda molto semplice, diretta e naturale: a??Massi, qual A?N il tuo sogno?a??. Rimasi senza parole, non sapevo che cosa dirgli e, anche dopo averci pensato per qualche minuto, con mio grande imbarazzo continuavo a non avere una risposta da dargli, perchAc semplicemente non avevo piA1 sogni nel cassetto, a parte la mia mesta vita fatta di troppi silenzi e solitudini. Ricordo che tornai in hotel perplesso e turbato, per quel mio silenzio e quel vuoto interiore immenso, che la vita inaspettatamente mi aveva sbattuto in faccia con estrema crudezza. Era arrivato il momento di cambiare vita. Ho chiuso cosA?? la porta del mio piccolo bilocale del dodicesimo arrondissement e ho definitivamente chiuso con la vita di quegli ultimi anni, parte di un passato molto lontano. Per tanti mollare tutto e cambiare radicalmente vita puA2 sembrare una??impresa difficile o coraggiosa, e di certo non A?N un gioco da ragazzi, soprattutto se ragazzi non lo si A?N piA1, ma se la convinzione A?N forte e se la voglia A?N tanta, farlo non sarA? poi cosA?? traumatico, anzi ci aiuterA? semplicemente a rinascere, cosA?? come A?N stato per me. Nel mio caso credo che tutto sia stato solo un poa?? piA1 naturale, perchAc a??partirea?? A?N sempre stato un meccanismo essenziale della mia vita, durante i miei lunghi viaggi e durante gli anni trascorsi da nomade alla??estero, lavorando, vivendo o semplicemente girovagando, ma sempre con la mia dignitA? di Viaggiatore, allora come adesso. Oggi viaggio con una maturitA? e una consapevolezza diverse di quando avevo venta??anni e sono proprie queste a dare un senso nuovo al mio viaggiare.
Leggendo il tuo blog (http://massifish2.wordpress.com) non si puA2 fare a meno di notare la tua apertura agli altri, l'amore col quale ti dispone nei confronti di coloro che incontri. Tu viaggi per incontrare piA1 che per vederea?| E quindi il tuo A?N un cammino verso la??umanitA?.
SA??, quello che dici A?N la??essenza delle scelte che ho fatto in questi ultimi anni. Viaggiare per visitare un Paese non mi ha mai interessato. Non A?N un caso che di a??vacanzea?? vere e proprie ne abbia fatte pochissime nella mia vita, cosA?? come non A?N un caso che abbia sempre scelto di trasferirmi e stabilirmi in altri Paesi, lavorare e vivere le realtA? che ognuno di essi poteva offrirmi, piuttosto che visitarli per qualche settimana. Non A?N nemmeno un caso che in questi ultimi anni di viaggio sia potuto restare settimane intere o addirittura mesi in piccoli villaggi o cittadine, familiarizzando con i mondi con cui venivo a contatto, seguendo ritmi calmi e lenti, perchAc solo scegliendo questo ritmo avrei potuto conoscerli e capirli, farli miei, respirarli a pieni polmoni, e non solo visitarli. I luoghi e le persone che mi hanno accompagnato in questa esperienza, rendendola emotivamente eccezionale, sono tutta??oggi presenti nei miei ricordi e nei miei pensieri e rappresentano un punto di appoggio notevole ogni volta che mi accingo a visitare un nuovo Paese, preso dai timori di fallire e di non riuscire ad instaurare i suoi abitanti lo stesso rapporto fraterno che ho sempre instaurato nei precedenti viaggi. I sorrisi, gli occhi, gli sguardi e le emozioni che si sono mossi in questa lunga esperienza, tutto questo mondo fatto di umanitA?, amore e calore, sono una forza notevole, che continua a sostenermi nelle mie scelte e nel mio percorso umano. Con questo mondo di umanitA? ho sempre avuto un rapporto particolare, intimo, fatto di complicitA? e da??intesa, e ho sempre avuto grandi difficoltA? a far entrare altri nel rapporto tra me e le persone che davano vita al mio viaggio, un rapporto idilliaco tutto mio, fatto di atmosfere e di emozioni estremamente personali. Col tempo ho capito di aver finalmente imparato a parlare alla gente, a sorriderle nel modo giusto, ad accogliere con discrezione la loro generositA?, a leggere attentamente i loro occhi cosA?? come loro i miei. Lascio ad altri il compito di raccontare della storia di un Paese, delle sue bellezze architettoniche e del suo passato storico. Io ho capito che so parlare alla gente ed A?N questo che ho deciso di raccontare.
Ancora una??osservazione. Dici, da qualche parte, che i Paesi arabo/musulmani sono stati, per tante ragioni, ciA2 di cui avevi bisogno per curare piccole ferite, quelle di un uomo solo, un poa?? schiacciato dai ritmi della grande cittA?, nonchAc dal peso delle responsabilitA? nei suoi stessi confronti, inevitabili quando si comincia a a??crescerea??. E affermi che a??il calore, i sorrisi, gli occhi e gli sguardi, la??affetto e la??amore di cui questi Paesi sono capaci, mi hanno aiutato a maturare, a sentirmi un poa?? piA1 appagatoa??a?|
Credo che in questi Paesi calore, sorrisi, occhi e sguardi, affetto e amore siano riservati soprattutto agli stranieri. Tu, straniero, ami loro e te ne incanti. Loro sa??incantano con te e di te. La??amore risponde alla??amorea?|
Sarebbe da riflettere su questa singolare dialettica, per la quale siamo noi stessi davvero a??g in tutta libertA? a??g quando siamo con gli altri. Non a casa, non coi nostri connazionali. La patria come deserto (di gioie, di sentimenti, di amore). La??altrove come oasi che ci dA? serenitA? e ci rigenera. A? da rifletterci!
SA??, credo che sia proprio questa la cosa piA1 importante che ha reso eccezionali questi anni a?| Sono tornato a sognare, cosa che non ero piA1 capace di fare da tanto tempo. Da quando ero ragazzino, giA? dai miei 13/14 anni, ho dovuto rinunciare ad alcuni sogni e la mia vita ha preso una strada completamente diversa, proprio a seguito di queste rinunce. Quindi, il viaggio ha ragione di esistere perchAc mi ha offerto di nuovo la possibilitA? di tornare ad avere sogni che mi danno la forza e la voglia di fare progetti, di avere nuove speranze. Il blog e la??energia che ci metto per scriverlo, sono un esempio della??espressione di questa forza e di questo cambiamento. Certo ho sempre, di tanto in tanto, momenti di forte pessimismo rispetto alla vita, al mio futuro e alla mia condizione di essere umano rispetto alle proprie emozioni, ma vivo molto meglio con queste idee e queste convinzioni.
Il viaggio nella??altrove come recupero di un altro altrove: quello della??infanzia e della??adolescenza. Ecco perchAc provi spesso tenerezza: ti avvicini a coloro che ti suscitano tenerezza, come nei tempi lontani del tuo passato. Ritrovi ciA2 che allora hai sperimentato solo fuggevolmente, e puoi permetterti, adesso, di viverlo in modo piA1 forte e piA1 consapevole. E tuttaviaa?| la tenerezza della??adolescenza resta. Sempre viva, come una fonte che non cessa di zampillare. Non a caso accenni spesso a colori, sorrisi, calore umano, bellezza e amorea?| e tanto tempo a disposizione! Vedi? Sorrisi, calore umano, bellezza e amore! Anche i colori sono qualcosa di non verbale. Una forma di comunicazione (parzialmente) censurata nei Paesi occidentali, e ancora viva, forse, nel Medio Oriente e nei Paesi del Maghreb.
Ca??A?N una frase che mi ha accompagnato spesso : a??Tu sei un bravo uomoa??, una frase che mi hanno ripetuto in tanti e che mi faceva piacere sentirmi dire. Spero di ritrovarmi e di ritrovare lo spirito di questa frase anche in Asia.
Ora credo di essere pronto a viaggiare diversamente. Quello che ho vissuto in Nord Africa e in Medio Oriente A?N stato eccezionale, unico, almeno per me. Ora volgerA2 altrove il mio sguardo, e anche il mio cuore, verso altri mondi, altri universi, per incrociare occhi e sorrisi differenti. Ma tutto questo lo scopriremo insieme col tempo.
Ancora una domanda. Prima di te altri scrittori o pensatori hanno sperimentato l'importanza del viaggio come esperienza di conoscenza. Qualche libro ha segnato in modo particolare la tua formazione? Qualche autore?
Potrei fare i nomi di vari scrittori e di testi che mi hanno accompagnato in tanti anni di viaggi, lasciando un segno importante, da Conrad a Kerouac, da Terzani a Bill Bryson o allo stesso Chatwin, che menzionavi poco fa; da racconti significativi come "On the road" e "In Patagonia" a a??Un indovino mi dissea??, ma nessuno di essi ha inciso sul mio percorso culturale ed umano in maniera piA1 marcata di altri. Tutti loro, insieme, credo abbiano semplicemente contribuito a facilitare questa mia apertura verso l'altro, ad aiutarmi indirettamente nelle mie scelte di vita, a sviluppare questo progressivo e forse inconsapevole desiderio di scoprire il mondo, seguito con gli anni dalla necessitA? di raccontarlo in prima persona.
Mi sono sempre reputato un comunicatore verbale, piuttosto che uno a??scrittorea??, ma col tempo ho scoperto una??irresistibile passione, inaspettata, ovvero scrivere e raccontarmi. Le mie letture, legate alle sensazioni di viaggi fatti di scoperte emotive e conoscenze umane, credo mi siano ritornate utili nel momento stesso in cui ho sentito il bisogno di esprimere con maggiore concretezza il mondo straordinario che solo un viaggio puA2 offrire. Ognuno di questi autori, quindi, A?N stato in qualche modo un punto di riferimento, nel mio viaggiare e scrivere di questi ultimi anni.
Ca??A?N qualcosa che vorresti dire agli studenti della??Orientale che leggeranno questa intervista? Secondo te, come dovrebbero vivere la loro esperienza nella??Ateneo? E che cosa, a tuo avviso, puA2 dar loro la??UniversitA? a??La??Orientalea?? nel suo insieme (come esperienza complessiva)?
La scelta del proprio percorso universitario non A?N sempre facile. Al primo anno di studi, io stesso ero confuso, non ero sicuro che la mia scelta fosse stata quella giusta, cosA?? come per i corsi e gli esami che avevo indicato per il piano di studi. CiA2 che ho cercato di fare in quel primo anno A?N stato guardarmi intorno, ascoltare, vedere le possibilitA? che a??La??Orientalea?? poteva offrirmi, aprire le porte sulla conoscenza che lA??, piuttosto che in un altro Ateneo, sentivo che avevo la possibilitA? di varcare. Lo ripeto: in quei primi anni sono stato una vera spugna e, se da un lato ho avuto qualche difficoltA? di adattamento a metodi di studi del tutto diversi da quelli ai quali ero stato abituato venendo da una scuola professionale, dalla??altro ho potuto iniziare con grande naturalezza questa??apertura al mondo, che ormai da anni caratterizza la mia vita, le mie scelte ed anche le miei emozioni.
Chiunque decida di fare ingresso a a??La??Orientalea??, credo debba mettere in conto da subito la possibilitA? di partire e di viaggiare, anche per brevi periodi, affinchAc il corso di studi scelto, nonchAc lo studio di una o piA1 lingue straniere, acquisti col tempo un senso piA1 profondo ed esca dal binario prettamente universitario, per acquistare forma, sostanza e concretezza. Credo che questo sia un punto importante che ogni studente dovrebbe tenere presente iscrivendosi in un Istituto di questo tipo.
Al tempo stesso mi sento di dire che la??UniversitA? dovrebbe essere vissuta da tutti anche in senso molto piA1 ampio, non limitandosi soltanto alle ore di lezione, agli esami e al proprio corso di studi. La??UniversitA? va intesa anche come luogo da??incontro di conoscenze e di molteplici punti di vista che, in un modo o in un altro, possono influenzare il proprio percorso universitario ed umano. Nel mio caso, i movimenti studenteschi del 1994, che portarono avanti mesi di scioperi e una lunga occupazione della??Ateneo, rappresentano una??esperienza importante nella mia vita e nel mio percorso alla??interno di una??UniversitA? che stava ormai cambiando, a causa della??autonomia finanziaria degli Atenei e del conseguente sgretolamento della??UniversitA? pubblica e, io credo, anche del sapere ad esso legata.
In quel periodo, sulla??onda dello spirito di cambiamento e da??innovazione che diede vita a vari gruppi studenteschi e associazioni culturali, mi candidai insieme ad altri colleghi alle elezioni dei rappresentanti degli studenti presso gli organi universitari, elezioni che con mia gioia e stupore vinsi sia per la FacoltA? di Lettere e Filosofia che per il Consiglio di Amministrazione generale della??Ateneo. La mia fu purtroppo una??esperienza molto breve, perchAc pochi mesi dopo la nomina partii per prestare servizio civile presso una struttura associativa del sud da??Italia, e fui costretto a dare le dimissioni in ambedue gli incarichi. Quella??esperienza fu comunque molto significativa, non soltanto perchAc mi permise di condividere un desiderio comune con altri studenti e colleghi, ma perchAc mi aprA?? le porte verso un ideale di principi in cui ho sempre creduto ma che in quei mesi la??UniversitA?, nel bene e nel male, mi aiutA2 a capire e a sviluppare, ideali di condivisione, di paritA?, di umanitA? e di uguaglianza nella??accesso alla conoscenza.
Idee e ideali che tutta??oggi mi accompagnano nelle mie scelte di vita.
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- Intervista a Massimiliano Del Vacchio -
sotto i suoi balconi, fino a notte fonda.
Interroga gli dA?Ni silenziosi
sulla salute, sulla malattia,
sulla??inizio e sulla fine.
Solo con se stesso, estraneo
spesso, ma familiare a tutti,
antichi pensieri lo visitarono presto.
Ora lo sa: gli resta
ciA2 che ha avuto, e quindi, in altro senso,
soprattutto,
la??aver dato.
Avverte vuoti improvvisi,
in piazza e nelle strade.
Ed A?N
come se nulla fosse,
nessuno piA1 ne parla.
Nelle strade senza tempo,
quando gli amici morti
tornano a farsi vivi,
non si sottrae.
Ascolta ciA2 che non dicono.
15.XI.2012
- CiA2 che non dicono -
Pier Luigi ne A?N convinto. Non bisogna mai lasciare la??ufficio prima che sia passata almeno mezza??ora dalla??orario di chiusura. Se si chiude prima la??ufficio o si lascia il lavoro in sospeso per qualche motivo possono verificarsi disgrazie inimmaginabili. Eh, lo sa bene lui, e come se lo sa! Fu proprio il primo giorno, in vita sua, che, a causa di un insistente mal di testa, si decise a lasciare il suo rinomato studio di commercialista mezza??ora prima del solito, non avendo nienta??altro da fare per quel giorno, per giunta, fu proprio quel giorno, dicevo, che gli capitA2 di incontrare Linda. Dopo un anno e sei mesi da quel pomeriggio piovoso (e stregato!) di fine settembre, si sono sposati: un commercialista bergamasco e una professoressa di lettere antiche napoletana. E da, allora, la loro vita assieme si svolge alla??insegna dello scontro di civiltA?, quella del labor contro quella del logos. E in questo perenne scontro Pier Luigi soffre dal momento che, a suo dire: a??ho paura di lei perchAc mi rende felicea??.
- E mmA2 fammi guidare a me.
Mi disse la mia cicetta appena lasciata la tangenziale, all‟uscita Vomero, la prima volta che venimmo a Napoli, per giunta in auto. Io mi rifiutai, naturalmente. Il mio amato SUV nelle tue mani, tesoruccio? Fossi matto! Per la veritA? neanche lo sapevo ancora come guidasse ma, cosA??, per principio. E poi cosa puA2 saperne una professoressa di latino e greco di automobili? Mica c‟erano nell‟antichitA?!
- Fai guidare me, amore, che ti stresserai a guidare qui al Vomeroa?|
- Stai tranquilla, Linda, cosa ci sarA? mai di diverso a guidare tra il Vomero e qualunque altro posto?
Le ultime parole famose come nelle vignette della Settimana Enigmistica. Inenarrabile. Altro che stressato! Ne rimasi traumatizzato. Inenarrabile! Riesco solo a dire che mi ritrovai in un fiume di auto che procedevano senza criterio, per lo meno quello del codice automobilistico, e spuntavano inavvertitamente da ogni dove. Arrivammo a destinazione che ero sull‟orlo di una crisi di nervi e non era ancora finita. Il parcheggio. Non sapevo ancora cosa fosse l‟esperienza del parcheggio.
A via Eduardo Dalbono, come d‟altronde in tutto il resto del Vomero, il parcheggio A?N una specie di miraggio o, forse, un miracolo, ecco: se trovi posto per parcheggiare, sei stato miracolato! E, naturalmente, non esiste altro tipo di parcheggio se non quello lungo i marciapiedi, per cui le auto rimangono all‟addiaccio, nelle strade, prive di qualunque protezione: i garage sono rarissimi e costosissimi. E la Linda, prevedendo che mi avrebbe inquietato alquanto l‟idea di lasciare l‟auto in balia dell‟ignoto, aveva avvertito il suo papA? cosicchA?N appena arrivati sotto casa, mio suocero mi fa:
- Non scendere neanche dalla macchina e seguimi, andiamo direttamente a posarla al garage.
Sono ancora tutto frastornato che la Linda interviene dicendo: a??Vatti a riposare, ci penso io a portarla al garagea??. a??Ma mi hai preso per un bambino? Ci vuol ben altro per stancarmi, amore (Vigliacco!!!)a?? Ma che figura ci avrei fatto con mi suocero e, passi pure con mio suocero, ma con mia moglie! Nooooo! Dovevo assolutamente proseguire e, d‟altronde, dove poteva essere il garage?
Ai Camaldoli! Il garage era ai Camaldoli, a quasi dieci km di distanza da casa dei mie suoceri, dove avremmo soggiornato per una settimana! A quasi dieci km e a piA1 di due ore di viaggio!!! Noooo! Voglio tornare a casa! Aveva ragione la mia mamma! Vedi Napoli e poi muori, si dice, e io quella sera mi sentii morire.
CosA?? mi sono sempre figurato i posti in cui vengono portati gli ostaggi in mano ai sequestratori sardi: dopo il mare di traffico nella giungla d‟asfalto non mi sembrava possibile che ci trovassimo in aperta campagna, una specie di borgo rurale in cui ho visto anche delle oche razzolare per strada a?| o, forse, era un miraggio, una proiezione del mio desiderio di fuga da quella cittA? tentacolare. Ci avevamo impiegato piA1 di un‟ora ma il contachilometri ne segnava poco meno di dieci. Com‟era possibile?
- AccussA?? stai piA1 tranquillo. Nu scipp‟tiell‟, Nu graff‟tiell‟, p‟ miezz‟ a via, so quasi assicurati. AccussA??, invece, a machina sta riguardata, e voi usate questa qua. Che tanto io vado sempre a piedi.
Una mini rossa vecchio tipo, vecchissimo tipo, cosA?? piccola che mi sembrava di stare in una scatola di sardine.
- A vuA2 guidA? tu? Vuoi familiarizzare?
- No, no, grazie, guidi pure lei.
Torno a casa cotto sfinito mentre Linda sembra rinata: tutta bella, vaporosa, allegra.
- Amore, vatti a fare una doccia, cosA?? ti rinfreschi e a?| tesoro, se ti va, ci andiamo a fare una pizza che ne ho una voglia a?|
- Ma certo, amore, una doccia e sono come nuovo (Ipocrita! Vigliacco e Ipocrita! Che ci voleva a dirle: a??se ci tieni tanto vacci pure da sola, io vado a farmi una dormitaa?? oppure, meglio ancora, a??non se ne parla nemmeno, stasera si sta a casa e basta!a?? SA??, figurati! Dove lo trovo il coraggio per dirle una cosa del genere? E, poi, siamo appena
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arrivati nella sua Napoli, a dire a??bellaa?? non riesco, non sono abbastanza ipocrita!)
Quella lunga terribile giornata si concluse a mezzanotte passata dopo una serata in pizzeria con gli amici di mia moglie, reclutati seduta stante e che immediatamente accettarono l‟invito. E, finalmente, ce ne andammo a dormire.
Il mattino dopo perA2 inaspettatamente mi svegliai presto. C‟era un bel sole che illuminava le fessure dell‟avvolgibile e cosA?? mi alzai mentre la Linda ancora dormiva. La casa era silenziosa, anche i miei suoceri dormivano. Me ne andai nel soggiorno da dove uscii sul balconcino e, meraviglia delle meraviglie, vidi un agrumeto circondato dai palazzi. SA??, il palazzo in cui mia moglie A?N cresciuta in via Dalbono contiene al suo interno un grande giardino con aranci, limoni e mandarini e che profumo di zagare! E pure aroma di caffA?N, veniva proprio da lA??, dal giardino, dove un‟anziana signora prendeva il suo caffA?N conversando amabilmente con un enorme gatto persiano che, pochi secondi dopo, seppi rispondere al nome di BabbA?, esattamente come la perla della pasticceria napoletana a??g a??la migliore del mondoa?? secondo mia moglie. a??g
Mi venne subito voglia di uscire, quasi una smania, sA??, non persi neanche tempo a farmi la doccia che mi infilai dei jeans e una polo a portata di mano e via, per strada. Che bell‟aria davvero! Fresca ma dolce e c‟era silenzio, ricordo che fu la prima cosa che notai. Silenzio, sA?? ma non del tutto, silenzio ma con voci umane, ancora rare a quell‟ora di mattina. Percorsi tutta via Dalbono fino allo spiazzo della funicolare di San Martino, all‟epoca perA2 ancora non sapevo tutti questi nomi, e da lA?? mi diressi verso la scalinata che sta proprio di fronte. Che prospettiva! Si vedeva una lunga strada che separava in due la cittA?, o quella parte che se ne vedeva da lA??, al centro dopo i due tratti di scalinata una piazza con una palma a??g all‟epoca c‟era ancora la palma a??g e poi una sequenza di alberi sui due lati di una strada. Vista cosA??, Napoli, sembrava una cittA? normale, ben organizzata, lineare, moderna a?| ma dov‟erano il mare e il Vesuvio? Questo quartiere sembrava non avere il paesaggio ma essere fatto unicamente di palazzi, strade, alberi e persone. Persino le auto mi sembravano poche. Scendo le scale, attraverso la piazza con la palma al centro e dei bei palazzi bianchi tutt‟intorno, percorro tutta la via alberata e mi accorgo trattarsi di bei platani. Poi qualcosa mi dice di tornare indietro. Risalgo la strada dei platani e riattraverso la piazza, giunto quasi all‟altezza delle scale che mi avrebbero riportato a casa, dalla Linda, vengo rapito da un profumo di pane e brioche. Ne compro una grossa a forma di treccia con la granella di zucchero e continuo la mia esplorazione. Che posto strano, questo Vomero! Ci si sta bene eppure ancora non capivo perchAc a?| ed ero ossessionato dalla ricerca del mare e del Vesuvio. Ma
questo A?N un posto tutto costruito, una specie di paradiso per muratori, architetti e ingegneri: palazzi antichi e nuovi, belli, molto, una metropolitana, una funicolare, un‟altra funicolare dopo pochi passi. Un quartiere con la smania dei collegamenti. Prendo una stradina che si dipana in parte alla seconda funicolare. Palazzi e verde. Ma noto che A?N in pendenza. Dapprima A?N larga e luminosa poi diventa piA1 stretta e ripida, costeggiata da proprietA? private dai cui cancelli si nota una folta vegetazione, tutta in disordine, tanto per cambiare. E, intanto, la strada lascia il posto a una specie di scaletta, una specie di grossa scala a chiocciola in pietra nera. Continuo a scendere ma sono un po‟ inquieto: dove mi porta quella scala a chiocciola e di quanto mi sto allontanando da solo e senza il cellulare dalla mia Linda? E se mi perdo? Ma non posso farne a meno devo scendere e d‟un tratto la scala a chiocciola finisce e la strada diventa pianeggiante e luminosa: ma che luce, ragazzi!!! Giro la testa verso destra e finalmente: il mare! Il golfo, il Vesuvio, la penisola sorrentina, Carpi e Ischia!!!! Ma non A?N finita! E no! Prima di tutto questo, guardando in basso tutto un intrico di palazzi antichi, alcuni in ristrutturazione, aggrappati al fianco della collina e proiettati verso il mare, chissA? che panorama da quel terrazzo laggiA1?! E guardando verso l‟alto un‟altra sequenza di palazzi abbarbicati al fianco della collina che sale fino alla cima dove c‟A?N una specie di castello tutto bianco: che meraviglia! E che colori! Un palazzo in particolare ha la facciata in un punto speciale di indaco a?|
Allora capii che il Vomero A?N l‟esperienza della ricerca del paesaggio partenopeo, che non A?N una cartolina ma un viaggio. Davanti a quello spettacolo pensai che un posto cosA?? merita di piA1! Merita di essere conosciuto, valorizzato, ragazzi! Se non fosse stato per la Linda non avrei conosciuto questa meraviglia! SA??, no, eh, che nessuno ne parla: tutti a dire dei Quartieri Spagnoli, degli scippi, delle truffe e della spazzatura ma nessuno che ti dica dello spettacolo del Vomero! A? tutta invidia!!! Ma cosa aspettano a fare la secessione! Vomeresi, guidiamo la secessione dal Centro-Nord! Rendiamoci autonomi da chi ci vuole male e ci fa fare pure una brutta figura! Cosa ci sta a fare Nebbialand con le prospettive vomeresi! Quasi, quasi torno su, approfitto che sono tutti a dormire e stilo il piano finanziario e strategico della secessione del Sud a?|
E, invece, sono rimasto a godermi il mare e lo spettacolo delle navi che lasciavano il porto.
Eh, il Vomero mi aveva tanto spaventato all‟arrivo e tanto innamorato la mattina dopoa?|
Anche stamattina mi sono svegliato presto, siamo arrivati giusto ieri, la Linda e io, e mentre lei e buona parte dei vomeresi sonnecchiano, sono uscito a fare una passeggiata. Ancora c‟A?N fresco e silenzio per le strade e in fondo a via Luca Giordano scendo le scale, attraverso la strada e mi prendo
una boccata di mare. Ah! Oramai conosco bene il quartiere, ne apprezzo tutto: suoni, negozi, profumi e sapori. Mentre guardo lo spettacolo azzurro incorniciato da due bei palazzi d‟epoca in punta alle scale di via Aniello Falcone, mi viene in mente il sapore del biscotto amarena a?| mmmh, buono, alla Linda piace un mondo. Raggiungo in fretta il fornaio di via Luca Giordano che li fa proprio a dovere e ne prendo un bel po‟. Torno a casa per preparare la colazione alla mia bella ma mi affaccio al balconcino della cucina e la signorina De Iudicibus sta parlando con BabbA? mentre prende il caffA?N, che profumo il caffA?N della De Iudicibus! BabbA? alza lo sguardo e mi miagola un buongiorno:
- Buon giorno, Pier Luigi, perchA?N non ti vieni a prendere il caffA?N da noi l‟ho appena fatto?
- Volentieri, scendo subito!
Non me lo faccio ripetere e porto con me un po‟ di biscotti amarena.
Mentre ci gustiamo caffA?N e biscottini, sento che le persiane della nostra camera si aprono e vedo la Linda che si stiracchia tutta, ancora in camicia, sul balconcino.
- Linda, buongiorno! a??g le dico dal giardino.
- Pier Luigi ma stai lA?? Buongiorno, Dolores!
BabbA? le miagola di scendere anche lei.
- Linda, hai sentito a BabbA?, che aspetti? Il caffA?N A?N ancora caldo e tuo marito ha portato i biscotti amarena a?|
- E, allora, scendo subito!
Con indosso una bella vestaglietta bianca la Linda ci raggiunge nell‟agrumeto vomerese.
BabbA? le va incontro, Linda si china ad accarezzarlo e il gattone le salta in grembo, allora, ci raggiunge con quel nuvolone bianco in braccio.
- Guarda quanto A?N bello, amore! Ce lo prendiamo pure noi un gattino, eh, Pier LuA???
- (Ma Linda, perchAc non facciamo un bambino piuttosto?!) a?|.
- Vomero City -
ferite e cicatrici,
quasi stanza di ricordi del passato,
conserva anche te,
le tue parole,
e le miea?|
Tu che sei alla ricerca delle stelle,
scrivi di viaggi cosmici,
e cerchi la gloria.
Io vivo in un giardino segreto,
devota alle mie veritA?.
Eri vero, per me.
Ti amavo.
Avrei lasciato tutto
per ciA2 che significavi,
per il brivido che la tua presenza
mi suscitava,
per la??incontenibile emozione,
che si accompagnava a te,
al tuo viso,
ai tuoi sorrisi dolci
e malinconici.
Ora la mia parola A?N accartocciata.
Non so piA1 dire la??amore,
nAc la sua fine.
Distruggo ricordi
immagini
ogni traccia.
Tu corri come le stagioni.
Sempre diverso
e sempre uguale.
Forse anche tu
prigioniero di qualcosa,
da??un sogno che non riesci
a far diventare realtA?.
Tra le verdi foglie da??agosto
e le piogge che ora schiacciano un altro inverno
io, come un insetto, sto chiusa.
Mi proteggo.
Ma ricordo che sei
come una??onda lunga
che non porta a riva.
- Onda lunga -
Dapprima presenze-lontananze sfuocate:
poi sembravano chiarirsi allo sguardo.
Ma una notte
ho rinunciato al grande viaggio.
Quella notte, ma??hai lasciato in dono
un libro minuscolo.
Andando al lavoro, la??ho letto,
senza interrompere.
Era sul vivere e sul morire
a causa di quel che non accade,
nAc si dice, il senza-parola
che parla e decide oltre il silenzio.
Il libro mi portava la??Oriente:
il fascino, la difficoltA?.
Leggendo, me ne sono ricordato a??g
la??avevo giA? letto,
solo che ora usciva dal nascosto,
con la tua dedica,
si veniva a comporre in evidenza
nella mia trama.
Quando sono arrivato alla fermata del bus,
dopo il treno,
una voce straniera mi ha domandato
la??orario di partenza.
Ho alzato gli occhi. Ho riconosciuto
la pelle scura
e le dita piene di anelli da??argento
di un ragazzo indiano.
Vallo della Lucania, 11. 11. 2011
- Oriente -
Non si A?N piA1 quel bambino che, guardando il suo riflesso, va a cercarsi dietro lo specchio; da quel momento si riconoscerA? quello sguardo come il proprio sguardo, e una leggera inquietudine sarA? il segno che una parte di sAc non A?N in quella superficie riflettente. Le idee, i pensieri, le emozioni, i sentimenti sfuggono alla capacitA? mimetica dello specchio, sono quella??invisibile di noi che per tutta la vita cercheremo di decifrare.
I libri fanno da spartiacque. Nel succedersi sempre uguale dei nostri giorni separano un a??primaa?? e un a??dopoa??. Si procede, anche il tempo procede, a??finchAc non si scorge dinanzi a noi una sottile linea da??ombraa??: la prima pagina letta A?N giA? un passo oltre quel confine. E non importa se questo evento, spesso, A?N come una??irruzione; accade con la forza e la??impetuositA? di un vento che sbatte le imposte e spalanca le finestre, portando disordine e confusione tra i nostri fogli immobili e silenziosi, addormentati sullo scrittoio.
Nella regione sconosciuta e labirintica in cui la lettura inevitabilmente conduce, ci sentiamo perA2 come a??a casaa??. PerchAc ciA2 a cui si va incontro non A?N un disorientamento il cui rischio A?N la deriva, ma A?N la possibilitA? stessa di attraversare il labirinto della vita, di renderlo praticabile. E, soprattutto, A?N forse dai libri che si impara a percorrere, con intensitA? e passione, tutti i sentieri che riusciremo a disegnare. A camminare con passo leggero ma deciso, ad amare quelle vie, anche se dovremo abbandonarle, quando alla??improvviso si giungerA? in una strada senza uscita.
In questa??affascinante topografia della??anima, i libri possono diventare luogo natio, e patria di ogni cammino. Un legame indissolubile e immediato unisce alla lettura, che diventa il sottofondo, ininterrotto e costante, delle nostre giornate. Nel libro si cercano risposte, ma con la speranza che esse si sovvertano presto in nuove domande. Il libro sa dar voce alla forza delle passioni, a ciA2 che per essenza A?N muto ma che ha bisogno di esser detto, raccontato, e condiviso. Il libro istruisce, insegna, guida, acuisce lo sguardo e, come un caleidoscopio, moltiplica le prospettive, perchAc la veritA? non A?N una sola, e non A?N mai la stessa.
E, non ultimo, ogni libro A?N sempre una lunga meditazione su se stessi, quando si impara a compitare nella propria interioritA? le parole che hanno preso vita sulla carta. E, soprattutto, importante A?N leggere tra le righe, decifrare lo spazio bianco, le pause, il non detto, i silenzi della pagina. Per far questo, occorre un alfabeto interiore, che non si apprende, ma che affiora, emergendo come una terra sommersa, dal multiforme paesaggio del nostro io.
Non A?N lo stesso con lo scrivere. La scrittura non possiede la??immediatezza della lettura. Tra il foglio bianco e le parole, ca??A?N la nostra persona, la nostra storia, il limite della nostra individualitA?. Spesso, troppo impegnata a vivere per poter raccontare, e raccontarsi. a??PerchAc scrivere, allora? Che senso avrebbe?a??, ci si chiede. Mentre si lascia cadere la penna, si spegne il cursore del mouse, per non correre il pericolo di essere troppo particolari, troppo legati a se stessi; perchAc la??autore non diventi, paradossalmente, un personaggio immaginario, che si inventa per raccontare le proprie finzioni.
Timori sbagliati, questi, obiezioni che non rispondono alla realtA? delle cose. La forza della scrittura sta proprio nella ricchezza e nella fragilitA? della vita di chi racconta. Scrivere puA2 anche rispondere al bisogno di rivelarsi, a volte tanto forte come quello di respirare; ma quando si traducono in parole pensieri ed emozioni, e si fa uscire dalla penombra ciA2 che si A?N sentito, prende avvio un percorso verso la??esterno di se stessi, si getta un ponte verso la??altro. Si apre uno spazio di condivisione.
Scrivere A?N una trasfigurazione di se stessi e del proprio vissuto, che chiama il lettore come testimone delle vicende raccontate e delle emozioni provate. Vicende ed emozioni che, seppur non ha vissuto in prima persona, di certo puA2 riconoscere come proprie possibilitA?, che il passato ha giA? realizzato, o di cui il futuro potrebbe rivestirsi. La??inchiostro dello scrivere A?N la vita.
Lo ha spiegato molto bene Claudio Magris: A??Scrivere A?N trascrivere. Anche quando inventa, uno scrittore trascrive storie e cose di cui la vita lo ha reso partecipe: senza certi volti, certi eventi grandi o minimi, certi personaggi, certe luci, certe ombre, certi paesaggi, certi momenti di felicitA? e disperazione, tante pagine non sarebbero nateA?? (dal discorso alla cerimonia di consegna del Premio Principe delle Asturie, 22 ottobre 2004; citato nel Corriere della sera, 23 ottobre 2004).
Qualche sera fa, ad un programma su Rai Tre (Chetempochefa, 29 ottobre), interviene Alessandro Baricco, con un meraviglioso monologo sul perchAc si scrive. A questa domanda risponde parafrasando un passo di Henri Focillon, che spiegava ai suoi contemporanei francesi come accostarsi alle stampe di Hokusai (1760-1849), pittore e incisore giapponese, che quindi apparteneva ad una cultura lontana da quella francese ottocentesca.
A chi avrebbe voluto trovare in quelle incisioni insegnamenti, un senso morale, o una qualsiasi forma di assoluto, Focillon precisava: A??Quando un giapponese sfoglia una raccolta di stampe, quello che fa A?N guardare una scelta di quanto nella??universo ca??A?N di piA1 raro, e nella??uomo sensibile di piA1 caro, forgiato in un materiale affascinante per la??unico scopo di testimoniare il genio umano e il gusto di un maestroA??. Come a dire: nelle stampe A?N in scena il miracolo della??istante, del qui ed ora, vivificato dal gesto e dal cuore della??artista.
Riprendendo Focillon, Baricco afferma: A??Scriviamo libri, e quel che facciamo A?N scegliere tra quanto di piA1 raro ca??A?N nella??universo e di piA1 caro ca??A?N nel nostro animo. E lo lavoriamo con le mani in un materiale affascinante che A?N la lingua, le parole, il suono delle parole, il respiro della storia. E tutto questo solo perchAc vogliamo testimoniare ciA2 di cui A?N capace un certo genio umano, e per esprimere, in qualche modo, il gusto di un maestro che, in quel momento, siamo noi. Niente piA1 di questo, ma niente, niente meno di questoA??.
Ma la scrittura non A?N solo questo. La pagina bianca puA2 diventare lo spazio in cui ricostruire i segmenti della propria esistenza, e ricomporre frammenti del proprio tempo interiore. Scrivere A?N invitare al dialogo le regioni piA1 remote della??io, A?N porsi in ascolto di suoni e melodie che il frastuono del mondo mette a tacere. A? annotare ogni movimento della??anima, registrare la flA??nerie dei pensieri, tracciare i voli della??immaginazione. Scrivere A?N conversare con se stessi; A?N un desiderio, forse un bisogno, ma A?N da questo colloquio intimo che nascono le pagine piA1 belle. Quelle che colorano di vita vissuta ogni storia raccontata, e che danno intensitA? e spessore ai personaggi di cui si inventa la vita.
La scrittura A?N fatta di mille e piA1 corsi da??acqua, ciascuno con una propria sorgente, ma tutti giungono al mare del racconto. Per alcuni autori, e Baricco ne A?N un esempio, la raritA? e la bellezza della storia narrata sono espressione del genio umano. Chi invece scrive su carta molto piA1 leggera, e con una penna meno importante, si sente piA1 vicino alla??imperatore Adriano, cosA?? come descritto dalla Yourcenar nella meditazione dedicata ai suoi ricordi, e da cui hanno preso le mosse queste riflessioni. La sua affermazione A?N di una bellezza senza pari: A??La parola scritta ma??ha insegnato ad ascoltare la voce umana, pressa??a poco come gli atteggiamenti maestosi e immoti delle statue ma??hanno insegnato ad apprezzare i gesti degli uomini. Viceversa, con la??andar del tempo, la vita ma??ha chiarito i libriA??.
Nelle pagine scritte, imparo ad ascoltare la mia voce, quella di chi mi sta accanto, forse anche quella di chi non ca??A?N ancora. Forse, un giorno, anche a me la vita illuminerA? i libri.
- La??inchiostro dello scrivere A?N la vita -
Inizio parlando di una??idea, perchAc il viaggio questo A?N, una semplice idea, A?N la??idea che ci portiamo dentro, e che ci facciamo di un luogo ancor prima di averlo visto. La??insieme di notizie, di immagini, e di aspettative: questo A?N un viaggio prima ancora di diventare tale, A?N ciA2 che noi ci aspettiamo che sia, A?N una semplice idea.
Poi ca??A?N la??idea che ci facciamo durante la visita: ciA2 che prima avevamo costruito nella nostra mente, viene adesso smontato e rimontato, con tutte le delusioni del caso. CiA2 che adesso notiamo, una volta entrati nella realtA? del viaggio, sono le distanze, il tessuto urbano, la??altezza dei palazzi, e la vita che scorre nella sua normalitA?, perchAc in fin dei conti, per quanto un luogo ci appaia fatato, una volta lA??, non A?N nAc piA1 e nAc meno dissimile da casa nostra.
Ma poi ca??A?N una terza idea del viaggio, ovvero quanto ci rimane al nostro ritorno, quella??insieme di ricordi che lentamente prendono forma nella nostra mente. Lo sporco va via, e resta un luogo ideale, qualcosa di tanto irreale quanto la??idea che avevamo prima di partire; ma idealizzare un posto fa parte del gioco, serve a rendercelo unico, indimenticabile, perchAc adesso abbiamo dato il giusto valore alla nostra esperienza.
Ora, dovendo fare un quadro di ciA2 che per me A?N ed A?N stata Budapest, la??impresa in sAc risulta ardua e forse vana. Il mio primo viaggio fu nella??estate del 2000, e da allora sono tornato nella capitale diverse volte, per periodi brevi e lunghi. Credo, in totale, di aver trascorso lA?? cinque anni della mia vita.
Quindi per me, la??Ungheria non A?N solo un posto di passaggio, ma un luogo della??anima, la mia seconda casa, A?N quella Nazione dove sogno sempre di tornare a vivere, ed A?N il paese da cui fuggo, perchAc per me A?N perfetto, e quindi rischierei di trasformarlo nella mia casa, con tutti gli annessi e connessi.
I soggiorni lunghi sono stati in tutto cinque, e andavano dai quattro mesi ai tre anni. In ogni viaggio si A?N formata in me una Budapest diversa, perchAc diversa era la realtA? in cui mi trovavo immerso, diversa la mia abitazione, diverso il mio ruolo e stato da??animo.
Forse la piA1 bella A?N la Budapest del mio primo anno, il 2000. La??Unione Sovietica era giA? caduta da tempo, eppure restava molto di quel sistema durato per oltre quaranta??anni, quel velo malinconico e triste fatto di vernice laccata nei corridoi della??UniversitA?, di auto Trabant che ancora affollavano le strade, delle facciate dei palazzi ancora sporchi. Quando arrivai, ricordo che la??unico monumento che era stato restaurato era il Ponte delle Catene. Adesso invece il centro A?N stato ripulito, la cittA? appare meravigliosa, ma forse priva di quel fascino decadente che la rendeva unica.
Ca??A?N poi la Budapest del 2003, giA? cambiata. Soprattutto notavo le auto nuove di zecca sfrecciare per le strade, non importa che la gente le avesse acquistate a rate. La??Occidente era arrivato e tutti ne volevano una fetta.
Io, come sempre, restavo ancorato ai miei palazzi del quartiere ebraico, la mia piccola isola nella??isola, quel quadrilatero abitato dagli Ebrei, gente splendida che mi avevano accolto nella loro comunitA? invitandomi a scoprire un pezzetto del loro mondo.
Dei miei soggiorni ricordo i mercati rionali, pieni di frutta triste, sciupata, di limoni quasi ammuffiti provenienti da chissA? quali scarti dei mercati della??Europa della??Ovest, ricordo i cieli alti e tersi e il freddo entrarti nei polmoni, ricordo le infinite camminate su e giA1 per le colline di Buda, a godermi i colori della??autunno, quei colori assenti in Sicilia perennemente baciata dagli alberi sempre verdi.
Ricordo le linee dei tram che dal centro giungevano in periferie anonime, invase dai palazzoni costruiti durante il socialismo, quei tram pieni di anziani, legati alle loro buste di plastica e ai loro ricordi.
Allora passavo le mie giornate al dipartimento di Mongolistica, a godermi la compagnia dei libri che assediavano la piccola biblioteca dove potevo finalmente trovare tutti i testi dedicati ai popoli nomadi e alla??epopea di Gengis Khan. Studiavo il mongolo attraverso libri di grammatica scritti in tedesco, e vagavo da una biblioteca alla??altra in cerca di testi da fotocopiare e conservare.
Sono stati anni di vero nomadismo urbano, mi trovato alla??estero, a fare ricerca sui popoli nomadi, in una nazione fondata da nomadi! Non potevo chiedere di meglio! Ero esattamente dove volevo essere!
Frequentavo la biblioteca della??Accademia delle scienze, quella del castello, della Central European University, la Szabo Ervin, e di altre FacoltA?. Le giornate passavano in un intenso lavoro di ricerca e di attesa, di silenzi e passeggiate, di enormi solitudini e di viaggi su e giA1 per la cittA?.
Forse il mio amore per Budapest deriva dal fatto che in quella solitudine in cui mi sono trovato a vivere, A?N stata la mia unica compagna. Vivevo parlando con la sua storia, i palazzi, i personaggi che avevano scritto le pagine di quella gloriosa nazione, conosco ogni vicolo di quella cittA?, ogni pietra o linea dei bus, ero un passante muto che usciva la mattina di casa con la??unico impegno di dover camminare per far passare in fretta una??altra giornata vuota.
Ma Budapest non A?N stata solo la cittA? della mia solitudine. Ca??A?N stata quella del 2006, della cattedra come professore di Storia e Cultura dei Popoli Nomadi alla??UniversitA? Elte, era la Budapest del mio primo impiego in una multinazionale, lavoro che ho continuato a svolgere sino al 2009. Una nuova realtA?, una cittA? vissuta non da straniero, ma da membro attivo della comunitA?. Molti amici, colleghi, e tanti ricordi splendidi che davano un nuovo volto a quel centro che ha saputo cambiar identitA? mostrandosi sempre per quello che non era, ma che ogni volta si A?N lasciata amare come tenera amante.
Se guardo indietro, non riesco a fare una foto precisa di questa cittA?. Davanti ai miei occhi scorrono i visi di tutte le persone conosciute durante i miei soggiorni, amici che ancora sono al mio fianco, e altri di cui non ricordo neanche piA1 il nome, ma ognuno di loro A?N stato un tassello della mia vita, per un certo periodo ne ha fatto parte, e ha condiviso con me un pezzo di strada. Ora, non credo importi tanto che noi si sia ancora in contatto, credo che il vero tesoro risieda in ciA2 che ogni persona mi ha lasciato, nelle lunghe chiacchierate e nei momenti trascorsi insieme.
Adesso che sono in Sicilia, Budapest resta la cittA? ideale, quella che ogni giorno smonto e rimonto nei miei pensieri, A?N la cittA? dove sogno di tornare per poterla veder crescere; sA??, perchAc come una figlia che non si vede per molti anni, assisto da lontano ai suoi mutamenti, e ogni volta che ci torno trovo una piazza cambiata, un monumento restaurato, e mi sento quasi in colpa per non esser stato lA??, presente, durante un momento cosA?? importante per la mia cittA? adottiva.
Ma forse tutta questa bellezza A?N solo una mia convinzione, un mio idealizzare un luogo esotico dove ho condiviso parte della mia vita. Forse Budapest A?N solo una??idea come una??altra, una??idea di un luogo che non ca??A?N, eppure io ci sono stato, la??ho amata e ne sono rimasto rapito. Ho viaggiato al suo interno, sia nel tempo che nello spazio, ho assorbito la sua magia e la??ho eletta a dimora dello spirito. Del resto, ad amare un luogo non ca??A?N nulla di male, e io ho scelto Budapest come patria adottiva e luogo in cui fuggire A?N sempre dolce.
- Ricordi ungheresi -
Il tempo invece si diverte a giocare con i pensieri. Lo sguardo A?N fisso sul caffA?N per cercare di fermare un movimento ininterrotto, continuo, a volte confuso, di immagini, parole, volti, gesti, occhi. E poi libri, luoghi, memorie di giornate semplici e intensamente vissute. Passato, presente e futuro tanto vicini da non poterli distinguere, la??uno a invadere la??altro, ciascuno a volersi contendere il primato della coscienzaa?|
Tutto questo causa una lieve inquietudine, e una inaspettata e leggera malinconia. Si abbandona il tavolo della cucina, si posa delicatamente la tazzina nel lavello. La??occhio incontra, non certo casualmente, il calendario. Un sorriso inarca le labbra, a??ebbene sA??, compio gli anni oggi, ecco perchAc stamattina il caffA?N ha un sapore diverso, piA1 deciso, e piA1 dolce, insiemea?? a?|.
A??A? domenica, non ca??A?N lavoro. Di uscire non A?N il caso, non mi va. Metti pure che nei giorni di festa il traffico della cittA? A?N piA1 infernale del solitoa?|. Resto a casa, sA??. Di sicuro sentirA2, o vedrA2, le persone piA1 care, e i regali piA1 belli giungeranno, non ca??A?N bisogno che vada loro incontro.A??
E va cosA?? infatti. La giornata trascorre tra a??dentroa?? e a??fuoria??, come su una??altalena della??anima, tra pensieri piA1 intimi e riposti, e parole condivise con le persone a cui si vuol bene. Il telefono squilla di continuo, il cellulare sembra proprio contento di suonare cosA?? spesso, quasi chiamando il nome del suo proprietario. Piovono regali, il postino consegnerA? qualche lettera, ma si sa, A?N la??era di internet; ed A?N davvero piacevole leggere email che hanno tutto il calore romantico e puro di carta, pennino e calamaio.. A??anzi, devo affrettarmi a leggere, tra un poa?? la posta rischia di a??scoppiareA??.
Il mondo fuori bussa alla porta della??anima, mentre, nella??angolo piA1 riposto della??io, mente e cuore ricostruiscono un viaggio, e ne preparano un altro, nuovo, ancora piA1 bello e appassionante. Il giorno del proprio compleanno A?N cosA??: gli occhi della??oggi rimettono insieme le tessere del passato, di un mosaico che A?N sempre uguale, eppure non A?N mai lo stesso. Ogni ricordo, ogni memoria assume un posto nuovo, un colore diverso, un valore e una??importanza che non possono essere quelli di prima.
Si pensa poi alla??oggi, a ciA2 che si A?N, che si A?N diventati, a ciA2 che occupa il nostro vissuto, alla propria preziosa quotidianitA?, ai volti e ai passi di chi, insieme a noi, sta attraversando le strade della vita.
E si pensa a domani. SA??, domani sarA? un nuovo mattino. Lo spazio uscirA? dal suo immobile silenzio, che oggi fa da cornice a questi singolari percorsi della??anima. Il tempo assumerA? un ritmo meno affannoso, piA1 sereno, e la sua intensitA? di sempre, che A?N inscritta solo nel cuore di chi sa sentirlo, compitarlo, conoscerne la preziositA?. Ma ogni cosa sarA? ancora illuminata, perchAc la luce, in fondo, non viene da fuori. Promana dagli occhi di chi guarda, dai suoi gesti, dal suo passo, dal suo pensare, dal suo modo di amare, di tutelare, di sorridere, di adirarsi, di soffrire, di viverea?|
- Racconto di un mattino d'autunno -
I brevi testi che seguono non sono poesie ma "poessays", il semplice matrimonio di poesia e saggio: opinioni personali espresse indirettamente, secondo la tradizione giapponese, in modo minimalista e - più o meno - poeticamente.
Sono scritti principalmente da studenti universitari giapponesi, in lingua inglese, nell'ambito di un laboratorio di scrittura creativa in lingua straniera tenuto dal prof. John Pereira, e poi tradotti in italiano da me.
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Straniero di John Pereira
So che volete che io viva
ai margini della vostra società?.
Ma ciò che non sapete è che
non c'è altro posto dove preferirei essere,
perché si sta bene,
c'è spazio a sufficienza,
tanta aria fresca,
e nessun party di fine anno,
nessun party di inizio anno,
nessun meeting infinito,
nessun bisogno di karaoke.
Voi siete liberi di rilassarvi
e essere come volete.
Io non sfonderò nessuna porta
per entrare.
Sì! Questo gaijin è ben felice
di essere fuori.
Grazie.
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Rinascere di John Pereira
Sento spesso i Giapponesi dire
che vorrebbero visitare l'India,
la terra del Buddha,
prima di morire.
Dico sempre loro di andarci
al più presto possibile,
perché se dovessero morire,
il desiderio
se lo porterebbero dietro,
e potrebbero rinascere
indiani.
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Bonsai di John Pereira
Spesso,
nel mio giorno libero,
mi viene da pensare che
il sistema educativo giapponese
e l'arte del Bonsai
fanno riferimento
alla stessa filosofia:
mai permettere che il bambino (o la pianta)
arrivi al suo potenziale naturale.
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L'arte di vivere di Kuniko Katsumata
Chi lavora dice:
abbiamo soldi ma non più tempo.
Chi studia dice:
abbiamo tempo ma mai soldi.
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Zero spaccato di Keiji Yamanaka
Presto saranno le 11 di sera
e la mia famiglia già dorme.
Ma non io,
che sono bello sveglio,
e che oggi, in classe,
cascavo dal sonno.
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Cecità di Kumiko Onishi
Sempre mi dici:
presentami una ragazza carina!
Ma non ci vedi?
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Cloni di Asuka Matsumiya
Lo scienziato
che ha prodotto un clone umano disse:
ecco l'uomo migliore del mondo.
È un genio, certamente...
Ma conosce il nome di sua madre?
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Mele di Mayumi Sumi
Il mio frigo ne è pieno.
Il corpo freddo.
La pelle così rosa.
Come me.
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Ricordi di Mayuko Shigeta
Ricordo quella notte a Roma.
Camminammo nella pioggia
e ti bagnasti tutto.
Perché io tenevo l'ombrello.
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Il tempo di Tatsuya Koshi
Il tempo
è un viaggiatore
che non torna mai a casa.
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Fiorire di Yoshiko Kodani
Il tulipano in primavera.
Il girasole in estate.
Il cosmo in autunno.
La camelia in inverno.
Ma il mio cuore non ha stagioni?
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Armonie di Yoshiko Honda
Ho mani troppo grandi per una ragazza.
Ma non le odio.
Perché saranno le mie finchè non muoio.
E allora me le tengo.
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Gentilezza di Miho Kawamura
Su di un treno affollato
dissi a un vecchia donna
di sedersi al mio posto.
Ma lei rispose:
Non sono così vecchia.
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Amici per la pelle di Kantaro Iwasaki
Non ho soldi,
né macchina
né una ragazza.
Ma ho un buon amico.
Non ha soldi,
né macchina
né una ragazza.
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Nascondino di Keiko Yuno
Ho fatto uno scherzo
a mia madre
e lei si è molto arrabbiata,
era furibonda.
Ma poi all'improvviso
ha suonato il telefono
e lei ha risposto
calma come un angelo.
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Il mio gatto di Keiko Yuno
Ho un gatto
molto egoista
e orgoglioso.
Il mio vicino dice
che gli animali
somigliano
ai padroni.
- Poessays -
tutta la sera fuori dal padiglione
azzurro dove l'aspettavano
i campioni non fortunati
di sogni strani fatti
per durare poco
quando la
cina
A?N
vana
speranza di
amori impossibili
intervalli un po' freddi
sotto una luna impassibile
che con la sua sciarpa di seta
ride degli amanti sfortunati perchAc non
avranno piA1 tempo di cambiare i pensieri
- Raffreddore cinese -
WIP