Poesie | lunedì 16 maggio 2011
Carlo Di Legge
Canzone antica
Dici: non abbiamo molto tempo, e pure
ogni momento che passa insieme
si fa infinito.
La tua voce apre immense navate
dai sostegni diafani e pulsanti,
e che sia giorno, o notte,
richiama volti di amici mai visti
che vissero la nostra canzone
o spinge ali di luce negli universi oscuri.
Emozioni si levano al suono,
come dolcemente chiamate
da un luogo dove riposano,
e risalgono sicure il corso delle tue parole,
per congiungersi alla fonte del tempo.
Come assetati, che hanno scoperto
quelle acque vibranti, beviamo.
Ti guardo, guardo i tuoi movimenti:
ti conosco.
Ti guardo: mi guardo,
pare di riconoscere me stesso.
Ma dico anche di non sapere chi sei –
più ti conosco e guardo, meno ne so di te.
Vado come smarrito:
aumenta
l’invisibile nulla
fino a prendere tutto.
Domando chi sei –
dici: il tempo risponderà.
Ma intanto, nessuna attesa,
perché abbiamo ogni cosa:
le nostre parole s’incastonano
nel diadema del tutto presente.
Si raccoglie qui, presso di noi,
solo nulla può ancora venire.
Ci priviamo? Ma ecco,
sul libro si toglie per aggiungere.
Nella discontinua gloria dell’esserci,
dovunque sia l’uno, sarà l’altro.
Se ti cerco, trovo me stesso;
se non ti trovo, allora
tu non sei più lontana di me stesso.
Meno ti trovo, più in mancanza cresci.
Il tuo sorriso antico nato ieri
il tuo sorriso
libera risonanze prigioniere.
Questa canzone è stata scritta
innumerevoli volte.
11.5.2011