Squarci | sabato 2 dicembre 2006

Serena Ammendola

Non è il momento

“Sì? … Chi è?... Scusami, non è il momento, sto vivendo una situazione triste, molto triste… Sarà per un’altra volta. Ok?”.
Solo queste parole, pronunciate con freddezza ma con altrettanta speranza di trovare comprensione, e lei, quasi imbarazzata, interrompe rapidamente la comunicazione.
Prima che inforchi i complici occhiali scuri, riesco a guardarla un attimo negli occhi: sono occhi molto grandi, un po’ lucidi e spenti, circondati da un marcato tratto di matita nera, solo quella, in un viso privo di trucco.
Giubbotto di pelle attillato, pantaloni alla moda che le lasciano scoperta una parte dei polpacci velati da una sottile calza a rete beige, stivali di cuoio con i tacchi alti, un nastrino di velluto marrone stretto al collo: un aspetto aggressivo che non si addice al momento e che deriva, senza dubbio, solo da una consolidata abitudine, più che da una scelta precisa e autonoma.
Capelli neri, tinti, lunghi, sciolti sulle spalle. Quarant’anni, credo, ma ne dimostra alcuni di più. Una bellezza sciupata dalle mani invadenti ed egoiste di chi, di volta in volta, le ha sottratto l’anima. Una bellezza invecchiata anzitempo: l’amore deve averla invecchiata.
Quello sguardo spento è ciò che più mi colpisce. E mi intenerisce, mi coinvolge. È lo sguardo di chi ha voluto mettere da parte, per un lungo momento, la sua propria vita per essere, almeno per un po’, se stessa, per ricordarsi o, forse, per sembrare un’altra…
Vendersi per vivere, sì. Un lutto, però, ferma tutto, ferma il tempo, le ferma la vita.
E la vita, dal canto suo, reclama il rispetto di un patto, quello di dover ricominciare un’altra volta, con la fatica e con lo sdegno di chi non sa neanche perché abbia iniziato. Ma dicevano ‘è facile, basta superare lo schifo della prima volta: tu chiudi gli occhi e pensa… pensa al mare…’.
Così, da quella prima volta, sono passati almeno vent’anni.
Comunque, ora no. Ora, non è il momento.


Su Serena Ammendola
Serena Ammendola è nata e vive a Napoli dove insegna Lettere al liceo scientifico G. Mercalli. Scrive per non dimenticare ciò che vede, per incidere ricordi nella memoria. Ama meravigliarsi. Sempre. Fotografa l’orizzonte; è alla continua ricerca di colori da catturare con lo sguardo e con l’obiettivo. Non può fare a meno del blu ma ogni colore ha qualcosa da suggerirle.

Sulla rubrica Squarci
Se la scrittura si serve di aghi e coltelli, se punge e lacera, se ogni pagina apre un varco in mezzo all'ovvio e al non detto, se la ragione ha bisogno di attimi di illucidità, se ogni testo si apre su un paesaggio interiore, se è un buco della serratura da cui spiare il mondo, se duole, se è una lama nella carne, se è una trama interrotta in un punto a caso, se la narrazione si spezza come un canto, se è una dissonanza, se semplicemente siete curiosi di sapere chi siamo. Estratti, ferite, fenditure di scrittura, un modo per sentire i nostri silenzi e leggere tra le righe di ciò che abbiamo in cantiere.

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