Poesie | giovedì 25 maggio 2006
Carlo Di Legge
Frammento etico-poetico
E’ stanca la poesia ma si presenta in un disturbato pomeriggio:
dovrò inseguirla come in sogno, fermandola un istante prima che dilegui.
Mi bisbiglia intorno a piccoli sciami: guarda l’altro, guarda te
stesso.
Nell’altro cerca te stesso, ma i destini non ripetono i destini:
nell’altro dunque cerca il diverso, in te stesso trovi il diverso.
E’ fertile, il tempo di chi cerca. La tua misura è: uguale e
diverso, e ognuno segue la sua stella, tracciando rotte nel
multiverso.
Tua stella, il tuo vero sentire,
sguardo talora libero come un immenso cielo spazzato da venti;
è preferibile con sentire,
ma in qualcosa segui solo te stesso.
Se necessario, preferisci ciò che il mondo non vede,
secondo prospettiva.
se per questo il mondo ti allontana, lavora per tempi migliori.
Testimonia l’ingenuità.
Tutto passa e ogni cosa muta se stessa
e tu provati alla fortuna che sempre cambia, come d’improvviso
figura di danza chiama opposta figura.
Prima del tempo non dire addio, ma prevedi il tempo, placa la
tristezza, sii sereno prevedendo.
Il peso della vita che rallenta, nei giorni disadorni
disperdendosi; i ricordi che,
non convocati, si presentano: tutto sostieni, con sentire che
s’impone.
Solitario o in compagnia, non è sconfitta né successo.
Preferisci pochi testimoni a un pubblico disattento. E sempre
una marea di vivi e di morti in te risale: è mai solitaria, o
affollata, la vita?
Preferibili veri sentimenti, e misurati, all’ostentare. Disinvolto o
timido, mansueto o rapace, coltiva i tuoi caratteri
fino a virtù, senza mutarli in
umiltà, o arroganza, che virtù non sono.
Sii grato in qualche modo a chi ti ama, ama chi trovi amabile.
Ama con decisione, ma lascia essere l’altro. Amare, basta; amare
essendo amati, è pieno; essere amati non amando – può essere,
ma è vuoto.
Siano successo e denaro, potere e sesso, ma fuggi l’eccesso.
Non sempre perdita agli occhi del mondo è tale – né acquisto.
Se già hai perso molto, puoi perdere ancora; se hai abbandonato,
puoi ancora essere abbandonato; se hai guadagnato, amministra.
Con l’età, guarisci il voler male e il dir
male nei tuoi luoghi di cura. Abbi casa, anche priva di mura,
custodendo i ricordi che crescono.
Che non divorino pensiero e intraprendenza, come i parassiti
impediscono la rosa.
Coltiva l’altro come te stesso: ricercalo non per utilità e
danno, ma per il piacere d’essere di fronte. Non per possedere
o per piacere ma per desiderio di conoscenza, in velocità o
con decisa timidezza.
Preferibile la verità che deve nascondersi a ciò che è in luce
ma prova vergogna,
benché la luce in sé sia benedetta, e la vergogna da interrogare.
Se devi, scegli dunque ciò che non si vede,
verificando il vedere, e porta l’altro a vedere, testimoniando
l’ingenuità.
Non indulgere a cecità condivisa.
Lascia fare agli altri la loro esperienza, ama benevolenza
e generosità: ama il mondo, nonostante appaia difficile, perché
un’altra strada oscura verità e potenza.
Pochi ascoltano e pochi possono condividere
ma è bene entrare nella mente che ti accoglie e farti
riconoscere, parlando chiaro e ascoltando. Anche se timido,
ardisci: che timore hai?
Benché l’ambiguità sia nella stessa luce,
si deve comprendere da che parte stai. Chiarisci te stesso,
incontrerai l’altro. Se l’altro si allontana per questo, prepara
tempi migliori.
E’ vera la differenza tra vero e falso, ma anche la verità del
falso è vera, e la verità della vita è senza
pietà. Cresca in te la verità delle cose, con la tua misura,
libera come un cielo stellato.
Che gli altri crescano e perdonino, anche attraverso te, la
crudeltà dell’esposizione alla luce e la paura del buio;
che gioiscano di te come del mattino, sentendosi poi
protetti con te, come una penombra che protegge.
Sii luce ingenua del mattino e penombra che protegge.
24/5/2006