Poesie | venerdì 14 novembre 2014

Carlo Di Legge

Phainómena

Mi si presenta il mondo
dove i soli e le lune sorgono,
che molte lingue descrivono in giardini d’alfabeti e di sintassi,
il misterioso mio corpo si presenta,
di tutti i corpi l’analogo:
residuo arcaico dell’inizio,
passaggio a nuove terre.

Molte strade
portano nel dove innumerevole
dai sonanti nomi.
Ogni nome, immagini: le immagini, colori.
Mi sfugge la genesi dei nomi
ma è certo,
essi sembrano orientarmi.

La folla dei viventi si presenta,
acquatici e terrestri,
percepisco gli alati
in apparenza di semplicità.
Un ordine nel caos.

Cacciano e coltivano gli uomini,
per nutrirsi;
ma con piacere uccidono,
credono di ornare le dimore con vestigia di uccisi.
Portano la minaccia e la ferocia.
Combattono il simile,
invidia e gelosia li accompagnano,
amano in molti denaro e potere sulla terra.

In passioni insensate trovano
gloria, dando e ricevendo
sventura e morte.
Sono all’altro gioia o malattia.

Non sono certo che il male vi sia,
ma quel che accade si presenta;
l’impensabile accade.
Vedo i presagi,
abito nell’adesso,
conosco l’eccesso,
non lo inseguo.

Nell’adesso il piacere può raggiungermi
anche davanti a un muro
della mia casa
dove non lascio che le cose
si ammucchino in disordine,
e lo spazio prenda il sopravvento.
Felice istante.


Spazio minuscolo che s’apre,
mi proteggono gli dèi,
nel propizio sentire.
Sulla parete, i quadri mi portano ricordi,
rendendomi presente tutto il tempo
che forse mi appartiene,
come le immagini di lei
(una volta era qui intorno)
che componeva alfabeti di foglie
trovate passeggiando nel bosco.
Cose consuete
possiamo riscoprire ogni volta,
come fosse la prima.

Questo mondo che sembra ordinario
si chiude
come parola di sibilla,
come notte sui palazzi d’una città straniera
che nascondono cose che non so.

A volte
credo d’intendere antichi disegni.
Allora il mito è qui.

Forse una fonte invisibile,
una diversa energia,
offre le matrici dei pensieri
e le viventi forme.
Pregne d’immagini
rispondono le menti.
Ogni mente, una scintilla
che s’accende.

In quest’ora, i testi
di alfabeti vegetali,
di odori e sapori, colori e sentimenti,
spiccano sul muro di fronte.

Che tu sogni il tuo tempo, o sia desto
al movimento dei mondi,
hai momenti di grazia.

L’ospite gradito sopraggiunge,
passando i valichi, semplice alato,
può dilagare nell’immenso
d’un pomeriggio che s’inoltra nella sera.

31.10.2014


Su Carlo Di Legge
È stato a lungo in Puglia ma è nato per puro caso a Salerno, poi ha trascorso gli anni a trasferirsi per l’Italia. Serba uno scrigno incantato del passato e inventa cattedrali benevole per l’avvenire. Spera di essere, in questo, come tutti. Negli ultimi tempi dice d’essersi iscritto alla scuola del presente. Scrive di filosofia, di tango e di poesia, è vero, bisogna ammetterlo.

Sulla rubrica Poesie
A volte c’è un bisogno di sospensione. Di densità diversa. Di tempo trasognato. Di spazio poco arredato. Di un posto delle fragole nell’anima. Di silenzi gentili che non sono di solitudine, ma di rade presenze discrete. A volte c’è un bisogno di sorpresa, di lampi improvvisi, accensioni impreviste. C’è un bisogno di respiro irregolare, di battito lento. Di ricerca segreta tra le pieghe del sogno e le unghie della realtà. A volte c’è un bisogno di attesa. Di ricordo. Di sguardo lontano, distante. Di confini indistinti, di profili scontornati, nuovi. A volte c’è un bisogno di poesia. In quest’angolo di rivista se ne trova di nuova, di inedita, di molto famosa, di nascosta, di quella che addolora e di quella che consola. Basta cercare. Basta aver voglia di scoprire parole segrete. Basta trovare un piccolo tempo anche per la poesia.

Sentire il tango argentino. Dieci lettere e una poesia, di Carlo Di Legge (Fuori Collana, 2011)
Il candore e il vento, di Carlo Di Legge (Fuori Collana, 2008)