Da Kyoto | sabato 29 luglio 2006
Alessandro W. Mavilio
Fuminshou - Insonnia
Da bambino, a casa di mia nonna, usavo sedermi vicino la finestra e guardare il panorama che si specchiava nei vetri. Il golfo di Napoli e il palazzo di fronte apparivano rovesciati ma io riuscivo a vedere di più di un mondo rovesciato. Mi sembrava semplicemente un nuovo mondo. Peccato solo non poterci entrare fisicamente. Solo osservarlo era possibile e proiettare su di esso storie, possibilità, sogni.
Recentemente mi si è rovesciata la vita. La notte è veglia, il giorno è sonno. Stavolta il bambino è nel riflesso e guarda il mondo vero come senza più poterlo toccare.
Ci ho messo qualche giorno e alla fine ho deciso di smettere di disperarmi. Il mondo vero è sempre lì, lo vedo tangibile e speculare, ma ora io sono nel Regno del riflesso. Val la pena farci un giro.
È buio e come un fantasma giro leggero per le strade deserte di Kyoto. È incredibilmente fresco, come se la notte fosse esente dai ritmi stagionali. Vado al fiume e guardo verso Est, è già vagamente chiaro ma sono appena le tre. Le ore del primo mattino, quando si è svegli e vigili, passano veloci. Alle quattro e mezzo il cielo è chiarissimo, ma ancora si vede quella unica stella. A sinistra c’è la solita nuvola a forma di disco volante. Non vedo il sole ma un corvo lo ha visto per me: ecco perché arriva da est gracchiando come un guardiano solerte. Dalla sua altezza ha potuto vedere il sole e, proprio come un messaggero, vola diritto verso Ovest annunciando il nuovo giorno. Io non vedrò il sole sorgere. Il corvo ha avvisato anche me che è ora di mettersi all’opera. Il sole, prima che uno spettacolo, è un segnale. Un grande semaforo.
Inforco la bicicletta e cerco un Lawson per un caffè caldo. I distributori in estate vendono solo quelli freddi. Il cielo è ormai chiaro. Potrebbero essere anche le dieci, per quanto mi riguarda: il sole è d’improvviso forte, e strati di cirri ne diffondono la luce come a mezzogiorno. Ma anche nelle strade grandi non ci sono macchine. Solo pochi tassì veloci che si affrettano a finire il turno di notte e un camion il cui conducente, al semaforo, si versa qualcosa da un thermos.
Sfreccio per la strada Kitaoji guardandomi a destra e sinistra. La strada di sempre, di ogni giorno: il Bus Terminal, in genere frenetico, ora è inerme. Nessun autobus, nessun minuetto di vigili, bandierine, moniti. Tutti i negozi sono chiusi, ma ormai non è e non sembra più l’alba. Se mi fossi svegliato adesso e senza orologio penserei di essere impazzito! “Che fine hanno fatto tutti?”, griderei in silenzio.
Trovo un Lawson e compro un caffè e uno “swiss roll” alla crema. Il ragazzino alla cassa mi guarda come se fossi un marziano. Ricambio lo sguardo: “Ragazzo, è inutile che fai! Qua i marziani sono almeno due!” Torno su Kitaoji, e subito mi infilo nel primo vicolo sconosciuto, tentando di andare verso Sud. Ma i vicoli sconosciuti sono in grado di confondere anche il pilota esperto. E infatti mi perdo dolcemente. E mi trovo sotto le case di gente che forse si sta appena svegliando, o al massimo si rigira pigra nel letto. Mi siedo su un muretto e mi bevo il caffè e mi mangio lo “swiss roll”. Sono perso! Se qualcuno ora mi domandasse qualcosa, non saprei cosa dire! Che ci faccio qui, dove sono precisamente…
Perso perso, continuo per i vicoli puliti. All’improvviso capisco di essere a Kuramaguchi, la strada di casa mia. Ma verso tutto Ovest. Mai vista così! Con una sensazione di felice e legale ubriachezza punto verso Est incredulo che ancora nessuno sia per strada. Finalmente incrocio Karasuma, il viaggio nello specchio volge al termine. Sto uscendo dal mondo a specchio e sto tornando nel mio mondo originario.
Avvicinandomi verso casa, incanalato su traiettorie ormai conosciute, passo per l’entrata principale del tempio scintoista “Kamigoryo”: è già aperto! Sono troppo veloce per fermarmi rapidamente e decido di entrare da dietro.
Tutto è bagnato, scorre rugiada dagli alberi, la ghiaia è zuppa, il legno dei padiglioni è zuppo, un vecchio è seduto sotto una tettoia. Sono le cinque in punto e lui mi urla buongiorno. Io rispondo urlando buongiorno. Mi avvicino perché l’umanità cambia al mattino presto e perfino in Giappone è così.
Mi siedo vicino a lui, vecchietto arzillo e sveglio, che mi chiede a raffica di dove sono, quanti anni ho, se sono turista, dove abito. Rispondo per ordine e lui con orgoglio mi dice di essere stato in Italia nel 1949! E di aver visto tutta l’Europa, parte dell’Africa, Australia, America.
-Io? Ho novanta e un anno! Scommetto che non lo avresti detto!
-Beh, no…
-Io faccio le pulizie del tempio.
-A novantun’anni?
-Sì, che c’è di strano? Sono troppo in salute?
-Eh, no, non è questo…
-Vedi io da sempre mi sveglio presto. L’aria del mattino fa bene, non c’è che dire. La senti com’è buona?
-Sì…
-Toh, fuma una sigaretta con me!
-Lei fuma?
-Oh, sì, io faccio tutte le cose buone!
-Quante sigarette fuma al giorno?
-Adesso solo una ventina. Ma bevo anche sake! Tu lo bevi sake?
-Sì, un poco…
-Devi bere il sake! Hai la fidanzatina?
-Io ho trentuno anni…
-Una ragazza ti ci vuole. Una sola però! Quella che ti piace è giapponese?
-Beh… Sì…
-Lavori? Che lavoro fai? Devi guadagnare almeno 500.000 yen! Se no come fai a vivere?
-Beh, io supero a malapena i 200…
-È poco… Un sessanta se ne vanno per la casa, almeno 100 per mangiare, e come te li compri sake e sigarette? E poi c’è la ragazza!
Cominciavo a ridere di gusto. Come pretendevo di competere con uno come lui? È ovvio che sapesse tutto di me. Forse non ero ancora uscito dal mondo a specchio e lui era qualcuno che da sempre mi aveva osservato attraverso le lastre dei vetri…
- Senti, lo bevi un caffè?
-Ah, grazie ma l’ho appena bevuto!
-Non mi interessa, lo devi bere. Te lo compro io. Aspetta qua.
Come un fulmine si è allontanato ed è tornato con una lattina di caffelatte freddo.
-Ragazzo, ma tu dove abiti?
-Io? Proprio qui dietro!
-Bene! Io sono qui ogni mattina, ora che siamo amici possiamo parlare! Io comincio a fare le pulizie alle sette, ma vengo alle cinque per parlare con la gente. Perché parlare è una cosa buona, come il sakè, il cibo, i viaggi.
Non me ne ero accorto ma effettivamente, nonostante l’ora, il tempio si era riempito di bambini e musica classica. Un bambino aveva sistemato un radioregistratore sulla balaustra di un padiglione in legno. Ma che ci fanno tanti bambini soli alle cinque del mattino? Questo è un rito, o qualcosa del genere! Non un rito scintoista, ci mancherebbe, ma un rito addirittura migliore, senza nome! Sono in una piega nascosta e mai vista del mondo! Non sono ancora uscito dal mondo specchio o forse questa è la transizione per tornare al mondo di sempre.
I bambini giocavano, alcuni si rincorrevano, un’altra sceglieva sassolini dal manto di ghiaia, uno era seduto vicino a me e guardava me e il vecchio come se fossimo uno spettacolo noioso, eppure degno di qualche attenzione.
-Com’è che ti chiami?
-Ah sì, mi chiamo Alessandro, piacere di fare la sua conoscenza!
-Io sono Hideichi! Ecco il mio biglietto da visita! Alessandro, piacere! Tu hai una macchina fotografica?
Sconvolto, ho risposto di si… Ormai ce l’ho sempre in borsa anche se non la uso quasi più, ho ammesso a me stesso.
-Sì… Ce l’ho…
-Mi faresti una foto? Io vado pazzo per le foto!
Gliene ho scattate due, una delle quali è venuta fuori fuoco e mal esposta. La luce del mattino è una bella luce, ma i riflessi che crea con il verde degli alberi riescono a rendere insulsa anche una bella atmosfera…Una sorta di effetto slavato, pochi contrasti.
-Devono essere belle foto! Hai una bella macchina!
-Speriamo di si!
-Questa si compra in Italia?
-No, l’ho comprata in Giappone! Qui sono più convenienti!
-Davvero? In Giappone costano meno? Non lo avrei mai detto… Le foto, me le mandi per favore? Le mostro ai miei nipoti! Io ho un sacco di foto di me!
-Gliele mando per “la posta elettronica”?
-No, io quelle cose non lo so neanche toccare. Le devi stampare, come se fossero cartoline, e me le mandi con la posta, quella normale!
-Ah, ok!
-Hai capito?
-Sì, credo di sì…
Poi, oltre ai bambini, sono cominciate a entrare varie persone per fare le preghiere del mattino. Donne anziane e meno anziane. Scuotono il campanaccio del tempietto principale, qualche battito di mani. A tutte il vecchietto urla buongiorno!
Ha cominciato a far caldo. Hanno cominciato le cicale e hanno smesso le zanzare.
-Mancano dieci minuti alle sette, tra poco comincio a fare le pulizie.
-Va bene! Anche io vado e la lascio lavorare! – Con un tono di voce poco convincente perfino per me stesso ho aggiunto – Cominciamo quest’altra giornata!
-No, tu devi andare a dormire. Hai la faccia di uno yen.
All’uscita del tempio c’erano tutte le biciclettine dei bambini fermate con ordine. Piccole piccole, con accessori di plastica, cestini, specchietti, peluche attaccati a un manubrio, alcune ancora con le rotelline laterali. Nessuna traccia di genitori.