Poesie | domenica 20 maggio 2007

Matteo Pelliti

Ciclopsie

Estate

Finisce sotto l’ombra
della ruota anteriore
il profilo della mia testa
che pensa meno e poi meno
ad ogni giro di pedale.











In sella

Bestia da soma di te stesso,
autotrascinatore su gomma
che fletti il telaio
col tuo peso:
trascinatore del tuo peso,
gambe che macinano
l’olio salino e chilometrico:
mai sei stato così vicino
all’animale da sella
come quando stai su una sella.

Sul sellino, un tempo in cuoio,
sta la tua fatica
inumana.







Suoni

Cercavamo un rumore artificiale
modificando l’aria ad ostacolo
tra raggi e forcella.
mimo-marmitta, mitraglietta mantrica,
trapano da trotto,
l’aletta cartonata ritma
le circonvallazioni d’ogni infanzia.

Oggi (ora) allarma anche solo il cigolio
della pedivella sinistra












Samurai Vs Contadino*

L’opposizione tra il cambio giapponese
e l’omologo prodotto autarchico
fu, in quel tempo,
questione di nomi:
al samurai chi avrebbe ancora preferito
il contadino agricolo?

Aspettavamo tutti
che il suono del nome
si riverberasse nel fluido transitare
dal 12 al 28




*(Shimano/Campagnolo, marche di componentistica per biciclette)











Ciclofficina

Dietro l’Arcivescovado un garage,
bottega antagonista,
riparo di mezzi da salvare,
dove “aggiustare” sta per
“fare giustizia”











Cicli infelici al tramonto

Nel quarto o quinto mondo
il pedalare mantiene ancora il senso
che qui durò il breve tempo
del Neorealismo.
Così, la cifra dello spreco occidentale
sta pure nell’abbondare
di abbandonati telai,
tramontanti ai margini delle strade






Ricordo infantile

Ti rimproverai il rottame,
l’inganno-sorpresa del cadaverino
mezzo-regalo estratto
dal bagagliaio,
perché in sé rivelava già
troppa della natura mortale
dell’uomo-cosa,
ferrovecchio riverniciabile.

Tu pedalerai con dolore,
fu l’anatema nascosto.










In assenza

La ruota è metonimica
delle “dueruote”,
quasi quanto i pedali.










Sironiana*

La memoria del mezzo sironiana
ne fa una nostalgia personale oppure
il personaggio vero dell’urbanità:
sulla pista, stacca l’uomo
dalla striscia grigia incurvata,
centrifuga e primitiva,
che è la vita;
sulla strada, piega il tempo
cittadino a fuga da sprint.
Sotto la paglietta borghese
suda un velocista.





*(si fa riferimento alla presenza della bicicletta nei quadri di Mario Sironi: “Paesaggio urbano con ciclista” 1919; “Macchine umane”, illustrazione della “Rivista Illustrata del Popolo d’Italia” del 1925; “Il Ciclista”, un quadro del 1916-1917 ed un altro, stesso titolo, del 1916-1920; “Gasometro”, del 1943)














Regole interne

Mi nego la parola,
mi tolgo la parola
che descrive, senza imitarne la forma,
- o imitandola? –
la somma di ruote e telaio,
manubrio e pedali

La sottrazione,
in questo caso,
aggiunge.











Autopsia

Per me sono veri cadaveri,
poggiati tra due cassonetti,
ammanettati alle ringhiere,
occultati sotto ai cespugli.
scarnificati o zoppi –
solo l’anteriore, solo la posteriore,
sfilacciate le catene -
illebbrositi dalla ruggine.

Autopsia di telai abbandonati,
faccio il medico legale
di poveri rottami,
stilo referti, fotodocumento
lo sfascio, il degrado, il delitto-relitto.












GpM

Il caso della sopravvivenza
del proprietario alla cosa,
o della cosa al proprietario:
allora, in questo caso, nelle cantine capita
l’agonia, Argo meccanico,
del mezzo orfano dell’utilizzatore,
scappato/involatosi
al GpM massimo e dantesco.











Tandem

Metafora malvagia
come poche altre
della vita legata (legale)
al giogo comune:
faticano in due, di cui uno solo
governa la direzione,
volgendo sempre le spalle all’altro.
Un tandem.
Difatti la palla donnuomo di Platone
non pedala, ma rotola.











Gioia Colonial

”Bellezza….così di fretta…”
Intonavano laggiù voci
Candidamente frivole,
Irregimentate alla gioia
Colonial, imperiale
Lealtà di fanti
Emigranti al sole:
Telai nerissimi, lucide
Tedofore desertiche,
Etiopi.














Parole ossee

"Noi abbiamo questo tesoro in vasi di creta,
perché appaia che questa potenza straordinaria
viene da Dio e non da noi" (2Cor, 4,7)


Fragili fèmori, pèroni,
òmeri, sdrucciole
fragili, parole ossee,
sopra l’asfalto:
teme lo sdrucciolo.

Questa è la fragilità del corpo
che cade, caduto perché
caduco anche nel pieno della sua forza,
salita o discesa che sia.
Ossa-parole, fragili.













Storia dell’estetica

Non esistono arti inferiori.
Fatta eccezione delle gambe













Curve

Il telecronista parla di kilowatt medi,
o media kilowatt in salita, non ricordo più,
e si trasformano i tornanti
in curve energetiche….
Numeri














Lavori in corso

Ricordo quando l’ematocrito (alto)
avrebbe consentito
un’agevole riasfaltatura
emo-bituminosa del manto stradale.

Attendo apposite gare
per dopati ufficiali
prima di ritrovare interesse
nelle corse a pedali











Designatori rigidi

La componentistica e le parti del mezzo
mostrano esatta la forma d’ogni parola
che le battezza:
designatori rigidi, pure la sella.
Tanto che potrei, in poesia visiva,
ridisegnarla tutta a parole,
allungate, storte, ricurve, circolari,
da corsa e da città.











Religio

Un cattolico non lo vedrei
a preferire la ruota fissa,
quella dove il giro
del cerchio e del pedale
stanno uno a uno.
Questo è protestantesimo!











Epitaffio

Atala alata,
asteroide di ruggine,
sconti una colpa non tua
una volta ancora
al traguardo volante
della raccolto
indifferenziata







Altre autopsie*

Mi sono costretto e ancora mi costringo
all’autopsia di raggi,
sellini, catene e pedivelle,
forcelle e forcellini,
snodi, viti, guaine,
cavi, freni deragliatori
deragliati ai margini del marciapiedi.

Mi specchio in ogni relitto
(non cerco il colpevole)
da discarica singola,
pezzo unico, il ready-made
lasciato a impreziosire
per deterioramento


*(Si fa riferimento alla raccolta fotografica di cicli abbandonati pubblicata su: http://www.ciclinfelici.blog.tiscali.it )











L’abbandonata

Come ottenne la sua libertà
la bicicletta abbandonata?
(Pablo Neruda)

Che in fondo sia libera,
o che se lo sia meritato,
nell’abbandono precipitano insieme
premio (dono) e colpa (bando).

Per questo la pietà degli sguardi
non è univoca
e pure il giudizio, che su di sé
conduce l’abbandonata,
oscilla…














Nella brezza

delle armoniche ruote, fu anche Alcina
la scoperta improvvisa d’un spinta
perpetua nell’errore – fu la china
dove il freno si rompe.
(Giorgio Caproni)
Freni

Impariamo il frenare come uno stringere,
per attrito, pressione stridente
di mandibole serrate sui cerchi.

Forza applicata a far cedere forza
al movimento, sforzo sfrenato,
nervoso, freni “nefritici”, quindi infiammati.

Stringi freni immaginari, ormai,
o premi pedali inesistenti, esausti,
per frenare la corsa.

Mentre basterebbe smettere di pedalare.














Il podio rovesciato

Nella cronosquadre il Tempo
si ferma sul terzo,
il terzo che vale più del primo,
il terzo in comodo
corridore-vagone, necessario,
del treno residuo
- la squadra –
rimasto al traguardo.

(Seduti su un podio rovesciato,
i terzi, che poi saranno i primi;
incollano il traguardo,
appena tagliato)


Su Matteo Pelliti
Matteo Pelliti (Sarzana, 1972), si è laureato in filosofia del linguaggio all'Università di Pisa, specializzandosi poi in Comunicazione Pubblica. Ha pubblicato racconti nelle antologie "Ultima spiaggia" (ETS, 2004) e "Caffé ristoro" (ETS, 2006); "Pisanthology" (Giulio Perrone Editore 2007); è coautore della postfazione del libro "Centro di igiene mentale" di Simone Cristicchi (Mondadori, 2007); ha pubblicato la raccolta di racconti "Giocattoli", con la prefazione di Simone Cristicchi (Felici Editore, 2010); ha collaborato con diverse riviste on line e blog dal 2003, dedicandosi soprattutto al campo dei giochi linguistici e della critica letteraria.

Sulla rubrica Poesie
A volte c’è un bisogno di sospensione. Di densità diversa. Di tempo trasognato. Di spazio poco arredato. Di un posto delle fragole nell’anima. Di silenzi gentili che non sono di solitudine, ma di rade presenze discrete. A volte c’è un bisogno di sorpresa, di lampi improvvisi, accensioni impreviste. C’è un bisogno di respiro irregolare, di battito lento. Di ricerca segreta tra le pieghe del sogno e le unghie della realtà. A volte c’è un bisogno di attesa. Di ricordo. Di sguardo lontano, distante. Di confini indistinti, di profili scontornati, nuovi. A volte c’è un bisogno di poesia. In quest’angolo di rivista se ne trova di nuova, di inedita, di molto famosa, di nascosta, di quella che addolora e di quella che consola. Basta cercare. Basta aver voglia di scoprire parole segrete. Basta trovare un piccolo tempo anche per la poesia.

Versi ciclabili, di Matteo Pelliti (Gli Scacchi, 2007)