Poesie | mercoledì 29 luglio 2009
Francesco Jonus
Era la notte d’inverno
Ho visto oggetti di divino splendore, lucciole di fiamma congelata,
ali fragili ordite di frammenti di cristallo terso,
un volo di menti caotiche,
sulla tela di spazio latteo, attori del palcoscenico irreale.
Osserva il seme del nuovo Inverno.
Penetrare il velo che separa
le due opposte nature:
quella umana
e quella indefinibile
dei cristalli di ghiaccio.
Distillare la nebbia delle coscienze annegate
nel cristallo, per carpirne pensieri informi,
sogni sfuggenti, luccicanti.
Lacrime di mercurio liquido.
Ogni stagione che ritorna nel limbo
lascia una promessa di genesi, una ferita
paziente, profonda come un vincolo
di ricordi, come echi assopiti prima dell'alba.
Un risveglio nella notte del nuovo Inverno.
Tutti i tuoi pensieri ti riportano altrove, tenui bagliori
di affetto, braci per riscaldare l'anima, mentre il parco
si arrende al silenzio, e continui a vedere anche rientrato
a casa, nelle mattonelle, nel legno caldo, nel vetro offuscato,
le gocce di respiro condensato che scivolano sulla finestra.
E nella tua immagine di fantasma riflesso, immersa
nella finestra, cerchi i tuoi occhi per poter meglio comprendere
quei ricordi, il tuo essere che cerca quella vecchia sensazione,
come se le ceneri degli inverni sepolti fossero ancora lì,
una polvere di soffici emozioni dimenticate.
Nel ricordo delle emozioni, nel ricordo dell'Inverno,
il tempo non ha più il rumore dei granelli che scorrono,
come se queste pagine che trattieni siano già state scritte,
e quelle parole care siano già comparse altrove, una notte,
forse era una notte di un altro inverno.