Squarci | lunedì 12 dicembre 2005

Carmen Vicinanza

The Snake and the Moon (Dead Can Dance)

È incredibile come il mondo possa crollarti addosso in pochi istanti. Come nel giro di poche ore la tua vita possa essere così stravolta. Ho perso la bussola, sono alla deriva. Non vogliono ascoltare discorsi, sei inequivocabilmente condannato. Hai perso tutto quello che avevi costruito in trentacinque anni, comprese le piccole illusioni che ti davano il coraggio di continuare. Non hai scampo, non c’è scusa che tenga. Hai sbagliato troppo e sei già fortunato che non si sia ricorsi alla giustizia.
Parole, urla, strepiti annebbiano i ricordi che risalgono soltanto a pochissime ore fa. E poi le valigie già preparate prima che rientrassi, tutto già deciso prima, la freddezza in quegli sguardi accusatori, il disprezzo negli occhi delle persone che più amo. E che credevo mi amassero. Un incubo.
Ho bisogno di berci su. Non riesco a connettere e vago da solo per questa casa che mi sembra enorme, adesso che è priva delle persone che la animavano e mi animavano l’esistenza. Sono solo, disperatamente e stramaledettamente solo a piangere sulla mia miseria. Sulla mia presunta colpevolezza. Sul mio vizio.
Non capisco come mi si possa accusare di quell’orribile crimine, con lei poi, che amo più della mia stessa vita. Lei che, sola, riesce a farmi sorridere. Non ho mai pensato a fare del male ad alcun essere sulla terra. Come avrei potuto mai farne a lei?
Prove schiaccianti. Referto della psicologa.
Cosa le avrà fatto mai disegnare di talmente sconcio da decidere di rovinare la vita di un uomo che si stava avviando alla fine dei suoi giorni con l’illusione di avere una famiglia, una moglie, dei bellissimi nipoti… Non riesco ancora a crederci, non mi sembra vero, non può esserlo. Ho provato a telefonarle, devo parlarle, mi deve spiegare. Non vuole, non ha più niente da dirmi, ho compiuto il più crudele dei gesti e non è più possibile recuperare nulla. Non può essere. Mi hanno processato per direttissima, senza attenuanti, né discolpa, né appello. Condannato e basta.
“Non vogliamo rivederti mai più, non telefonare, non farti vivo, sei un essere abominevole che deve passare gli ultimi giorni della sua vita solo come un cane perché non meriti l’affetto di nessuno. L’affetto si guadagna, si dimostra. Non sei stato capace di tenerti i doni meravigliosi che la vita ha voluto darti, sei sempre stato un despota, un alcolizzato, un animale senza sentimenti, una bestia che sfoga la sua brutalità su di un esserino indifeso e inconsapevole. Mi fai schifo. Non sopporto di essere toccata da te. Non tollero neppure che mi guardi. Non voglio incontrarti mai più.”
“Lo facevi anche con me da piccola, me lo ha confessato la mamma, il tuo è un vizio. Mi fai schifo. Sei un mostro e noi non vogliamo più avere niente a che fare con un individuo come te! Per il bene di tutti, esci dalle nostre vite, per sempre!”
“Ma io sono tuo padre, come avrei potuto farti questo, sei la mia preferita, la mia ragione di vita. Ti ho fatta, cresciuta, amata più di tutto e di tutti. Ho sempre accettato le tue scelte, ho imparato ad amare tuo marito, ho spalancato il cuore alla vista dei miei nipoti. Io li adoro, la adoro, non potrei torcerle nemmeno un capello. Ma che razza di uomo credete che sia. È contro natura, non ho mai nemmeno immaginato una cosa del genere.”
“Io ti amo, ti ho sempre amato, mi sono messo contro tutta la tua famiglia per averti, ho accettato umiliazioni, separazioni, accuse. Non puoi davvero credere a queste cose. Lo sai come sono. Chi mi conosce meglio di te? E sei stata proprio tu ad aver notato questa mia malattia, come la state definendo, vizio che mi accusi di avere sin da quando nostra figlia era una bambina. Ma non è vero, sei una bugiarda, ipocrita, ti sei solo stancata di me e non avevi il coraggio di lasciarmi. Perché mi odi così tanto da inventarti questa menzogna, perché vuoi mettermi tutta la mia famiglia contro? Cosa ti ho fatto di così terribile da indurti a questo? Senza di te non posso vivere. Tu lo sai quanto ti voglio, non ho mai smesso di desiderarti. Non mi sono mai stancato di te. Perché dovrei cercare una bambina così piccola, cosa può darmi un esserino così minuto, gracile, perché dite queste cose, io sto impazzendo, il cuore mi scoppia, mi sento male ... Volete che io muoia? Vi faccio talmente schifo da dover architettare questa terrificante bugia per eliminarmi dalle vostre vite? E tu non parli, non dici niente, è finita e basta, non c’è rimedio, parlate, rispondetemi, ditemi la verità. Non fatemi morire in questa dannazione, ditemi il vero motivo per cui mi state scaricando come un ferro vecchio che non serve più a nessuno, io non posso pensare che voi crediate davvero a quello che mi avete detto. E non devo andare da nessuno psicologo, sono sanissimo, non ho il vizio di bere, due bicchieri a pasto non sono un’esagerazione, se volete non bevo neanche quelli, faccio tutto quello che volete, vi do tutto quello che ho, ma non potete andarvene via e pensare davvero che io possa aver fatto ciò di cui mi accusate. Non l’ho mai fatto, sono innocente, del tutto innocente. Lo sapete benissimo quanto vi amo, quanto amo quella povera creatura. Non potete lasciarmi qui da solo, io muoio e non se ne accorgerà nessuno, nessuno…”
Questa casa non è fatta per viverci da solo e la notte fa troppo freddo in quel letto senza di lei. Ci abbiamo dormito per troppi anni insieme, ogni notte, sempre, e abbiamo condiviso tutti i letti in cui sono stato. Io non potrò mai più addormentarmi senza di lei. Non riesco nemmeno lontanamente a concepire la mia vita senza la donna che amo, i miei figli, i miei nipotini. Perché, perché avrei dovuto macchiarmi di questa colpa, perché proprio con lei? Se avessi voluto tradirla, avrei potuto andare con chiunque, con qualsiasi puttana, ma come si può anche solo pensare che io potessi guardare quella bambina con altri occhi che non fossero quelli di un nonno affezionato che la adora. Lei non sa niente, non deve sapere niente, ma tra un po’ comincerà a cercarmi, a chiedersi perché la sua nonna abita con lei e il nonno non lo si vede e non lo si nomina più. Sarà lei a volermi, e tutti capiranno che non è vero, che questo incubo è stato architettato da quella strega che si era stancata di me, forse perché ha un altro, anzi sicuramente perché ha un altro. Io non le ho fatto mancare mai niente, sono andato a lavorare in capo al mondo per farla felice, per darle una vita più comoda, comprarle la casa al mare, garantire un futuro ai nostri bambini. E adesso che siamo nel futuro scopro che tutto è stato fatto per niente, che ho costruito soltanto un castello di carte che, al primo alito di vento, è stato distrutto.
Adesso vanno via tutti, senza più parole, senza un saluto. Ma se ne pentiranno...
Devo dormire, devo smettere di pensarci altrimenti impazzisco Forse è davvero questo che vogliono, farmi impazzire. Ma per quale motivo poi? Per la modesta eredità che potrei lasciare loro. No, è troppo poco e loro sono troppi. Non ho nemmeno un’assicurazione sulla vita. No, sono davvero convinti che io sia un pedofilo, che abbia potuto fare o pensare di fare qualcosa di cattivo a mia nipote. La mia nipotina! Non è possibile, è incredibile e solo perché da quando è nata la tengo sulle ginocchia e le faccio fare il cavalluccio. Queste sarebbero le prove schiaccianti che ho un comportamento morboso con una bambina che adoro e che adesso deve essere assolutamente allontanata da me per evitare ulteriori traumi. Ma sono tutti pazzi?
Maledetti figli di un cane, schiavi delle finzioni di una megera. E la storia dell’erezione vista dai pantaloni, io annebbiato che non riuscivo a parlare, ma quando è successo tutto ciò? Quale delle innumerevoli volte che ho tenuto in braccio quella bambina? E da grande lo faranno credere anche a lei?
Ma non l’avranno vinta. Devo dimostrare la mia innocenza. Nessuno mi ha concesso il beneficio del dubbio. Neanche quell’egoista di mio figlio che continua a fare quella vita del cazzo in giro per il mondo pretendendo di essere un artista. Ha da fare, non può ritornare a casa, non può precipitarsi, ha bisogno di tempo per metabolizzare la cosa. Che poeta, solo lui può usare quelle espressioni. Nessuno ha fatto quello che avrei desiderato. E adesso mi portano via anche il piccolo, quello che avrei potuto seguire di più adesso che sono in pensione. Ma non può impedirmi di vedere mio figlio, anche se lui non vuole. E che bisogno c’era poi di dirlo anche a lui? Non poteva solo dire a tutti la verità, che si è stancata di me, che ha un altro. Che sono innocente, innocente…
Sono passati sei mesi, lei è ritornata. Mia figlia col marito non mi parlano e non vogliono farmi vedere i bambini, nessuno è ritornato sui propri passi. Lei sola può comunicare con loro, hanno attaccato chiunque alludesse alla mia innocenza. Non posso telefonare. Lei è solo ritornata e non vuole parlare più di quella storia. Mi impedisce di bere. Sono costretto a nascondere le bottiglie. La sto portando al cinema e siamo andati due volte a teatro. Vuole fare un viaggio. Non ho mai saputo se c’era un altro o come è andata a finire con questi. Tutto sembra normale, so che la bambina ha chiesto di me e forse me la faranno vedere, davanti a tutti.
Ho accettato di vedere la psicologa che la tiene in cura e anche lei ha insistito con questo problema dell’alcool. Non so perché sia tornata, ma so di certo perché ho voluto che lo facesse. Non posso vivere senza di lei, sono alla deriva. Non ha mai ammesso di essersi inventata tutto. È tornata e basta, forse solo per partecipare più da vicino alla dannazione della mia esistenza e infliggermi il colpo di grazia al momento opportuno, ma è tutto ciò che ho e non posso vivere senza di lei. Aspetto con pazienza che scagli l’ultimo colpo. So benissimo che morirò per mano sua, ma è quello che voglio, sempre meglio che morire da soli…


Su Carmen Vicinanza
Nasce a Salerno nel 1970 sotto il segno dello Scorpione, che per l’astrologia indiana è la peggiore disgrazia astrale che possa capitare ad un essere vivente… Si è laureata in “Lingue e letterature straniere moderne”, con indirizzo orientale, studiando le lingue hindi e urdu. Con la laurea ben riposta nel cassetto, ha sempre lavorato in altri settori. Ha iniziato col teatro, come attrice, regista, autrice. Ha fatto traduzioni e lavorato come interprete. Ha poi trovato il lavoro che più sembra appartenerle: una società di ufficio stampa e pubbliche relazioni per manifestazioni culturali. Ha una passione smodata per l’India dove va appena le è possibile. Ha sempre adorato scrivere, appuntare, fissare sensazioni, emozioni, umori. Non è mai stata pubblicata forse anche perché ha sempre custodito, con un senso di possesso misto a pudore, i propri libercoli.

Sulla rubrica Squarci
Se la scrittura si serve di aghi e coltelli, se punge e lacera, se ogni pagina apre un varco in mezzo all'ovvio e al non detto, se la ragione ha bisogno di attimi di illucidità, se ogni testo si apre su un paesaggio interiore, se è un buco della serratura da cui spiare il mondo, se duole, se è una lama nella carne, se è una trama interrotta in un punto a caso, se la narrazione si spezza come un canto, se è una dissonanza, se semplicemente siete curiosi di sapere chi siamo. Estratti, ferite, fenditure di scrittura, un modo per sentire i nostri silenzi e leggere tra le righe di ciò che abbiamo in cantiere.