Da Kyoto | lunedì 31 luglio 2006

Alessandro W. Mavilio

Terra, terreno e morte.

Ero spedito in bici quando sono passato per il solito piccolo incrocio di sempre. Avevano riasfaltato la strada e creato un piccolo marciapiede. Il manto era nerissimo e le strisce erano bianchissime.
Ho tagliato la curva quasi come al solito, ma – in effetti - più velocemente del solito. Il nero e il bianco della strada mi avevano come illuminato, dandomi l’istintiva sicurezza di poter correre un poco di più e inclinare maggiormente la bicicletta.

Dopo qualche ora - a notte fonda - sono tornato e sono passato per lo stesso incrocio. E lì mi sono accorto che … il palazzo che di solito era all'angolo dell'incrocio non c'era più.

Ecco cosa mi aveva dato più velocità la mattina. Non l'asfalto nuovo nero, grinzoso e sicuro, non le strisce bianche immacolate. L'incrocio non era più insidioso perché il palazzo (un piccolo ufficio postale) non gli sottraeva più visibilità.

Nella mia coscienza urbana occidentale è tanto scioccante la scomparsa repentina di un palazzo che le mappe della mia mente non hanno potuto accorgersene in tempo reale. Come se il cervello avesse temporaneamente ricostruito quella mancanza inammissibile. Ma devo dire che per tutto il giorno un fantasma mi ha come seguito. Qualcosa mi si è come attaccato alla schiena o alla mia bicicletta. Una mancanza (fisica) troppo grande, appunto, per essere elaborata a livello di coscienza.

Ho pensato a quante volte quel palazzo mi aveva fatto rallentare. Nel Recinto troppi bambini sbucano all'improvviso facendo correre una trottola. E lo spigolo dell'ufficio postale incorniciava severamente il piccolo incrocio.

Ho quindi osservato che cosa c'è sotto un palazzo grande, pesante, immobile. Terra, tanta terra, terreno di diverso colore, qualche arbusto, detriti di vario genere, fantasmi.

D'improvviso un pensiero mi ha colto. Un palazzo è fatto di mattoni e tanti corpi. Tutte le persone che lo abitano. Quello scomparso era un piccolo ufficio postale. Una sola volta - in emergenza - vi ero entrato. Dovevo spedire un pacchetto a Tokyo con una certa urgenza.

Me lo ero trovato sulla strada, ci sono entrato e una graziosa donna mi ha assistito nella spedizione. Con un pratico sorriso lo ha preso e lo ha spedito per me.

Osservando il clamoroso vuoto ho capito che non era sparito un palazzo. Per me era sparita una donna. Una gentile sconosciuta, due occhi, tanti denti, occhialini. Quella donna, quella impiegata delle Poste, l'anima di quell'ufficetto, io forse non la vedrò più. Certo, lei ora sarà stata trasferita a un'altra sede ma per me - semplicemente - non c'è più. Perché non c'è più il palazzo che la conteneva. E' morta.
Quando il corpo ci abbandona l'anima se ne vola via, mi hanno insegnato. E probabilmente si trasferisce, chissà...
Quando un palazzo vien fatto a pezzi i corpi-le anime che lo occupano si trasferiscono.

In Giappone i palazzi scompaiono e riappaiono a un ritmo e velocità impensabili per noi occidentali, abituati a un'architettura in pietra.

Questo sparire repentino di palazzi mi ricorda che la morte non è solo un evento che colpisce la sfera familiare o la cerchia più stretta delle nostre conoscenze. Si può soffrire anche per l'improvvisa mancanza di una sconosciuta perché scompare il simbolo - creduto durevole - del suo corpo.


Su Alessandro W. Mavilio
Orientalista, scrittore, cineasta. Laureato in Lingua e Letteratura giapponese presso l’Università “L’Orientale” di Napoli, Alessandro Mavilio ha insegnato per più di un decennio all’Università Industriale di Kyoto. Nell’àmbito del progetto “Taoist Movies” è autore anche di numerosi cortometraggi sperimentali girati in Giappone.

Sulla rubrica Da Kyoto
Di tanto in tanto un contributo da Kyoto, l'antica capitale del Giappone. Perché questo è un mondo immenso e le grandi distanze, le culture diverse, mettono alla prova le capacità del pensiero. Il pensiero e le visioni del mondo non sono mai scontati. Se si cambia orizzonte geografico, e l'angolo d'osservazione per guardare il mondo e per riflettere su di esso, ci si accorge subito che i punti di vista - gli stili del pensiero - sono innumerevoli... Questi scritti sono stati raccolti in circa dieci anni e si sono condensati e completati nel libro "Il Recinto. Sguardi e riflessioni sul Giappone".

Il Recinto. Sguardi e riflessioni sul Giappone, di Alessandro W. Mavilio (Gli Ibischi, 2015)