Squarci | sabato 24 dicembre 2011

Mena Verderame

Natale di domani

Non ho voglia
di tuffarmi
in un gomitolo
di strade
Ho tanta
stanchezza
sulle spalle

Lasciatemi così
come una
cosa
posata
in un
angolo
e dimenticata…

Quante volte Luca aveva letto quella poesia di Ungaretti… quei versi accompagnavano i suoi pomeriggi di vigilia come un rituale svuotato della sua sacralità. Come quelle campane in un villaggio di contadini, che scandiscono inesorabilmente le ore di lavoro e gli attimi festivi, ma che hanno ormai un suono che si ascolta senza più sentirlo.

A questo pensava Luca, in quel pomeriggio del 24, nella sua stanza al terzo piano, richiudendo il suo libro di poesie. Anche quest’anno aveva rispettato quel rito; anche stavolta aveva attraversato, con cuore dolente e con sguardo disincantato, le immagini disegnate da Ungaretti per descrivere il suo Natale. Ancora una volta, le aveva compitate nella propria anima… la stanchezza e il dolore del poeta erano anche suoi, la malinconia aveva steso sul suo capo un manto di ombre, nero come solo il cielo sa esserlo, e solo, paradossalmente, nelle notti d’estate.

Si sente inquieto e insoddisfatto. È ancora davanti alla libreria dove ha riposto il suo compagno natalizio. Non riesce a muovere un passo. Le parole appena lette non gli sembrano quelle di sempre. Hanno il suono di una melodia lenta, e un ritmo monotono, come le cantilene che le mamme ripetono stancamente ai loro bambini per farli addormentare. Sempre le stesse, scandite quasi per abitudine, e senza ricordarne il significato.

Quella poesia, sempre bella, sempre struggente, sembra ora non bastargli più… Oggi la sua malinconia non ha voglia di rannicchiarsi accanto al focolare. Quel tepore renderebbe ancor più fredde le sue mani senza riscaldarle. La sua stanchezza è ancora troppo viva per assomigliare alla quiete inerte di uno dei suoi oggetti, abbandonati sui mobili della sua stanza. Perché il suo dolore, non ancora sciolto, non si è però ancora arreso.

Luca desidera tuffarsi in quel gomitolo di strade che finora sembravano soffocarlo… Vuole perdersi in quelle serpentine di cemento, passeggiare con la sua malinconia. Non sarà un modo per cancellarla, pensa, ma il mondo è sicuramente il luogo migliore in cui farla vivere. In quel momento, capisce che solo gli occhi freddi e scuri della malinconia possono restituirgli tutta la luminosa, calda e intensa bellezza dell’esistere.

Giù in strada allora! Con l’ansia di vita che può brillare così soltanto quando l’attesa è stata lunga, e quasi insperato il ritorno di un interesse vivo per ogni cosa. Respirando con intensità ogni effluvio che si spande tra la folla, che nel frattempo si è riversata fuori casa come un fiume impetuoso in cerca del suo mare. Quante luci, decorazioni, abeti vestiti a festa illuminano la piazza principale, e fanno la gioia di bambini che si scambiano doni, sognando che altri ne giungano da una slitta trainata da renne tintinnanti.

Canti natalizi che si susseguono ininterrottamente ritmano un tempo quasi sospeso. Agrifoglio, vischio e stelle di Natale ricoprono i davanzali delle finestre. Da ogni casa si spande un intenso profumo di dolci, mentre davanti alle chiese si preparano i ceppi per il fuoco che, crepitando, annuncerà i vespri che celebrano la venuta del Figlio di Dio.

Tutto sembra rinascere davanti ai suoi occhi, tutto rinasce dentro i suoi occhi. Uno sguardo in cui si intrecciano candore e consapevolezza, la quiete del sempre uguale e il brivido dell’ignoto, nostalgia del passato e fremito di futuro. Imparare ad essere al centro della vita, restando da essa distante di un passo: è il tema che scriveremo ogni giorno, ma che non finiremo mai.

Tra qualche ora sarà Natale… e Natale è, soprattutto, una nascita, un venire alla luce, un affacciarsi alla vita, respirare un’aria nuova. Non è mai troppo tardi per farlo. Anzi, è questo il rituale da ripetere ogni giorno, per acuire lo sguardo, accendere la curiosità, accrescere la meraviglia, e far battere il cuore più forte. Abbiamo un’anima fatta di luce, non dobbiamo mai eclissarla …

Sì, ogni giorno… a cominciare, magari, dal (mio) Natale di domani….


Sulla rubrica Squarci
Se la scrittura si serve di aghi e coltelli, se punge e lacera, se ogni pagina apre un varco in mezzo all'ovvio e al non detto, se la ragione ha bisogno di attimi di illucidità, se ogni testo si apre su un paesaggio interiore, se è un buco della serratura da cui spiare il mondo, se duole, se è una lama nella carne, se è una trama interrotta in un punto a caso, se la narrazione si spezza come un canto, se è una dissonanza, se semplicemente siete curiosi di sapere chi siamo. Estratti, ferite, fenditure di scrittura, un modo per sentire i nostri silenzi e leggere tra le righe di ciò che abbiamo in cantiere.