Squarci | sabato 14 giugno 2008

Giuseppe Sterlicco

Il Demone

Maledetta pagina vuota!
La notte ingoia tutta questa noia che ci circonda e noi neanche ce ne accorgiamo. Attendiamo impassibili la morte e non lo sappiamo. Non lo immaginiamo. È una cosa che non può di certo interessare noi.
Di notte sento il demone aprire la finestra. Entra dentro di me con la stessa irruenza con cui entrano dentro le mie orecchie i rumori e l'insulso vocio degli esser umani, di giorno. Il demone s'impossessa dei miei occhi, della mia bocca, delle mie dita, del mio corpo. Mi obbliga a bere e restare sveglio tutta la notte. Mi obbliga a tacere e sottostare alle sue regole. No, no, amici miei: non c'è via di scampo.
Il demone si muove dentro di me e io lo sento. Sento i suoi viscidi tentacoli attraversarmi le braccia, le mani, le dita. Sento le sue viscide zampacce che mi obbligano a stare ore e ore e ore davanti allo schermo bianco del computer, in attesa della dea dell'ispirazione, della frase perfetta, della storia che potrà cambiarmi la vita, o semplicemente della morte e basta.
Maledetta pagina vuota: è tutta colpa tua!
Sento il demone manovrarmi come una stupida marionetta, come un fantoccio inanimato e goffo nei movimenti. Sento la rabbia, il dolore, la furia dentro di me e so che tutto questo è colpa del demone. Tutto il giorno sottostiamo a sporche imposizioni, a batoste, ai giudizi degli altri: e la notte arriva, ingoia tutta questa noia che ci circonda. E il demone viene a farmi visita.
Il demone stappa una bottiglia di birra con le mie mani e me ne offre un goccio. Bevo, bevo, bevo. Non posso farne a meno. Non posso rifiutare.
L'inferno è un posto caldo e insopportabile: l'inferno è qui, sul mondo, tra noi.
Il demone mi sussurra nell'orecchio le storie più insane, tristi e malvagie che io abbia mai sentito. Mi parla di donne e uomini e giovani e vecchi, tutti con lo stesso e unico obiettivo: tirare avanti, ancora per un giorno. Davanti ai miei occhi si materializzano immagini putride e desolanti: migliaia e migliaia di esseri umani che si affollano sotto il sole, tra traffico e code alla cassa, in attesa del giorno di paga, in attesa dell'ultimo giorno dell'anno, in attesa dei giorni rossi sul calendario, in attesa, e tutto questo è così umiliante.
Siamo nati per soffrire, siamo nati per annegare, giorno dopo giorno: siamo nati per aspettare. Sempre.
Il demone è qui, mi obbliga a guardare, a spalancare occhi e orecchie, mentre vorrei semplicemente restarmene a letto e dormire giorno e notte, annichilito nel vuoto più totale. L'orrore resterà per sempre orrore, e non cambierà mai. Io non posso farci niente.
Ma il demone è qui. È lui che mi obbliga a scrivere, scrivere, scrivere.
Tutti quegli uomini, quelle donne, quegli esseri umani così inutili e insulsi non hanno la forza per urlare, non hanno la forza per destarsi dal letargo: sono sfiniti. Dormono schiacciati sotto il culo della società. E il culo della società è un culo pesante.
Spompati nell'orgoglio, fottuti negli ideali, questi esseri umani si muovono come morti-viventi tra morti-viventi e nessuno può farci niente.
Il demone è qui. Mi sussurra. ''Loro meritano una voce e quella voce sei tu'' ripete.
''Io?''.
''Tu''.
Mi offre un altro goccio di birra.
Schiaccia i tasti un'ultima volta.
Poi va via, lentamente.
''Questa pagina non è più vuota e loro meritano una voce.''
Tornerà.
So che tornerà. Sempre.


Su Giuseppe Sterlicco
E' nato il 17 maggio 1987, una settimana in anticipo rispetto ai calcoli e alle aspettative: evidentemente, secondo lui, teneva molto a vedere questo mondo il più presto possibile. A dieci anni ha fatto la prima (ed ultima) comunione. A sedici anni ha conosciuto Leopardi, Baudelaire, Nietzsche, Bukowski, e a diciotto ha scritto la sua prima vera poesia e fondato un gruppo rock, col quale suona ancora oggi.

Sulla rubrica Squarci
Se la scrittura si serve di aghi e coltelli, se punge e lacera, se ogni pagina apre un varco in mezzo all'ovvio e al non detto, se la ragione ha bisogno di attimi di illucidità, se ogni testo si apre su un paesaggio interiore, se è un buco della serratura da cui spiare il mondo, se duole, se è una lama nella carne, se è una trama interrotta in un punto a caso, se la narrazione si spezza come un canto, se è una dissonanza, se semplicemente siete curiosi di sapere chi siamo. Estratti, ferite, fenditure di scrittura, un modo per sentire i nostri silenzi e leggere tra le righe di ciò che abbiamo in cantiere.

Poesie dure&crude, di Giuseppe Sterlicco (Gli Scacchi, 2008)