Poesie | giovedì 23 aprile 2009
Francesco Jonus
Estate-Soffocare
Un limbo tessuto con maestria,
tessuto candido, impareggiabilmente sinuoso,
un asilo sicuro in cui prendere sonno.
Rilassare il corpo, sciogliere i pensieri,
prima di accettare un breve oblio.
Un ombrello contro la pioggia,
pungente, veloce, tempo un battito di ciglia,
da conservare per la brutta stagione.
Immerso nel mare, i capelli
sfusi e intrappolati dall’acqua,
ogni sensazione rinnova un ricordo.
I fragili solchi della memoria,
incisioni invase da fiori di rovo,
si dissetano in questo cosmo salato.
Un odore per trattenere qualche lembo di pelle altrui,
un respiro attutito, come una parvenza di suono
il gusto intenso e indecifrabile di un breve contatto.
Un volo, imprevisto, di piacevoli dejà vu,
senza intoppi, fermate, salite scoscese,
un fluire omogeneo di sensi.
Ferire gentilmente se stessi, fino in fondo,
uno squilibrio di forze tra pietà e necessità,
per scavare in strati sotterrati, forme abbandonate.
Qualche volta si compie una breve metamorfosi,
si beve una miscela di stati un tempo contrapposti,
o si regredisce, verso un sicuro approdo di modelli.
Un universo di sapere
nascosto proprio a noi stessi,
una chiave introvabile, dispettosa.
Le parole si rivelano solo nell’attimo,
quello meno atteso, impossibile da prevedere,
si fermano giusto il tempo di folgorare lo spirito.
E ritornano i ragni,
abili nuotatori, affrontano la vasca da bagno,
superano, senza alcuna difficoltà,
i passaggi aperti attraverso gli iceberg di schiuma.
Avanzano nel continente sconosciuto,
in palio la conquista di un sogno.
Non chiedono il perché della ricerca,
la verità non è sostegno da cui trarre forza.
Io sono sempre qui,
mutevole o meno, solido o no,
ora nascosto da qualche soffice batuffolo.
Sono la loro unica visione,
un approdo di ricordi e sogni,
da conquistare.