Poesie | lunedì 4 maggio 2009
Francesco Jonus
Estate - Burrasca
Canto di sirene benigne
guida vascelli disalberati
verso l’imboccatura del porto.
Le sue note si espandono
oltre la schiumosa superficie,
tracciate in spartiti luminosi
che indugiano nell’attimo,
rischiarando il freddo acciaio dell’abisso sottostante,
prima di spegnersi
nell’insostenibile vuoto.
Il faro ha sostituito i fuochi caduchi delle spiagge,
e odora di sale continuamente rinnovato
dalla rabbia e dalla frenesia
del mare, di questo fratello pazzo.
L’amico fulmine spegne le poche luci ancora accese in paese
mentre il mare prende possesso della casa
divora inutilmente l’uscio sabbioso
e batte sulle pareti incrostate del giardino,
memori delle sue passate scorribande.
E ritornano i ragni,
sbatacchiati dalle onde,
dispersi e scagliati a manciate
sui moli infestati dai gusci grigi dei mitili.
Si dissetano nell’acqua fertile e salina,
per poi continuare a salire.
Li guardo, dall’alto del bastione schiaffeggiato,
passare indifferenti attraverso l’immensa forza
nascosta nel liquido immateriale.
Formano fiumi che scorrono al contrario,
dita che si avvicinano al mio eremo salato.
Una corona di esseri perduti
ai piedi del mio faro.