Poesie | martedì 28 agosto 2018
Agostino Forte
Levitico
E sulle mie mani
una lebbra bianco latte
a suggerirmi la malattia della scrittura
accartocciata dalla polvere
cosparsa sulla memoria,
ora solaio di vecchiume.
Resterò a vagare per il tempo necessario
e quando mi riascolterò saprò
se la purezza della parola è riemersa
oppure stringe la voce nella valle dell’affanno
o saprò, dal colore dell’anima in cielo,
quanto i miei occhi saranno guariti.
Sii fiero se ancora la schiena scuoti
e dalle cadaveriche esistenze
vai riconciliandoti al cammino,
sii leggero se ancora dritto ti porti
sul viale della vita
nella sua pioggia di foglie.
Su Agostino Forte
Agostino Forte, 1957, ama dire di sé che è la confluenza di due storie, quella del padre Alberico e della madre Jolanda Suerra. Da loro ebbe origine il racconto della sua vita. Vive attualmente in Piemonte.
Sulla rubrica Poesie
A volte c’è un bisogno di sospensione. Di densità diversa. Di tempo trasognato. Di spazio poco arredato. Di un posto delle fragole nell’anima. Di silenzi gentili che non sono di solitudine, ma di rade presenze discrete.
A volte c’è un bisogno di sorpresa, di lampi improvvisi, accensioni impreviste. C’è un bisogno di respiro irregolare, di battito lento. Di ricerca segreta tra le pieghe del sogno e le unghie della realtà.
A volte c’è un bisogno di attesa. Di ricordo. Di sguardo lontano, distante. Di confini indistinti, di profili scontornati, nuovi.
A volte c’è un bisogno di poesia.
In quest’angolo di rivista se ne trova di nuova, di inedita, di molto famosa, di nascosta, di quella che addolora e di quella che consola. Basta cercare. Basta aver voglia di scoprire parole segrete. Basta trovare un piccolo tempo anche per la poesia.