Carlo Di Legge
Notte stellata
Nessuna possibilitA? di contatto dal villaggio,
adesso scende la calma dalle montagne in fondo.
Il tuo minuscolo regalo ma??A?N caduto nella stanza,
subito mi sono detto: deva??essere un segno,
e la??ho lasciato dova??era.
Sembra che qui sotto la notte stellata
nessuno possa venire a trovarmi.

Siamo piccoli in questa trama,
non siamo neanche lo scintillare da??un istante,
la vita intera non A?N che un gesto di stella.
I nostri fili sono intrecciati nella grande rete,
fortuna e rovina hanno volti che non puoi discernere
e domani sapremo di un disastroso terremoto, non lontano.

Dici che progrediamo: A?N vero,
credo che da ogni punto si potrebbe camminare per lo smisurato,
ma per quanto somiglianti siamo diversi
come il giorno e la notte,
ognuno va dove gli riesce
e domani molti di noi non si sveglieranno.
Eppure, se A?N dipeso da noi, ci siamo sempre ritrovati:
qualcuno ritorna a prendere la??altro o si ferma ad aspettarlo.
Domattina il mio primo pensiero
sarA? di cercare quel tuo piccolo dono.

22.8.2016

Carlo Di Legge
- Notte stellata -
Carlo Di Legge
Versioni della notte
Finestra sulla notte (1)

Notte.
Una finestra illuminata.
Finestra solitaria,
una ferita nel buio.

Luna crescente,
vestita di luce da??argento,
guarda questa finestra.

La poesia mai scritta
non vista
nel silenzio ti guarda.
9.9.2015



Finestra sulla notte (2)

Quando si fece notte nella valle
una casa si staccA2 dal buio
per via da??una finestra illuminata.

Poi spuntA2 la luna crescente
e navigava sul villaggio,
il cielo fu di cristallo.

a??g Oh luna, a??g disse la finestra
di fioca luce a??g splendore del cielo,
come sei bella,
deva??essere forte la tua fonte,
qualunque sia.

Vennero dalla luna,
cosA?? maggiore da??una povera finestra,
parole ispirate, respiro di maree,
cicli lunari e culti misteriosi.

CosA?? fu quella notte una gran luce
alla finestra,
quasi una porta
su qualcosa??altro,
e la luna ebbe un poa?? di umanitA?.

Ma la finestra sapeva che la luna
era uguale a se stessa
e i paragoni sono paragoni.

Ognuno fu di piA1, o fu diverso,
e infine ognuno restA2 quel che era:
una finestra o una luna di fine agosto,
un sabato sera.
23.8.2015



Finestra sulla notte (3)

Si fa notte,
il lago A?N nero e nascosto.
Una luce nella casa
A?N un segno di speranza.

Pensieri tristi.
Appare da sinistra
la lucentissima luna.

Incostante luna,
mutevole ogni notte.

CosA?? la??emozione.
Dopo minuti o giorni
prende parola.

La casa in basso, la luna in alto.
Gli scambi della notte. Il qui, la??altrove.

Luce terrena,
tesa alla??ascolto di quel che non A?N detto.
Silenzio, resto senza fine
della??inaudito
che chiede corpo di parola.
7.9.2015

Carlo Di Legge
- Versioni della notte -
Carlo Di Legge
Le navi sanno
Nacqui vicino al porto,
nella casa che non abito piA1.
Ora non vivo sul mare
ma le navi mi chiamano,
ogni volta che passo:
a??g se non vieni con noi, ti salutiamo.
Profonda e triste, la voce delle navi.
Mi porta la??antica e preziosa meraviglia
quel suono, che percorre
i moli sottili della mente.

Esito: partire a??g
con quali navi, verso quali porti?
Non si decide dal suono,
dova??A?N diretta una nave,
e nemmeno a vederla.

Dicono:
a??g solo sappiamo di nebbie
e mare grosso,
e terre che sorgono da nebbie,
o terribili destini,
se la rotta appena un poa?? si confonde.

Eppure mi sembra che
ne sappiano di piA1:
le navi sanno di viaggio. Tu
hai molti modi da??essere nave,
e, se a volte perdi il mare,
chissA? quante vie per tornare.


settembre 2014

Carlo Di Legge
- Le navi sanno -
Mena Verderame
Per me A?N comunque: sA??.
Per me A?N comunque: SA??, i colori stimolano alla Filosofia.
Ea?? molto interessante. Un tema cui tengo molto - e che ben si sposa alla??interrogativo - A?N la morale sensitiva. In sintesi, i possibili effetti sull'anima delle impressioni esterne, del clima, dei colori e di ogni forma di percezione 'estetica' ...
La morale sensitiva. Gli effetti (sull'anima) delle impressioni esterne, del clima, dei colori e di ogni forma di percezione 'estetica' non hanno un mero riflesso a??sensorialea??, ma stimolano e possono condizionare noi, la nostra psicologia, forse anche la stessa nostra visione del mondo.
La percezione dei colori non A?N solo una ricezione fisica, passiva del sistema cromatico; vi A?N una ricaduta psicologica, morale nella??esperienza dei colori (di ciascun colore, perchAc ciascuno ha i propri effetti).
Le percezioni sensibili attivano sA?? la riflessione, ma chiamando in causa una ragione di tipo sensibile.
Mi sembra centrale la scelta della citazione di Wittgenstein, il quale auspicava una descrizione della??esperienza dei colori di tipo fenomenologico: la??attenzione va non tanto (o, comunque, non solo) al versante fisico, oggettivo della visione dei colori, quanto alla dimensione, per cosA?? dire, soggettiva della??esperienza che ciascuno ha del fenomeno colore. E che cosa tale esperienza comporta nel soggetto.
Mi sembra un significativo riferimento teorico per queste riflessioni.
Che cosa causerebbe in me il risveglio in una??aurora verde ? Assolutamente, inquietudine a?| un cielo tramato di verde non rientra nelle mie preferenze.
Ma poi, A?N il tema del dibattito: vi A?N certo un pregiudizio culturale in questa esperienza estetica, suppongo.
Non solo una esigenza emotiva di colori caldi a?|

Mena Verderame
- Per me A?N comunque: sA??. -
Rosaria de Marco
Ho sotto gli occhi il rosa aurorale
Mentre scrivo ho sotto gli occhi il rosa aurorale che impregna di sAc il versante glabro di Capo Miseno e tutta la costa tufacea del golfo. E le case, di qualunque materiale costruite e di qualsiasi colore dipinte. E il massiccio volume del castello aragonese di Baia.
Sotto la??effetto potente di questo colore culturalmente gentile, il verde della vegetazione si fa grigio, come fosse in ombra, anche se guarda a Levante.
Il mare invece trattiene il suo azzurro camaleontico e casuale (oggi il tempo A?N bello), limitandosi ad accogliere in superficie la patina di rosa che diluisce nella liquiditA? e illumina solo il cavo della??onda minima (oggi una??increspatura appena).

Comprendo e condivido la sensazione di freddo associata al verde della??aurora boreale. I colori, in misura piA1 apprezzabile e intuibile di qualsiasi altra cosa per convenzione definiamo a??realtA?a??, risultano dalla relazione oggetto (o fenomeno)/soggetto percipiente. Modeste possibilitA? di stabilire con sicurezza cosa si intenda per verde, o blu. Certo, nella soggettivitA? la cultura copre un ruolo determinante, Omero A?N senza??altro responsabile del sentimento cromatico caldo che associamo alla??aurora. EpperA2 Omero, come noi, era Mediterraneo (o, se si preferisce, espressione mitica di mediterraneitA?) come noi, sotto i cui occhi, quando il tempo A?N bello, il giorno si apre e si chiude nel rosa, letterariamente meno indifferente della??azzurro e, per contiguitA? di frequenza, del verde.
La fisicitA? della geografia, detto in altri termini, non puA2 essere trascurata in una riflessione sui colori.

Il verde sembra avere una natura spiccatamente materica che soffre nel passaggio a uno stato di rarefazione, fino a diventare perturbante. Per le nostre latitudini, la luce verde (anche quella rara e miracolosa del rayon vert) A?N una??effrazione alla??ordine cromatico, sostenibile in quanto tale, e solo se circoscritta nella??intermittenza circolare di un semaforo o di un faro da??atterraggio, o nella stagionalitA? boreale, circolare e circoscritta ancha??essa.
I verdi della??erba, del fogliame degli alberi, dei muschi del sottobosco, delle muffe che striano i muri umidi e i formaggi invecchiati, trasmettono tutti sensazioni di frescura, freschezza, freddo, fino a quello estremo della decomposizione. Nei film e in altre rappresentazioni grafiche o letterarie, il verde A?N spesso associato agli alieni. Insomma, questo colore non presenta buone qualitA? di trasferimento, ovvero tende a a??snaturarsia??, quando riveste la??insolito.

Dunque, se dovesse capitarmi di svegliarmi nel verde, mobile e attraversato da lampi, mi sentirei in allarme, saprei che tutto sta per cambiare, senza sapere in che modo: la luce verde dA? il via libera, A?N vero, ma dove porterebbe una via non illuminata dalla presenza rassicurante del rosa?
Il rosa A?N la certezza che qualcosa di buono puA2 ancora accadere (fossero anche solo le condizioni atmosferiche).
Il rosa A?N il colore-rappresentazione piA1 prossimo alla pelle, alla??incarnato, al seno materno e, piA1 cupo, alla??utero generatore.

Come A?N ovvio, tutto quanto fin qui scritto trova il suo senso soltanto nel fatto che io non sia islandese, o peggio.

Rosaria de Marco
- Ho sotto gli occhi il rosa aurorale -
Vincenzo Cocco
CiA2 che mi turba
CiA2 che mi a??turbaa?? nelle foto che hai inviato A?N la prevalenza del verde su ogni altro colore: il verde nelle aurore boreali A?N cosA?? a??prevalentea?? da essere a??invadentea??.... A?N a??diffusivoa?? e a??inclusivoa??... non lascia essere gli altri colori....
La nostra aurora (che A?N un a??crepuscoloa??, anche se del mattino, la??ora, dice Baudelaire nel CrAcpuscule du matin, in cui a??la lampada, come un occhio sanguinante che palpita e si muove, fa una macchia di rosso sul giornoa??), la nostra aurora, dico, A?N toccante perchAc il rosa A?N cosA?? discreto da lasciar essere ogni altro colore: A?N una macchia trasparente attraverso cui e grazie a cui tutti gli altri colori (il bianco e il celeste soprattutto) si esaltano, riconoscenti......
La suggestione delle aurore boreali, tu dici: e usi un termine, suggestione, che stabilisce tra la realtA? e la??io un rapporto in cui la??azione muove dalla??esterioritA? verso la??interioritA?, con la realtA? che suscita nella??io atteggiamenti, desideri, pensieri, emozionia?|.. A?N la realtA?, secondo te, che affascina e produce fascino. Con Simmel, invece, ritengo che il rapporto tra paesaggio e animo sia dialettico e reciproco: una linea invisibile, perchAc indefinibile, divide e tiene insieme paesaggio e io: non A?N possibile definire dove inizia e finisce la??azione proiettiva della??io e dove inizia e finisce la suggestione della realtA? sulla??animo umano
Qui un problema di carattere teorico relativamente al paesaggio: il paesaggio A?N la proiezione di uno stato da??animo o determina lo stato da??animo?
Questione dibattuta a partire da Henri-FrAcdAcric Amiel quando scrive, nel suo Journal intime, che a??qualsiasi paesaggio A?N uno stato da??animo: e chi sa leggere in entrambi A?N meravigliato di ritrovare la similitudine in ciascun dettaglioa??(Journal intime, La??A?ge da??Homme, Lausanne, 1978, tome II, p. 295). Questa??idea A?N formulata dopo una passeggiata di mezza??ora che egli fa in un giardino a??par une fine pluiea??: a??Paesaggio da??autunno. Cielo teso di grigio e increspato da diverse sfumature [...] natura malinconica, le foglie cadono da un solo lato come le ultime illusioni della giovinezza sotto le lacrime di dolori incurabilia??(ibidem).
Secondo Pessoa, invece, il paesaggio esiste indipendentemente da noi (la??animo, se proprio si vuole, A?N una sorta di paesaggio). Ti trascrivo il passo di Pessoa, tratto da Il libro della??inquietudine:
a??Ha detto Amiel che un paesaggio A?N uno stato da??animo, ma la frase A?N la??esile felicitA? di un esile sognatore. Quando il paesaggio A?N un paesaggio, esso cessa di essere uno stato da??animo. Oggettivare significa creare; e nessuno direbbe che una poesia scritta A?N lo stato da??animo di pensare di farla. Vedere A?N forse sognare, ma se lo chiamiamo vedere invece di chiamarlo sognare A?N perchAc distinguiamo il sognare dal vedere.
Del resto, a cosa servono queste speculazioni di grammaticale psicologia? Indipendentemente da me cresce la??erba, piove sulla??erba che cresce, e il sole indora il prato da??erba che A?N cresciuta o crescerA?; i monti si ergono da tempi immemorabili, e il vento passa nello stesso modo in cui Omero, anche se non fosse esistito, la??ha sentito. Sarebbe piA1 giusto dire che uno stato da??animo A?N un paesaggio; la frase avrebbe il vantaggio di non ospitare la menzogna di una teoria ma solo la veritA? di una metaforaa??(F. Pessoa, Il libro della??inquietudine, a cura di Maria JosAc de Lancastre, Feltrinelli, Milano 1997, pp. 86-87).
Che mi turbi, nelle foto delle aurore boreali, la prevalenza del verde su ogni altro colore (il verde nelle aurore boreali A?N cosA?? a??prevalentea?? da essere a??invadentea??.... A?N a??diffusivoa?? e a??inclusivoa??... non lascia essere gli altri colori) deriva dal fatto che una realtA? estranea entra nel mio sguardo. CiA2 dice che il paesaggio ha anche una connotazione storica. Si rifletta sulla geografia interiore o immaginaria del soggetto rispetto alla geografia reale. Nel corso della storia i paesaggi (il loro valore simbolico e figurativo) sono cambiati: pensa alla foresta. Dante, che A?N la summa del modo di sentire medievale, Cartesio che inaugura la modernitA?, pensano alla foresta come a un luogo tenebroso, metafora e simbolo della??erramento e del male. Bisogna attendere Rousseau perchAc la foresta diventi luogo in cui la??io trova se stesso. E, ancora, Nietzsche, che dirA? di amare la foresta e non la cittA?, la prima essendo il luogo della??oltreuomo.
Georg Simmel, nella sua Filosofia del paesaggio (1912-1913), ritiene che il rapporto tra io e paesaggio puA2 essere pensato attraverso la??idea di Stimmung: termine che dice stato da??animo, ma, in musica, accordatura: accordo che in musica si ha quando si armonizzano, secondo i rapporti dovuti, le varie parti da??uno strumento. Nel caso del rapporto tra interioritA? ed esterioritA? quando si armonizzano animo e realtA? esterna. Ca??A?N, secondo Simmel, un movimento a spirale tra animo e paesaggio.
Da queste considerazioni rispondo alla domanda: a??Se il colore del risveglio fosse il verde, e il cielo fosse attraversato da lampi e luminositA? diffuse, questa situazione inciderebbe sicuramente su ognuno di noi.... e in modo diverso, tenendo conto della nostra sensibilitA? e del nostro modo di a??vederea?? che A?N anche un nostro modo di a??sentirea?? a??.
Una brevissima affermazione conclusiva: il modo di vivere e sentire il paesaggio A?N storicamente dato.

Vincenzo Cocco
- CiA2 che mi turba -
Laura Canciani
Amo il verde
Amo il verde non uniforme, opaco o giallognolo, bensA?? il suo rimescolarsi con la??azzurro nella gradazione acquamarina. Mi piace sentire il suo effetto benefico, calmante e ristoratore. Il verde dona freschezza alla mente, rinnovato vigore, riattiva energie latenti. Asseconda parti evidenti del mio carattere: la pacatezza, la??introspezione, il controllo. Frena la mia spinta alla??attivismo e imprime ai ritmi vitali un andamento interno, naturale, meglio sintonizzato con quello del respiro. La??energia risulta concentrata e la??azione finalizzata, efficace e produttiva. Potrei diventare, alla??ombra di questo colore, meno volubile e fluttuante, piA1 stabile e rocciosa, determinata e tenace. Tuttavia avverto il limite di un risveglio prolungato nel verde, cosA?? come si presenta nei toni della??aurora boreale. Uno spettacolo di grande intensitA? emotiva: stupore incantato misto a velato timore.
Immersa nella sua immaginaria visione ascolto le risonanze interioria?|
La schiacciante dominanza del cielo che si impone con la sua scenografica rappresentazione di bagliori pulsanti impegna di prima mattina la mente a porsi interrogativi esistenziali rilevanti, senza possibilitA? di sostare in uno spazio limbico neutro, in cui sciogliere i sopori notturni. Inevitabile domandarsi se sia sogno o realtA?, quale posto occupare in questo spazio fluorescente, come muoversi in esso, avendo la??impressione di convivere con stravaganti fantasmi. Aprendo gli occhi, avverto il prolungarsi del legame con la??oscuritA?. Qualcosa rimane del blu tenebroso, si riversa nel verde e lascia nella??animo un alone cupo, che facilmente si tinge di tristezza e di malinconia. La notte viene squarciata da fasci verdastri ondeggianti che chiudono la terra in un ventaglio svolazzante e avvolgente. Ma questa??aura protettiva assume un volto austero e costrittivo, orientando i pensieri verso una solitaria meditazione. La luce cerca di aprirsi un varco, donando alla desolata superficie terrestre qualche lieve bagliore giallastro che languisce e si perde nelle tenebre. Sono timide manifestazioni di solaritA? che non sostengono note psicologiche forti e marcate. Sentimenti ed emozioni vengono smorzati e un poa?? congelati. Sento risuonare la spinta vitale, la positiva apertura alla vita, la disposizione empatica a percepire i battiti emotivi altrui entro toni medi , equilibrati. Senza fughe verso il superamento di limiti definiti. I movimenti luminosi della??aurora polare, simili a danze fantasmatiche, evocano presenze misteriose e inquietanti, accentuando il senso di finitudine e di precarietA?, la consapevolezza della propria piccolezza di fronte a forze naturali sovrastanti. I confini della??orizzonte esistenziale si dilatano per accogliere la dimensione della??ignoto e insondabile. A? un vivere ai limiti della realtA? e delle certezze, col rischio di precipitare nel vuoto di risposte e nella perdita di precisi agganci. Trasportata dal movimento fluente del cielo, avvolta nella sua verde vibrazione, vedo la parabola della vita prolungarsi oltre la logica ragionevole e vacillare tra il fantastico e il possibile, la luce e la??ombra, il certo e la??imprevedibile. Risulta meno rilevante in un simile contesto la tendenza alla??autoaffermazione individuale e prioritario il bisogno di armonizzarmi positivamente con la??intero universo e con i miei simili, nella ricerca di sinergie efficaci per la convivenza.
Percepisco i benefici effetti sperimentabili di fronte a uno scenario cosA?? spettacolare come quello boreale, ma la??ingresso nella quotidianitA? giornaliera mi appare forzato, come se alcune tappe preliminari della??evoluzione personale non potessero essere vissute. Nel verde ci si ritrova giA? psicologicamente strutturati, definiti, senza aver goduto pienamente la spensierata giocositA? e la??ardore inconsapevole delle fasi iniziali, infantile e adolescenziale.
Per questo motivo apprezzo e prediligo la??aurora bianco- rosata, con le sue tinte delicate. Mi sembra meno invasiva e piA1 rispettosa dei ritmi personali. Il contrasto buio a??g luce A?N piA1 marcato, ma necessario perchAc gli occhi e il corpo ricevano la spinta ad uscire dal torpore e si preparino alla??operositA?. Nel lattiginoso biancore che prelude al nuovo giorno si nasconde tutta la??ampia gamma dei colori, riflesso delle infinite risonanze interiori che trovano maggiore libertA? di espressione. Le pennellate di rosa accennano a quella??energia vitale che si arricchisce col tempo di tonalitA? intense, trapuntate di slanci, passioni, forti emozioni. A? un risveglio morbido e leggero, accogliente e aperto a tutte le innumerevoli espressioni della??essere, che accompagna con femminile dolcezza nelle vicissitudini della vita. Un graduale sbocciare che contempla e non esclude il verde. Questo colore potrebbe apparire in un momento successivo, piA1 meditativo, quando giA? i frutti della giornata stanno giungendo a maturazione ed emerge il bisogno di refrigerio e serena tranquillitA?.

Laura Canciani
- Amo il verde -
Carlo Di Legge
Ho visitato i morti
Ho visitato i morti senza nome
e si A?N spalancata la notte.
La notte ha suggerito: dio.
Ma non aveva ancora finito,
e si A?N presentata la??assenza.
16. 9. 2013

Carlo Di Legge
- Ho visitato i morti -
Lucia Vitelli
Incontrarsi a settembre
Al borgo,
la malinconia A?N dipinta.
La montagna ha poche case.

E, lontano,
un cimitero.

La??aria,
A?N quella di settembre,
un preludio da??autunno
che tanto ti somiglia.

Ombre e luci.
La natura
consacra il suo silenzio.

Qui, io sono foglia e potrei
morire di gioia.

Lucia Vitelli
- Incontrarsi a settembre -
Carlo Di Legge
Il riposo
Momento atteso come una necessitA?,
altri lo temono,
e perciA2 lo rinviano.
A? ora: adesso
a riposo!
Dubito sulla parola:
tendo ad unirla alla??aggettivo eterno,
senza??avere una nozione, che non ca??A?N.

Lo pensavo come un passaggio inevitabile
da uno ad altro stato,
ma ca??A?N della??altro,
come se da dove sono
si torni
verso quel che fui da molto giovane,
e forse sono stato in ogni tempo.

E fino ad oggi, ero e non ero io.
Adesso so perchAc.
Non ero sempre dove mi cercavano, ma altrove,
in uno spazio dove respirare.
Altrimenti
maschera, nascondiglio e fortezza.
Si diventa forse un copione da recitare
tra gli altri a??g identitA?, che copre il vero volto?
Nascondiglio, allora, dove celare
piuttosto che mostrare,
sembrare quel che non sono;
fortezza, dove difendersi, al riparo
dagli sguardi tesi a catturare.

Devo ammetterlo: cosa
piA1 radicale e povera
di quei gradini che intendevo
fossero per salire
di cui a volte
sono andato fiero.

Dunque, cosa??ero? Intanto,
quel che non ero,
un vuoto che a sua volta guarda la??altro,
ma dalla prospettiva della??assenza.
Quindi, ancor meglio, nulla,
paradosso della??essere che sono a??g
come se non ci fossi,
pur essendoci a??g un nulla traversato
da lampi secchi e silenziosi, nei viaggi
in auto e treno, nei trasferimenti
di sentimenti a??g segni ed immagini,
addirittura
fortunali di scrittura,
in occasioni felici.

Deva??essere cosA??:
chi si reputa qualcuno,
con il mostrarsi in piena luce, e si fa
una lussuosa casa;
chi si maschera e protegge in fortezza;
chi nulla.

E il piA1 bello
di questo ritornare fanciullo?
Di tutto
non me ne importa niente.
.
31.8.2013

Carlo Di Legge
- Il riposo -
Lucia Vitelli
Raggio d'ombra
Da giorni corro a te,
solitario monte
che bruci la??erba distesa ai tuoi piedi
e innalzi fumo
per il dio della natura.

Per la prima volta ti vedo
in fondo alla mia mente
vestito di stagioni,
in nobile solitudine.

Montagna nella terra dei venti,
sei tante cose insieme
in immobili forme
e nei mille fili
che sa??agitano
tra le querce e i faggi muti.

Le correnti sollevano echi
nel respiro da??azzurro
mentre una scia di sassi,
ricorda il sentiero
che corre giA1.

Facile scivolare a valle.
Mi trattiene
la??ombra di un raggio.

Lucia Vitelli
- Raggio d'ombra -
Valerio Bruner
Highgate Village at Noon
Verdi fronde sfiorano le acque,
morbide onde si infrangono sulla riva erbosa.

Alberi antichi e ricurvi invitano le giovani foglie a danzare,
una danza che il solo vento del mattino puA2 ispirare.

Sentieri nascosti e mai battuti ci conducono laddove
nessun dolore A?N mai passato.

Profumi di tempi lontani, attimi che furono
e che la memoria della pietra non vuol cancellare.

Solitario un corvo apre il cammino dei due amanti,
insieme riscoprono emozioni per troppo tempo celate,
persi la??uno nel cuore della??altra.

Valerio Bruner
- Highgate Village at Noon -
Annarita Lamberti
Tutto il dolce di una fetta di cassata


Il taxi li lascia nello slargo della fonte Aretusa. A? una serata tiepida e il vento marino la rinfresca. Prendono la stradina che porta in piazza del Duomo alla ricerca di un ristorante che attiri la loro attenzione. Passeggiano e chiacchierano. Rosalba lo punzecchia e Lorenzo sta al gioco anche se sembra prenderla sempre sul serio. Camminando attorno al Duomo si ritrovano in una viuzza dove notano un ristorante molto particolare. Dalla??esterno si vede bene un grande lampadario Swarovsky tutto illuminato. Sembra il salotto buono di una casa borghese. La??insegna dice a??Al MazarA??a??. Piace ad entrambi e decidono che ceneranno lA??, se ca??A?N posto per due. Un bel signore molto alto, longilineo ed elegantissimo nel portamento li fa accomodare in una sala con un piano del primo novecento: una donna bionda di mezza etA?, vistosa e barocca nella??aspetto, canta Chagrins da??amour e si accompagna al piano. A? una cliente, i suoi amici sono a due tavoli da loro. Un bel gruppo di melomani.
Hanno scelto bene. Si mangia meravigliosamente, tanto che Lorenzo non vuole concludere la cena senza dolce. La carta dei dolci A?N interessante:
- Che cosa??A?N questo a??muccunettua???
- Una specialitA? delle suore trapanesi: un bocconcino di pasta di mandorle ripieno di confettura di zucca?
- Meravigliosoa?| lo prendo, non ho dubbi! a??g dice Rosalba e Lorenzo segue la sua scelta.
Quando la giovane cameriera porta loro le due porzioni di muccunetto, golosamente arricchite da una scenografia di cioccolato fondente, Lorenzo si rende conto che quella delizia A?N tanto appetitosa quanto esigua, A?N il caso di assecondare quella gran voglia di dolce che gli A?N venuta.
- Scusi, signorina, ci porterebbe anche una porzione di cassata, con due forchettine, per favorea?|che ne dici Rosalba, la assaggiamo insieme?
La cameriera va ad eseguire la??ordinazione del dolce aggiuntivo senza aspettare che Rosalba esprima il suo parere.
- Non ti sembra di esagerare con tutto questo dolce?
- Sono a dieta tutto il resto della??anno posso pure permettermi una trasgressione di tanto in tanto e, poi, non mi sembra il caso di stare attento proprio ora. E nessuno dei due, mi pare, abbia problemi di lineaa?|
Per quanto li gustino lentamente i due bocconcini finiscono in poco tempo e quando arriva la fetta di cassata, Lorenzo, che ormai A?N in confidenza con Rosalba le rivolge la domanda che avrebbe voluto farle giA? la sera prima.
- Scusa, Rosalba, quella??uomo che ieri A?N venuto a casa tua e avrebbe voluto rimanere a cenaa?| chi A?N?
- Antonio, dici? Antonio A?N la??uomo con cui ho una relazione da quasi venta??anni, oramai.
- Ah, ecco. A? il tuo compagno.
- Compagno? Che cosa vorrA? dire compagno?
- Beh, la??uomo con cui condividi la vita senza essere sposata con lui.
- Ma A?N ridicolo! Abbiamo ben poco da condividere, io e Antonio!
- Hai appena detto che avete una relazione da quasi venta??anni! Non A?N mica poco?
- Qualche volta passiamo la notte insieme o, meglio, ad un certo punto se ne deve tornare a casa sua, non ce lo voglio a dormire vicino, non ce la??ho mai voluto. Facciamo qualche viaggio, qualche
vacanza insieme. Negli alberghi sempre camere separate. Andiamo al cinema insieme e facciamo la??abbonamento al teatro insieme, pure. Da quando A?N cominciata tra noi, Natale, Capodanno, Pasqua, le domeniche, i compleanni e gli onomastici li passiamo insieme, generalmente a casa mia. Ma non condividiamo altro e non so se si possa chiamare a??compagnoa?? un uomo in questo tipo di relazione.
- PerchAc non vivete insieme? Non lo avete mai fatto?
- PerchAc? PerchAc?a?|arrivA2 tardi a??g e affonda la forchettina nella fetta di cassata e porta alla bocca un grosso grumo di dolcezza.
- Quando? Ci tieni cosA?? tanto alla puntualitA??
- ArrivA2 tardi nella mia vita.
- Non capisco, Rosalba, spiegami, per favorea?|
- Io e Antonio siamo stati colleghi a lungo nello stesso liceo. Quindici anni abbiamo lavorato fianco a fianco. Lui insegnava filosofia e storia. Mi A?N sempre piaciuto, era un bella??uomo ai tempi della scuola e, tutto sommato, si mantiene bene anche adesso. Io sono stata sola per tanti anni. Non che sia stata una a??Pura e Vergine Mariaa??, no, assolutamente, ma una vera storia da??amore non la??ho mai vissuta. E la??ho cercato a lungo, la??amore. Ma il tempo passa e ti accorgi che possono esserci anche altre cose. Un progetto di vita, per esempio, fare una famiglia, condividere il desiderio di una famiglia e farla insieme, un uomo e una donna semplicemente, anche senza il grande amore per lo mezzo ma con grande complicitA?, rispetto, stima. PerA2 neanche quello A?N venuto. Poi, ad un certo punto, avevo 49 anni, e da pochi mesi ero andata in menopausa - alla??epoca a differenza di oggi non si poteva fare niente o, comunque, non ti facevano fare niente per arrestarla - arriva Antonio con una richiesta di matrimonio in piena regola. Anello di fidanzamento con brillante e una dichiarazione da??amore tanto anacronistica da risultare ridicola. Mia madre ne fu felicissima. I vecchi non hanno pudore. CominciA2 a parlare della casa che avrebbe voluto darmi, per la mia famiglia. E del ricevimento per festeggiare. Io molto semplicemente invitai Antonio ad uscire da casa mia insieme al suo brillante e a quella??inappropriata dichiarazione da??amore.
- Ma perchAc? Se hai appena detto che quella??uomo ti piaceva e vi conoscevate da tempo?
- Da quindici anni.
- Appunto. PerchAc mandarlo via a quel modo?
- Cosa voleva Antonio da me?
- Non ho capito, Rosalba, in che senso?
- Nel senso che ho appena detto: cosa voleva quella??uomo da me?
- Sposarti, te lo aveva giusto chiesto!
- Ma a che scopo?
- Ma come a che scopo?
- Non ci si sposa tanto per fare, lo sai benissimo. Antonio mi ha conosciuta che non avevo 35 anni. Abbiamo vissuto fianco a fianco, giorno dopo giorno, e quando scopre di volermi sposare? Quindi anni dopo. PerchAc non sei mesi dopo o sei anni dopo? No. Aspetta che ne passino quindici. Aspetta che venga il tempo che gli serve. Poi chiede la mia mano perchAc mi ama, dice, con tutto se stesso. E io che me ne faccio di quel tutto se stesso?! A quella??etA? che avevo! Scomodare la??amore, questo A?N stato la??errore piA1 grave. CosA?? di cattivo gustoa?|
- Scusa, Rosalba, ma ancora non riesco a capirea?|
- Cosa voleva da me? A quel punto, sposarmi per cosa? Cosa potevamo fare noi due insieme perchAc servisse sposarsi? Il matrimonio. Cosa voleva da me? Che gli stirassi le camice? Gli preparassi pranzo, cena e colazione al mattino, che gli portassi il caffA?N a letto magari. E, poi, sA??, certo, li portavo sufficientemente bene i miei anni per essere una gradevole compagnia nel letto, se quello che lo preoccupava era non aver abbastanza resistenza da andare a cercarsi le donne in giro per la cittA?,
quando ne aveva voglia. E io? PerchAc mai avrei dovuto fargli tutto questo? Cosa aveva da darmi lui in cambio? In cambio dello scempio dei miei anni buttati, della??umiliazione che mi infliggeva con quel brillante e quella dichiarazione che scomodava un grande amorea?|
- Ma, Rosalba, A?N pazzesco! Non A?N possibile che una donna intelligente come te creda davvero a quello che hai appena detto?
- Cosa mai ci sarebbe di pazzesco nel mio discorso?
- Ma tutto!
- A? il tuo punto di vista, di un uomo, in primo luogo, che ha avuto esperienze del tutto diverse. Quanti anni aveva la donna che hai scelto di sposare? Quanto tempo hai aspettato per chiederglielo? Non quindici anni, di certo. Vuol dire che quando hai sposato Anna, che aveva 27 anni da lei e con lei volevi tutto: a??con il mio corpo ti onoroa??, lo dice la Bibbia, tu leggi il Vangelo dalle suore, conoscerai pure qualcosa della Bibbia, no? E, allora, dimmi: perchAc Antonio ha aspettato, invece? PerchAc ha aspettato che fossi troppo vecchia?
- Ma non si A?N vecchi a 49 anni! E anche lui mi sembra un tuo coetaneo o giA1 di li.
- Ma una donna a 49 anni, e te la??ho giA? detto questo con riferimento a me, non A?N piA1 in tempo per quel desiderio di tutto che tu hai di certo provato per tua moglie e che ti ha spinto a chiederle di sposarti. Io non ero piA1 in tempo per una famiglia e lui ha scientemente aspettato che non lo fossi piA1. PerchAc, allora, la beffa della domanda di matrimonio, del brillante, della dichiarazione da??amore? Come pensava di onorarmi? Con la??abbonamento al teatro e le vacanze?
- Non ho nessun motivo per prendere le difese di questo Antonio, non lo conosco nAc ci tengo piA1 di tanto, per la veritA?. PerA2 in tutta onestA?, Rosalba, per rispetto nei tuoi confronti e della tua intelligenza, devo dire che il tuo ragionamento non regge dal punto di vista di un uomo, per quanto il suo comportamento possa persino non essere del tutto giustificabile riguardo alle tue legittime aspettative. Che abbia mancato di tatto, di intelligenza, persino, sA??, sono da??accordo. Ma la??intenzionalitA?, il progetto ai tuoi danni nella mancanza di rispetto della tua femminilitA?, lo escludo. Piuttosto, credo che non se ne sia nemmeno accorto. E questo non lo discolpa dalla sua leggerezza.
- A questo punto sono io che non capisco. Dove vuoi andare a parare, Lorenzo? Sembri tenere il piede in due staffe, dare un colpo al cerchio e uno alla botte. Deciditi, prendi una posizione!
- Non A?N mica, semplice, ci sono tanti elementi da considerare. Hai tirato in ballo me e, allora, A?N dalla mia esperienza che comincio. Io mi sono innamorato della??Anna appena la??ho conosciuta, non ca??era tempo che reggesse, me la sarei portata a casa immediatamente, ma non era mica possibile? Non A?N stata una cosa cosA?? sincronicamente reciproca. A? vero che da lei e con lei volevo tutto ma non sarei stato capace di farti un elenco di tutto quello che volevo, cosA??, con tutta questa precisione. Posso dirti solo che la volevo anche nel senso che dici tu, fisicamente; i figli, le bambine sono venute - come dire?- per conto loro. Non escludo che come dici tu, ancha??io avessi inconsciamente un progetto di vita con lei ma appunto perchAc inconscio non era cosA?? definibile: ora ci sposiamo, poi tra qualche mese ci mettiamo da??impegno a fare un figlio, tra qualche anno un altro, e poi, non so, compriamo una casa piA1 grandea?| No, Rosalba, almeno da parte mia, non ca??era tutta questa razionalitA? ma non A?N la parola giustaa?|
- Consapevolezza.
- Ecco, proprio cosA??, consapevolezza. Io ho solo agito e, fortunatamente, con la persona giusta. Ora, aspetta, che ci sto arrivando, non mi interrompere, per cortesia. Ora, tu mi dirai: ma anche io ero giovane, con tutte le mie cose a posto, ed ero la persona giusta. PerchAc lui non ha agito? Eh, non A?N mica facile trovare una risposta ma di sicuro mi sento di escludere quella della sua consapevolezza di dover aspettare che tu non avessi piA1 la??etA? e non fossi piA1 nelle condizioni per trasformare una coppia in una famiglia. Non metto in dubbio che sia una persona intelligente ma qui, per una cosa cosA??, ci vuole un genio. No, lo escludo. Piuttosto, penso che, forse, abbia avuto paura, paura delle responsabilitA? che il
ruolo di genitore comporta e non A?N venuto allo scoperto con te prima di quei quindici anni per non privarti della possibilitA? di incontrare un uomo che non soffrisse di questa paura.
- Allora, dovrei persino ringraziarlo di questo estremo atto da??amore?!
- Non dico questo, si dice peccato di opera o di omissione, il non agire dA? comunque luogo a un peccato. PerA2 non A?N da escludere che sia andata cosA?? o, piA1 semplicemente, Rosalba, si A?N veramente innamorato di te solo in quel momento e, allora, ha agito di conseguenza e a tempo debito e non lo si puA2 incolpare di un peccato di omissione.
- E la??essersi innamorato di me a quella??etA? non gli avrebbe imposto una condotta diversa?
- In base al tuo modo di sentire e di ragionare, non necessariamente in base al suo. A? stato poco sensibile ma non colpevole.
- Questo non spiega cosa volesse da me? Cosa si aspettasse di ottenere in ragione di quel che andava dicendo?
- Cosa ti aspetti? Cosa mi aspettavo io quando ho chiesto alla??Anna di sposarmi? Mah, non A?N che avessi delle idee chiarissime. Volevo solo stare con lei, averla tutta per me, legata a me. Poi, sai, quando prima facevi la??elenco di tutte le cose che si presume lui volesse da te e in ragione delle quali volesse sposartia?| Beh, quando facevi la??elenco, pensavo che io volevo che cucinasse per me. Pensavo che avrei avuto sempre tutte quelle cose che lei sapeva fare e che mi preparava di tanto in tanto, quando ce na??era la possibilitA?, in quella casa in condivisione. Poi ca??erano le cose che io volevo dare a leia?| ma per tornare alla tua domanda, la mia risposta A?N che il tuo ragionevolissimo elenco di motivazioni non regge a giustificare la decisione di sposarsi. E ti dico subito perchAc, seguendo il tuo elenco. Vediamoa?| a??stirare le camicea?? che poi sta per occuparti di lui, delle sue esigenze personali. Sono esigenze personali, certamente, ma non tanto personali a tal punto da doversi sposare con la donna cui affidi i tuoi panni sporchi, in senso letterale. Insomma, Rosalba, A?N molto piA1 pratico prendere una donna a mezzo servizio, che una o due volte a settimana venga a sistemare la casa, fare il bucato e a stirare. Vicino a casa di Anna, a Napoli, ho fatto amicizia con un signore, giovane, sulla cinquantina, un professore, lo vedo sempre in lavanderia, ci porta le sue camice, pur essendo sposato da anni a??g matrimonio con due figli a??g perchAc dice che non vuole essere nella condizione di dover ringraziare sua moglie. Ora, deve essere un gran bel triste matrimonio, il suo, non trovi? Ora, per quella??altra cosa, che dicevi, circa le donne, le donne a pagamento, ti rispondo senza alcun moralismo. Sono cose del tutto diverse quelle che ti aspetti di fare e provare, soprattutto, con una professionista o con la donna che ami, Rosalba. In tutta sinceritA?, ora, anche se non mi A?N capitato di farlo finchA?N ca??A?N stata mia moglie a??g e tuo fratello mi A?N testimone -, in tutta sinceritA?, sono due tipologie di rapporti che possono persino convivere senza entrare in conflitto, se non per una questione moralistica, in una prospettiva maschile, o sentimentale dal modo di vedere di una donna. Ma per un uomo quello che si fa con una professionista A?N giusto un servizio che acquisti, che non A?N tanto diverso da un massaggio, per intenderci. Non ti sposi per il sesso o per sistemare il problema del bucato, A?N molto piA1 facile pagare per questi servizi, a volte, non ti nascondo, che il pagare ti dA?, persino, una sensazione di potenza, e non uso questo termine a caso. Ora, il prezzario A?N molto articolato e ce na??A?N per tutte le tasche di cameriere e di professioniste. Credimi, sono rimasto vedovo a cinquanta??anni e non ho mai sentito la??esigenza di sposarmi, tantomeno per ragioni pratiche.
- Avrai pure ragione. Riconosco che sei stato sincero e lucido nel ragionamento ma io continuo a sentire che sfugge qualcosa e, comunque, continuo a sentirmi defraudata. PerchAc nessun uomo ha visto in me una donna giusta per desiderarla come moglie?
- Come puoi sapere che nessuno abbia provato questo desiderio?
- Di sicuro non la??ha espresso, che, poi, in termini pratici non fa differenza: quello che rimane in potenza, senza mai diventare atto, non esiste.
- Tutti abbiamo dei desideri frustrati, Rosalba. Prendi me, desideravo e mi aspettavo di invecchiare con la??Anna, sarei diventato vecchio con accanto una donna piA1 giovane, avremmo avuto le figlie vicine e ci saremmo occupati insiemi dei nipotini. Avevo da tempo predisposto tutto per questa vecchiaia che mi immaginavo e desideravo. Mi sarei preso cura di loro fino alla fine dei miei giorni, quando mi immaginavo che avrei lasciato questo mondo, sapendo le mie donne al sicuro, mentre mia moglie mi avrebbe tenuto la mano e magari mi avrebbe dato un ultimo bacio. E, invece, sai bene come A?N andata.
- Ma hai pur sempre tante cose, esito di quello che avete costruito insieme, per quanto Anna sia morta cosA?? prematuramente. Le figlie, un nipotino, esiti meravigliosi del tuo agire, scegliendola e volendola per te. E lei te, naturalmente. Attorno a me cosa ca??A?N della vita che sia solo mia? Tutto quello che ho A?N la??esito della??agire nella vita dei miei genitori: la memoria dei miei fratelli, le mie nipoti, le figlie di Alberto, e persino Faustina A?N esito della vita di mia madre.
- Non posso credere che tu non abbia da raccontarmi tante cose legate alla tua vita, alle tue amicizie, ai viaggi, ai tuoi studenti? Hai insegnato per tanti anni e sono certo che hai inciso nella vita di tanti ragazzi e ragazze, sono sicuro che vieni nominata ogni minuto da tanti di loroa?|
- SA??, ma questa A?N la vita professionale, importante quanto vuoi, ma non esaustiva. Per una donna non A?N come per un uomo, Lorenzo, credi a me e non alle sciocchezze che vanno contando le femministe! Siamo diversi. Differenti, uomini e donne. Profondamente. La nostra biologia si riflette nel sistema di valori, nelle prospettive, nella scala delle cose importanti. Una donna sente fortissimo il bisogno di procreare che non A?N semplicemente creare, nemmeno Dio, nonostante la sua onnipotenza, riesce a fare altrettanto. Produrre la vita dentro di sAc, con la??ausilio della??uomo certo, ma A?N nella donna che i principi vitali diventano una vita nuova, autonoma e diversa. A? nella donna che trova nutrimento e riparo per formarsi, svilupparsi e venire al mondo. Tutto avviene qui dentro. - E si tocca il ventre con le mani aperte, la??una sulla??altra. - E poteva avvenire anche dentro di me. Ma mi A?N stato negato: dalla pusillanimitA? di Antonio, forse, o dalla debolezza del desiderio di altri uomini rimasti nascosti, o dalla volontA? di Dio. Sono rimasta una donna marginale nella vita delle persone che conosco. Sono di fatto una donna ai margini della vita, come se fossi una spettatrice attenta e competente del genere di spettacolo cui assiste con partecipe accanimento, sebbene non le sia mai consentito di prendervi parte attiva, di svolgere il suo ruolo pure lei.
E affonda due volte di seguito la forchettina in quel che rimane della fetta di cassata, inghiottendo nervosamente i bocconi. Lorenzo A?N senza parole. Capisce che non ca??A?N niente da controbattere, che in qualche modo, anche se non in maniera oggettiva e comunque in maniera sostanzialmente parziale, Rosalba ha ragione. A? una ragione tragica la sua, aggravata dal dolore che non si riconosce mai ai forti. E Rosalba A?N forte, e rafforzata agli occhi altrui dalla sua scorza, dalla ruvidezza dei modi, dalla??ironia graffiante delle sue frasi. Ma gli viene in mente una??ultima forma di contraddizione, un ultimo argomento.
- Hai ragione. Hai ragione tu. Non ci sono scusanti, non A?N possibile attenuare il tuo dolore. Hai ragione. Solamente una cosa, permettimi di dirla, Rosalba. Questa??uomo ti sta accanto, nel modo che imponi tu, che non A?N per niente facile, da quasi venta??anni. Non puA2 esserci che un solo motivo: tu sei tutto per lui. La vita non A?N passata attraverso di te come avresti voluto, nel modo fondamentale delle donne. Ma tu sei la vita per questa??uomo.
Gli occhi di lei luccicano e sono puntati in quelli di lui, come a prendere la mira.
- Ci ho pensato ancha??io che poteva andare cosA??. Non aver dato la vita ma essere destinataria di un amore assoluto come per una forma di compensazione. Ma questo lo avrei accettato, se ancora giovane, avessi scoperto di non poter avere figli. Un amore che arriva da postmestruata, che poteva procreare, non deve essere assoluto. Non deve. Quello che ricevo mi fa rabbia.
Paradossalmente, la??uomo capisce queste ultime affermazioni, finalmente cariche di commozione. La corteccia di Rosalba si A?N spaccata. A? ormai senza pelle. Ci voleva tutto il dolce della cassata per arginare quel nucleo da??amaro pronto a tracimare in ogni momento.
La??altra forchettina A?N rimasta inutilizzata.

Annarita Lamberti
- Tutto il dolce di una fetta di cassata -
Annarita Lamberti
Quello che non si puA2 dire
Fino a poco tempo fa non ci avrei pensato due volte, anzi, fino a poco tempo fa non mi sarei ritrovata in una situazione simile, non sarei arrivata a tal punto ma alla quota di un centimetro, al massimo, sarei corsa dal parrucchiere. Ora, invece, passo e ripasso davanti allo specchio, mi esamino con tutti i tipi di luce, diretta, indiretta, di mattina, di pomeriggio, di sera, provo a vedere se sistemandoli in un modo o nella??altro, se magari raccogliendolia?| Non ho voglia di andare dal parrucchiere, non ho voglia di tingerli nA?N di tagliarli. Vorrei poterci non pensare ma mi danno un senso di trascuratezza, di vecchiume, ecco, sono come una dichiarazione inequivocabile.
Lo capiscono tutti, vero? Lo capiscono tutti al primo sguardo, vero?
Non voglio che si capisca ma non faccio niente perchAc ciA2 non avvenga. Non ho voglia di tingermi i capelli eppure non mi sento a mio agio con questa avanguardia bianca, radunatasi proprio sulla fronte. Si concentra giusto lA?? come una dichiarazione inequivocabile, ecco.
E io non reagisco, non nego. A? da quasi due mesi che non vado dal parrucchiere.
Sembrerebbe che abbia issato la bandiera bianca e, invece, non sono serena in attesa che vengano a farmi prigioniera.
Per il resto ho accettato tutto. Ho ceduto, per la precisione. A? da febbraio che non faccio piA1 la terapia. Non ho ragionato, considerato gli aspetti della situazione. Ho semplicemente avvertito il senso di umiliazione che quella terapia semplice mi infliggeva e semplicemente ho lasciato quelle pilloline nelle loro scatole. E sono andata avanti lungo il percorso in cui il fiume non si tinge piA1 di rosso. E ho cominciato ad aver paura della??inaridimento, di quando si presenterA? in tutta la sua evidenza. Mi guardo il viso per scorgere le rughe. Le mani per notare se ci sono grinze o macchie.
Quello che si nota di piA1 A?N che i miei fianchi si sono arrotondati e cosA?? la pancia e il fondoschiena. E il seno pure. Tutto molto proporzionatamente. Questo A?N quanto si vede.
I vestiti di prima mi vanno lo stesso ma faccio un effetto strano. E, poi, la sensazione di pesantezza: non ho preso molti chili ma A?N come se avessi cambiato peso specifico. Come se da alluminio fossi diventata piombo. Spesso il viso mi sembra gonfio, poi, di meno, subito dopo di nuovo gonfio. A volte sospetto dipenda dallo specchio, dalla luce, non so. Mi illudo di non essere davvero io quella che vedo nello specchio.
Poi, ca??A?N quello che sento: un dolore sordo alla??ovaia destra. Costante e sordo.
Ma il dolore fisico A?N solo un dettaglio insignificante. Il dolore sta altrove. A? una sensazione di inadeguatezza, di discronia. Sono come un film doppiato male: la voce in ritardo o in anticipo rispetto ai movimenti delle labbra. E anche quello che dico A?N in contrasto con quello che appare, e quello che sento con quello che appare.
La mia capacitA? di comprensione si A?N alterata. Non capisco veramente quello che mi si dice come se le parole avessero improvvisamente cambiato di senso, come se, pur comprendendo la lingua nelle sue strutture fondamentali, fonetiche e lessicali, non ne possedessi piA1 la semantica. Come se quella lingua, la mia lingua, la??avessi imparata in un altro pianeta dove il pane, per esempio, non A?N pane e la??acqua non A?N acqua. E capita che quel che mi viene detto mi ferisca ma non reagisco piA1, non protesto, non mi innervosisco. Rimango in silenzio. Mi rifugio lontano. E in superficie non si vede niente, credo.
Mai come nella??ultimo periodo ho ricevuto apprezzamenti maschili, da??altronde, si dice a??mi piaci quando taci perchAc sei come assentea??. Il mio medico A?N tra questi. a??La vedo raggiantea??, a??Quanto A?N dolcea?| deve essere difficile litigare con leia?|a??. a??Ora, deve fare ricorso a tutte le sue risorse. Si diverta. Ora non ha piA1 questo fastidioa?| si puA2 rilassarea?|si diverta.a??
Io ho sorriso. Ora mentre ci ripenso, invecea?|.
La prima volta che me lo ha detto, poco piA1 che un anno fa, quando ancora non ca??era la certezza: a??E anche se fosse? Ci sono tanti aspetti positivi!a??. Sono scoppiata a piangere. La??ho trovato offensivo, una??offesa fisica, come lo squarcio di un pugnale in pieno petto.
Il giorno dopo la??ultima parola che capii fu a??sottilea?? attributo di a??endometrioa??. a??Endometrio sottilea?? era la mia sentenza. Poi, la dottoressa cominciA2 improvvisamente a parlare una lingua oscura.
Di tutto quel lungo discorso ricordo: a??troppo prestoa??, a??contrastarea??, a??ripristinarea??.
Poi mi aggrappai ad un foglietto e corsi in farmacia. Per tredici giorni ho pianto, fino a che il fiume rosso non riprese a scorrere. La portata del fiume A?N stata abbondante per tre mesi, poi, ha cominciato a diminuire tanto da trasformarsi in un rivolo irrisorio, poi, ca??A?N stata una piena inattesa, poi, piA1 niente. PiA1 niente.
Per sette mesi ho vissuto in ragione di due pilloline. Poi le ho viste come sinistre, oggetti offensivi, veleni che non producevano la??effetto desiderato. E le ho lasciate lA??, nelle loro scatoline.
Mi sono sentita umiliata. Dovevo essere quello che non potevo essere piA1.
Ho ceduto o mi ci sono abituata o entrambe le cose.
Non ero preparata a quello che mi A?N successo. Mi ha sorpreso quando credevo di avere almeno altri dieci anni davanti a me. Nessuno ti avverte che puA2 succedere con tanto anticipo, nessuno ti prepara. Senti dire di sfuggita, di tanto in tanto che non A?N una malattia, che A?N una cosa normale ma nessuno ti dice che puA2 arrivare prima dei quaranta??anni.
Alla??inizio ho subito tutta la serie di speculazioni sulle possibili cause. Qualcuno mi ha detto che A?N stato il mio ultimo regalo alla??uomo che amavo: perdere la mia femminilitA? mentre lui perdeva la vita.
Ora, invece, A?N il tempo di subire tutta la serie delle constatazioni degli aspetti positivi. La??assenza di rischi, la possibilitA? di rilassarmi, di essere libera. Libera di comportarmi come un uomo. Di poter saltare da un letto ad un altro senza conseguenza alcuna.
Sono diventata comoda. Forse, A?N per questo che mai come da quel crudele maggio dello scorso anno sortisco tanto interesse, sguardi avidi, che spingono ad avvicinarsi a pronunciare parole appassionate.
a??Metta a frutto tutte le sue risorse, si diverta!a?? Ora che non ho alcun desiderio.

Annarita Lamberti
- Quello che non si puA2 dire -
Lucia Vitelli
Belvedere
La strada
cammina silenziosa
fino a una manciata di case,
le panchine
guardano il vuoto.

Dai Marini la??universo
A?N un gattino nero
rannicchiato alla ringhiera,
miagola,
e con le zampine
dissotterra fra le grate dei sogni
i visi inghiottiti dalla terra.

Nulla A?N cosA?? distante
nel sereno della??assenza.

Cumuli di secoli
si lasciano cullare sulle stuoie
di foglie,
ma A?N un tenue filo
che sfugge di mano
al primo barlume
di vero.

Da un lato
il terreno scoscende lungo il pendio.

Si aprono fiori bianchi
tra le cose che muoiono.

Lucia Vitelli
- Belvedere -
Nicola Campanelli
Cuba


Non appena si arriva a Cuba, mentre si è ancora in aeroporto, non si può evitare la fila interminabile presso uno degli sportelli di cambio valuta. In tutta l'isola, infatti, è pressocché impossibile incontrare qualcuno che accetti un pagamento con carta di credito e quindi, prima di ogni altra cosa, bisogna procurarsi denaro contante. Se quest'attesa, che segue il lungo viaggio nonché l'ulteriore coda agli sportelli per il visto, rende faticoso l’arrivo, ci si può sempre consolare pensando che in un Paese tormentato per secoli da guerre e rivoluzioni (e oggi afflitto da numerosi problemi) nessuna speculazione è consentita. Se i cubani acquistano ogni cosa con i pesos locali, i turisti cambiano le proprie valute con cuc, ossia pesos convertibili, il cui valore è equiparato ai dollari statunitensi. Ecco perché, pur trattandosi di un Paese relativamente economico, non bisogna commettere l'errore di credere che bastino pochi spiccioli per una vacanza da nababbi. Il lusso costa caro anche a Cuba.

Una volta preso un taxi ─ rigorosamente ufficiale ─ per arrivare all'Habana, la prima cosa che colpisce durante il tragitto, è la rigogliosa vegetazione che, benché non sia curata, ricorda subito che ci si trova ai Tropici.

Durante il percorso per giungere in città è probabile che sia il reguetón ─ una sorta di musica raggae popolare tra i giovani del latinoamerica ─ a fare da colonna sonora al viaggio in macchina e non la tanto attesa salsa cubana. Coloro che credono che a Cuba tutti vivano tra un passo di salsa e l'altro, resteranno sorpresi nello scoprire che la salsa è più un intrattenimento per turisti che la musica maggiormente ascoltata dai locali.

Il vero shock, comunque, lo si riceve quando si arriva nella capitale. L'Habana è una città sporca, povera, con i palazzi che si reggono miracolosamente in piedi e con le strade fangose e maleodoranti, eppure, malgrado ciò, bellissima. Una città incantevole, calda, sensuale, con un ché di animalesco.

La gente, lo si capisce da mille indizi, vive di poco ed è sempre quasi svestita a causa del caldo umido che soffoca. La conturbante vista di corpi forti, color miele di castagno, è quasi imbarazzante. ‎Camminando per le strade dell'Habana, se non fosse per un giusto senso di pudore e per il dovuto rispetto ai suoi abitanti, verrebbe voglia di fotografare in continuazione volti e luoghi che catturano letteralmente l'attenzione.

Chi sembra non provare il minimo imbarazzo per atteggiamenti più che audaci, sono proprio gli uomini del posto che, al passaggio di una qualsiasi ragazza straniera, non esitano a rivolgere sguardi insistenti e carichi di malizia, se non addirittura frasi e promesse di un improbabile amore...

Diffidare dei cubani, per quanto sia triste dirlo, è una regola alla quale nessuno dovrebbe sottrarsi. Ogni loro parola, ogni loro azione, è quasi sempre volta a ottenere qualcosa in cambio.

La più amara delusione per chi spera di conoscere a fondo i cubani ed entrare con loro in contatto, è proprio questo modo, quasi istintivo, di relazionarsi agli stranieri. Non più un modo per sopravvivere alla loro condizione di miseria, ma un atteggiamento così radicato da non potere farne a meno. Se l'eccezione alla regola esiste, sarebbe da ingenui pensare di essere stati proprio noi i fortunati ad aver incontrato un uomo o una donna disinteressati.

L'Habana vieja è sicuramente la parte della città meglio conservata. Sono molti i bar dove è possibile bere mojitos ─ cocktail preparati con menta, zucchero, lime, e rum (da non perdere la "bodeguita del medio" famosa per Hemingway) ─ tutti con il sottofondo di piccole orchestrine che si esibiscono in famosi brani di rumba e di salsa, nonché i mercatini per turisti dove si possono trovare prodotti di un artigianato locale, non troppo originale.

Il Vedado, invece, è il quartiere residenziale. Ci sono università e case più curate, ma l'atmosfera che si respira è di sicuro meno suggestiva.

La parte più autentica e caratteristica della capitale cubana è il centro Habana. La comprensibile diffidenza a camminare per le sue stradine, molto meno frequentate dai viaggiatori, può essere facilmente superata con la consapevolezza che sono poco probabili episodi di violenza e scippi ai danni dei turisti. Non solo Cuba è uno "stato di polizia", ma gli stranieri costituiscono la principale fonte di guadagno del Paese. Dunque non c'è nulla da temere, vi si può passeggiare senza pensieri.

Una volta vinta la ritrosia, si godrà di un impareggiabile spaccato della vita degli abitanti del luogo. Li si può vedere intenti a riparare una delle vecchie automobili americane anni '50 che ancora circolano numerose, oppure li si può incontrare riuniti in capannelli a bere rum a qualsiasi ora del giorno e della notte. Si possono vedere bambini che corrono scalzi rincorrendo magari qualche animale che circola liberamente per strada, oppure giovani uomini che tirano carretti col pane, o che trasportano ogni genere di cose su vecchie biciclette improvvisate.

Per mangiare, chi alloggia in una casa particular, può tranquillamente affidarsi a ciò che gli viene proposto. Sia la colazione che la cena, infatti, sono ricche e abbondantissime.

C'è sempre una gran varietà di frutta; e la cena, sia che si scelga il pesce che la carne, è sempre accompagnata da riso e fagiolini.

Per scegliere i ristoranti, invece, è senz'altro meglio affidarsi alle guide. All'Habana si può cenare nel palazzo dove Tomás Gutiérrez Alea e Juan Carlos Tabío girarono il pluripremiato film Fresa y chocolate. I prezzi sono di gran lunga più cari della media, ma il piacere di cenarvi è impareggiabile.

I più temerari, invece, hanno l'imbarazzo della scelta. Quasi ogni finestra e ogni portoncino sulla strada nascondono al loro interno tavole con su esposte specialità locali che vengono vendute ai passanti per pochi centesimi. In tal caso, è meglio non far caso all'igiene e chiudere entrambi gli occhi...

Poco lontano dall'Habana ci sono le spiagge "cittadine" (playa del este ─ spiaggia dell'est), piuttosto affollate e lontane dai paradisi caraibici costituiti dai numerosi isolotti (i famosi cayos), ma dove è comunque possibile rinfrescarsi in un mare pulito e facilmente raggiungibile. Qui è più probabile essere circondati da cubani in cerca di avventure non del tutto disinteressate.


Una volta visitata l'Habana, il viaggio può proseguire ad ovest, verso la regione Pinar Del Rio. A Viñales, in particolare, si può godere di una vasta gamma di esperienze. Il paesino è costituito da un paio di strade che si incrociano e dalla piazza resa suggestiva dall'antica e malridotta chiesa. Rispetto alla capitale colpiscono l'autenticità dello stile coloniale e la tranquillità del posto e dei suoi abitanti.

Imperdibile è la camminata a cavallo per i campi di tabacco. Chi ha il vantaggio di conoscere la lingua, potrà apprendere moltissimo... I campesinos, per esempio, devono dare al governo il 90% del loro raccolto, con il quale vengono prodotti i pregiati sigari cubani, e possono disporre liberamente soltanto del restante 10%. I più maliziosi potrebbero pensare che simile disposizione è facile da eludere, ma non è così. Gli asfissianti controlli non consentono furberie all'italiana.

Nei campi si può assistere alla preparazione di un sigaro puro, le cui foglie, dopo essere state arrotolate, verranno sigillate col miele, e si potrà fumare davanti a un secador (le capanne in cui vengono fatte seccare le foglie della pianta da tabacco) gustando direttamente da un cocco un ottimo aperitivo fatto con miele, rum e latte di cocco.

Lo spettacolo più sensazionale, anche in questo caso, lo offre la natura. Intere vallate verdi, palmeti e sconfinate piantagioni di tabacco lasciano senza fiato i privilegiati viaggiatori che sceglieranno queste mete indimenticabili.
Sempre da Viñales, si possono prendere pullman per trascorrere l'intera giornata a Cayo Levisa o a Cayo Jutias.

Spiaggie bianche, palme cariche di cocchi e mare cristallino senza eguali. Conchiglie dalle forme e grandezze più diverse e granchi che corrono tra la fitta vegetazione di mangrovie, alberi che affondano le proprie radici nell’acqua del mare.

Se non dovessero bastare queste attrattive, c'è sempre la possibilità di visitare la Cueva di San Tomàs, la seconda grotta più grande di tutto il Sud America.

Equipaggiati di un abbigliamento adeguato, di un pizzico di coraggio e accompagnati da una guida esperta, potrete addentrarvi in una fredda e buia roccia carsica che vi svelerà ancora una volta la grandezza della natura... L'acqua che penetra nella roccia viene asciugata dalle correnti di vento che penetrano tra le fessure e gli squarci naturali delle pareti della montagna. In questo modo il calcare che si deposita sull'estremità di multiformi coni allungati, strato su strato, dà vita a stalattiti e stalagmiti, simili alle guglie di Notre Dame.


Una volta esaurito il soggiorno a Viñales, ci si può dirigere verso Cienfuegos, capoluogo dell'omonima provincia e da molti considerata ─ in modo un po' azzardato ─ la Parigi di Cuba.

A bordo di uno dei pullman per turisti, durante il tragitto, avrete modo di godere della vista della fitta vegetazione tropicale che continuerà a lasciarvi senza fiato.

Bisogna precisare, però, che negli efficienti bus che vi condurranno da una località all'altra dell'isola, non sono ammessi cubani. Sebbene le cose stiano lentamente cambiando, sono ancora molte le restrizioni e i divieti che impediscono ai cubani di vivere liberamente. Anche lì dove non esiste un effettivo diniego, i prezzi per accedere ad alcuni servizi sono assolutamente proibitivi per le loro tasche.

Per questo motivo, molto spesso, durante gli spostamenti più lunghi si incrociano camion che trasportano una quantità inverosimile di passeggeri. I loro corpi prorompenti di vitalità ammassati e stretti l'uno contro l'altro, come deportati ai campi di concentramento. Solo i volti sorridenti, i colori vivaci dei loro vestiti e dei paesaggi tutto intorno, rendono più sopportabile la vista di questi carri.
Di fronte a tutto ciò è inevitabile provare una tristezza mista, però, all'imbarazzo per una misteriosa forza d’attrazione che cattura lo sguardo e imprime nella memoria quelle immagini terribili e seducenti nello stesso tempo.


Arrivati a Cienfuegos, si potranno subito apprezzare le case in puro stile coloniale del paseo del Prado. La città, sebbene non abbia neanche lontanamente le atmosfere che si respirano all'Habana, offre ai turisti la possibilità di trascorrere una piacevole giornata tra i monumenti del luogo.

Dall’Arco de Triunfo si arriva nel Parque José Martì dove si trovano tutti gli edifici e i monumenti da visitare: il Teatro Tomas Terry, inaugurato nel 1895 con una rappresentazione dell’Aida di Verdi, l’edificio neoclassico del Colegio de San Lorenzo, costruito per garantire l’istruzione ai bambini bisognosi della città, la Catedral de la Purisima Concepción con due torri e con vetrate raffiguranti gli apostoli.

Immancabile una lunga passeggiata lungo il Malecon, il lungomare che conduce a Punta Gorda, che pur senza avere le stesse caratteristiche intriganti del lungomare dell’Habana, offre pur sempre una gradevole vista della baia.

Al posto delle forti seduzioni della capitale, Cienfuegos è, piuttosto, avvolta in un dolce e contagioso languore.


Da Cienfuegos, dirigersi verso Trinidad, è quasi un obbligo.
Un importante avvertimento è quello di fare, il giorno stesso in cui si arriva nella destinazione prescelta, il biglietto per la prossima meta. Non sarebbe una cosa strana, infatti, se vi dicessero che non c'è più posto sul pullman che dovreste prendere, o che non c'è il personale per farvi il biglietto, senza che nessuno sappia dirvi il perché né quando tornerà tutto alla "normalità".

Il film di Juan Carlos Tabío lista de espera (lista d'attesa, dal racconto di Arturo Arango ), in cui i passeggeri, che sono sottoposti ad una interminabile attesa perchè gli autobus arrivano tutti pieni, devono aspettare che venga riparato il mezzo che a giorni alterni va ad est o ad ovest, non è fantasia.

Fatta questa dovuta precisazione, arriviamo a Trinidad nella provincia centrale di Sancti Spíritus.

Il centro storico non deluderà le aspettative di coloro che sono ancora in attesa di trovare il più caratteristico villaggio caraibico.

Le stradine colorate, la Plaza Mayor con la chiesa di San Francisco de Asis e le montagne verdi sullo sfondo, le balaustre di legno lungo i balconi delle antiche case coloniali, i caratteristici ristorantini, la scalinata dove ci si intrattiene sino a tarda notte sulle note della salsa cubana, rendono Trinidad una delle mete preferite dai turisti.

Condividendo un taxi con qualche altro turista, con pochi cuc si può raggiungere facilmente la playa d'Ancon. Niente di speciale, ma pur sempre un modo per trovare un po' di refrigerio nelle calde giornate cubane. Sicuramente più alletante una visita a cayo blanco (isolotto poco distante dalla spiaggia).

Da Trinidad è anche possibile raggiungere le cascate oppure la Valle di San Luis, vicina alla città, o la Valle de los Ingenios dove è rimasta traccia delle fabbriche di zucchero e dei barracones, gli edifici dove venivano ammucchiati i negri rapiti in Africa.

Nota stonata è la massiccia presenza di turisti che ha trasformato lo spirito della gente del luogo, che in ogni momento si avvicina chiedendo vestiti, monete o cercando di convincere i passanti a cenare nei diversi ristoranti per turisti.

Per ritornare all'Habana, avendo ancora qualche giorno a disposizione, si può fare un veloce salto a Santa Clara per vedere il Mausoleo del Che, e poi proseguire per Remedios, sulla costa Nord.

Il Mausoleo non è esattamente ciò che ci si attenderebbe. Andarci è più una forma di rispetto al mito del Comandante, che una cosa da non perdere. Oltre a qualche cartolina e qualche foto di Che Guevara, non si potrà trovare.

Arrivati a Remedios, si respirerà un poco l'aria che avevamo lasciato a Viñales. Sebbene sia ben più grande di Viñales, anche Remedios è un piccolo paese con poche strade disposte a scacchiera ed una piazza dove la sera si radunano i cittadini e i pochi turisti di passaggio.

Un po' come nella provincia italiana, infatti, anche lì dopo cena ci si riunisce tutti nella piazza del paese. I numerosi anziani si siedono sulle panchine ad osservare l'andirivieni dei passanti, gli uomini si riuniscono a bere e fumare, e le signore parlano tra di loro. Colpisce il fatto che tutti sfoggino le loro mise migliori. I ragazzini indossano magliette con scritte vistose e con sbrilluccichii di tutti i tipi per far colpo sulle coetanee che, dal canto loro, incuranti del calore, calzano alti stivaletti alla moda e pesanti collane dorate.

Dopo aver bevuto un mojito e aver fatto una passeggiata tra le due chiese che impreziosiscono la piazza, si può andare a letto senza lo scrupolo di perdersi qualcosa di speciale.

La vera ragione per fermarsi un paio di giorni a Remedios, sono i cayos che si raggiungono piuttosto agevolmente in auto.

Una importante osservazione merita il fatto per cui nella maggior parte dei cayos si può accedere soltanto previo il pagamento di una sorta di pedaggio ai diversi hotel costruiti proprio su queste bianche spiagge caraibiche. Il che si traduce in un divieto di fatto per i cubani di godere delle proprie isole.

Gli unici cayos ai quali si può arrivare leberamente, senza dover subire limitazioni in tal senso, sono circa tre (il più vicino è cayo las salinas e il più distante, ma anche il più bello, è cayo perla blanca).

Ora, se è difficile da concepire e da accettare l'idea che Cuba sia un'isola a misura di turista e non sia l'isola dei cubani, con un po' di amarezza bisogna anche ammettere, senza ipocrisia, che lì dove i locali possono andare senza problemi, la pulizia e l'ordine lasciano molto a desiderare e in molti casi la loro mentalità, per la quale uno straniero è solo fonte di possibile guadagno, li spinge a essere insistenti se non addirittura molesti.


Pertanto, dopo aver trovato ingiusta e assurda l'idea di una simile limitazione di libertà ─ effettivamente inaccettabile ─ si sentirà di nuovo il bisogno di trovare un po' di tranquillità nelle finte oasi di pace a misura di turista.


Concluso il nostro viaggio, mentre si torna all'Habana per prendere il volo che ci riporterà a casa, dalla poltroncina del nostro bus si potrà godere ancora per l'ultima volta del panorama che scorrerà veloce fuori dal nostro finestrino.


Alla fine, se la paura più grande prima di partire per Cuba era quella di essere colpito dalla povertà, mi rendo conto che la cosa che turba maggiormente è solo la mancanza di libertà di un popolo.

Nonostante l'indigenza, i cubani hanno comunque un sistema che garantisce loro il diritto alla salute e gli altri diritti più elementari, hanno una terra fertile e un clima che rende anche loro solari e vivi. Ciò che non può essere barattato con nessun tipo di altro bene, è la libertà di pensiero e di movimento, ed è questa barbarie che in alcuni momenti mi ha fatto sentire come in uno zoo, dove osservare curioso le malcapitate vittime di una dittatura.

Mentre guardo una donna che stende il bucato sui fili che vanno da un albero all'altro del giardino fuori della sua abitazione improvvisata, non posso evitare di chiedermi se la povertà cui è costretta la condanni a una vita triste e difficile, ma poi, penso che sia pure in contesti diversi, la nostra possibilità di vivere felici non è poi tanto diversa...

Nicola Campanelli
- Cuba -
Roberto Caterina
Tautogramma in B
Bisbigliando belle balle bollenti
Belinda beve bottiglie birrose..
Bollendo, bramando bighe boriose
Bestemmia, buca batteri battenti

Basta Belinda bagnar bastimenti
Brulicando boline burrascose?
Basta bruciare bramosie boscose?
Bellezza batte brutti battimenti...

Ballando buoni balli bipolari
Belinda brama bischeri bestiali
Blocca burlando burberi bastoni

Brama beatissimi buoni bocconi
Butta, barando, bifolchi banali
Baciando, bacilli bicentenari..

Roberto Caterina
- Tautogramma in B -
Lucia Vitelli
Delirio di febbre
E la pioggia ancora mi sorprende
sotto fili potenti.
Per strada figure indistinte
si affrettano a barlumi di sonno.
Infilo il portoncino con la??ombrello di pioggia
e la fanciullezza alle guance.

Per simpatia la febbre A?N nella??aria, basta poco,
un colpo di tosse.
E con la febbre
accolgo strane fantasie
e le bizzarrie delle favole
che un giorno mi hanno incantato
e ma??incantano ancora.

Nel silenzio della sera
il drago sputafuoco si erge.
La gola mi duole,

Non vi A?N altro rimedio:
tA?N con zucchero di canna,
come lo bevo con te.
Ti penso.
Vorrei costruire una zattera,
e portarti via in mare aperto.

Lucia Vitelli
- Delirio di febbre -
Carlo Di Legge
Crocevia delle polveri
Un gran momento.
A? incominciato quella notte
in cui non dormii, e pensavo: se i miei potessero
vedere, sarebbero soddisfatti.
Allora sono venuti da me, e ancora ci sono. Dal
canto mio, riordino e scarto libri senza fermarmi,
faccio pulizia e soprattutto butto via mucchi di
carte livide, il malumore di troppi anni.
Come un trasloco, o come mi preparassi per
i prossimi venta??anni. ChissA?. E, insieme al ricordare,
confermo le radici nei ricordi.

Ci sono tutti: il nonno, conduttore di treni,
napoletano con i baffi e garofano rosso
alla??occhiello, nelle feste del primo maggio;
la??altra nonna, da sempre con noi, la??accento
romano, modi un poa?? altezzosi, con
me sempre carina.
Le suonate a quattro mani, al pianoforte,
tra una scenata e la??altra, lei e mia
madre.
Mio padre che si ritira in bici dal lavoro, la sera.
La cena insieme.
Nessuno manca. Ordino e spolvero, circolano
sequenze da??immagini e parole.
PiA1 da??un secolo A?N qui, evocato
dalla??emozione. La mia storia A?N nella storia di tutti.
Anche ca??A?N fantasia a??g i fantasmi chiacchierano con
i vivi.
Basta la??occasione, che sollevi un poa?? di polvere.
FinirA? presto. Aspetto che la confusione si
componga
nella sempre presente ma nascosta
trama.


Nocera Inferiore, 9.8.2009

Carlo Di Legge
- Crocevia delle polveri -
Carlo Di Legge
Col tempo
Un figlio - era tempo che venisse.
Nessun progetto: ma
l'emozione d'un attimo,
che alcuno prenda corpo,
amato ancor prima di conoscerlo,
protetto, e ancora
amato,
perfino conoscendolo.
Col tempo, si precisano le cose.
Ognuno con se stesso,
a ciascuno il suo viaggio.


1.9.2009

Carlo Di Legge
- Col tempo -
Carlo Di Legge
Mondo di verso
Diverso il mondo.
Forse vedendo,
forse dagli occhi sono entrati gli anni.
Poeti sconosciuti mi fermano
per strada.


1.9.2009

Carlo Di Legge
- Mondo di verso -
Roberto Caterina
Danza con la luna
E Li Po prima di cadere dalla barca
aveva brindato con la sua ombra
e con la luna,
e in questo brindisi a tre
aveva pensato
che forse potrebbe essere facile
danzare sulle nuvole
mettendoci l'argento che manca

Ascoltando Li Po
avevi fatto costruire un castello
sopra una collina
davanti al lago
e quando d'autunno
la nebbia l'avvolgeva
mi invitavi lassA1 a danzare con te...

Roberto Caterina
- Danza con la luna -
Giuseppe Sterlicco
Il testamento di un morto che parla

1

Quella notte mi svegliai piA1 presto del solito. Aprii gli occhi, di scatto, come se avessi fatto un brutto sogno.
Ero sudato e tremavo.
Mi voltai verso Joey e la vidi dormire serenamente, accanto a me. Le scostai lentamente una ciocca di capelli dagli occhi e le sfiorai una guancia. Lei sorrise, nel sonno.
Guardai la sveglia che avevo accanto, sul comodino, e vidi che segnava le 3 e 46. Affondai la testa sul cuscino e tirai su le coperte. Sentivo al mio fianco il calore di Joey e bastA2 semplicemente questo a farmi richiudere gli occhi e dormire.

2

Un dolce profumo di tA?N mi diede il buongiorno. Aprii gli occhi e vidi i raggi di un sole di fine estate battere sulle tendine, alla finestra. Joey sgambettA2 verso il letto con in mano una tazza di tA?N.
Era bellissima la mia Joey.
Aveva addosso una mia maglietta, che le andava di quattro misure piA1 larga, ma era bella lo stesso, come sempre. I suoi occhi neri, le sue labbra rosa, i suoi seni piccoli e sodi: tutto era cosA?? meraviglioso in quella donna. CosA?? meraviglioso che ogni giorno non riuscivo a capire che cosa trovasse in me.
Presi la tazza dalle sue mani e tirai giA1 un sorso. Poggiai la tazza sul comodino e sbirciai la sveglia. Erano le 06 e 46.
Afferrai Joey per la testa e le stampai un bacio sulle labbra. Lentamente la sua lingua scivolA2 nella mia bocca.
- Ah, amore mio... - sussurrai - finalmente oggi A?N il mio ultimo giorno di lavoro in quel maledetto ufficio! -
- GiA?, da domani sarai tutto mio! - esclamA2.
- Per poche settimane. Poi mi contatteranno quelli della casa editrice e mi faranno sapere qualcosaa?| -
All'improvviso la sveglia trillA2 e bastA2 scaraventarla a terra per farla smettere.
- Amore, possibile che ogni mattina tu debba maltrattare quel povero aggeggino! - bofonchiA2 la mia Joey.
Poi mi saltA2 addosso e facemmo l'amore.

3

Fu intenso e la cosa mi stupA??.
Facemmo l'amore sul letto, tra i rantoli della mia sveglia maltrattata e una tazza di tA?N bollente che iniziava a raffreddarsi.
Mi alzai e mi feci una doccia mentre Joey rimase a letto ancora per un poa??.
Il vapore della doccia inondA2 il bagno. Quando ebbi finito, mi asciugai e iniziai a vestirmi.
Non ricordo ancora perchAc, ma per il mio ultimo giorno di lavoro avevo scelto i miei abiti migliori. Una camicia, un jeans, una giacca e stivali texani. Erano gli stessi vestiti che indossavo quando da ragazzo suonavo con la mia band. Non li indossavo da un pezzo, da quando la mia band si era sciolta (e con essa tutti i miei sogni ) e ogni volta che Joey mi chiedeva di farlo ripetevo: - Questi vestiti li infilerA2 per l'ultima volta al giorno del mio funerale -. Quella mattina decisi di indossarli rompendo l'incantesimo.
- Woooooow, la mia rockstar! - esclamA2 Joey, meravigliata.
- Eh giA?a?| - sospirai.
- Non eri quello che li avrebbe indossati solo nel giorno del suo funerale? - chiese, incuriosita.
- Da oggi finalmente mi dedicherA2 a tempo pieno ai miei romanzi e alle mie poesie. Basta giornali, dopo-scuola ai marmocchi di dodici anni e cazzate varie. Oggi A?N il funerale del vecchio a??a??mea??a??, no? - spiegai.
- Giustissimo... - sussurrA2 Joey, aggiungendo - A?N solo che... -
- A? solo che cosa? -
- A? solo che con quei vestiti mi fai eccitare... -
E cosA?? finimmo sul parquet della nostra camera da letto.

4

Erano le 8 e 05. Ero in ritardo per il mio ultimo giorno di lavoro.
Joey conosceva ben tre lingue e lavorava per riviste, televisioni e uffici vari. Il mondo l'avevano in mano due categorie di persone: quelli coi soldi e quelli che conoscono le lingue. Io ero solo un povero giornalista che si credeva uno scrittore.
Mi infilai la giacca e abbracciai Joey.
- Ci vediamo stasera, amore - dissi.
- Ok, tesoro mio. - disse.
Ci baciammo.
Corsi alla porta e mi voltai. Non l'avevo mai fatto.
Guardai Joey dritto negli occhi per qualche secondo, nel totale silenzio.
Poi le dissi - Ti amo! -
- Ti amo anch'io - esclamA2, sorridendo.
Richiusi la porta e corsi dritto in ufficio.

5

Lavoravo al novantaseiesimo piano della Torre Nord del World Trade Center. Proprio a quel piano, l'agenzia giornalistica presso la quale lavoravo aveva spostato i suoi uffici. Un mese prima eravamo ancora al decimo piano.
Sebbene odiassi le altezze avevo pensato che, in fondo, un mese tra le nuvole non m'avrebbe fatto tanto male: sarebbe stato soltanto un mese e poi finalmente avrei potuto concentrarmi interamente sul mio vero lavoro. Magari la??aria genuina che si respira agli ultimi piani di un grattacielo mi avrebbe reso il celebre scrittore che credevo di essere.
Presi i tre o quattro ascensori d'ordinanza e arrivai agli uffici.
Fortunatamente il mio appartamento era nei pressi delle Torri Gemelle. Riuscivo a raggiungere la Hall al piano terra in meno di dieci minuti da casa mia.
Erano le 8 e 20 quando mi ritrovai il mio futuro ex capo davanti.
- Signor Blake lei A?N in ritardo! - urlA2, furioso.
- Che vuole che le dica... Mi licenzi... - dissi, ostentando un sorrisetto beffardo.
- Scherza, scherza... se ne renderA? conto piA1 avanti... in futuro... - disse il mio futuro ex capo, iniziando ad elencarmi tutte le cose che avrei rimpianto quando mi sarei accorto che in realtA? i miei libri sarebbero rimasti invenduti, per anni e anni, sugli scaffali delle librerie. Nemmeno quella mattina si risparmiA2 di descrivermi, nei minimi dettagli, il momento esatto in cui, dagli scaffali delle librerie, i miei libri sarebbero finiti dritti sulle bancarelle da un dollaro.
- Come vuole lei, signore. - sentenziai. Poi girai i tacchi e andai al mio ufficio.

6

Il mio ufficio personale corrispondeva alla facciata settentrionale della Torre nella quale lavoravo.
Quando eravamo ancora al decimo piano il mio ufficio corrispondeva, invece, alla facciata opposta.
AnzichAc godermi il riflesso della mia Torre contro i vetri della sua gemella adesso avevo davanti a me un bel panorama fatto di cielo, case e strade. Nella??ultimo mese avevo visto non so quanti aerei rumoreggiare in quello stesso cielo. Una fortuna per uno come me che odiava le altezze.
Mi sedetti al computer e premetti il tasto per accenderlo. Guardai sul desktop e vidi che la cartella nella quale avevo salvato le poesie che avevo scritto il giorno precedente era ancora lA??.
In quei giorni mi sentivo svuotato e avevo la??impressione che da un giorno alla??altro il destino mi avrebbe riservato un brutto scherzo. Che fosse la mia futura casa editrice, che fosse la??esattore delle tasse o semplicemente la morte travestita da qualcuno (o qualcosa ) avevo deciso che non mi sarei fatto cogliere di sorpresa. E quelle poesie ne erano un chiaro esempio fin dal titolo della??intero documento-raccolta in pdf: Il testamento di un morto che parla.
Ne inviai una copia, velocemente, alla??email di Joey raccomandandole di farle pubblicare ugualmente, anche se mi fosse successo qualcosa. La??istinto mi disse semplicemente questo, quella mattina.




7

Cliccai sull'icona di Word dopo aver cancellato quelle poesie e iniziai a fissare il faccione bianco del computer.
Aspettai qualche minuto e finalmente mi resi conto che mi sentivo svuotato. Nemmeno un verso nAc una semplice frase mi ruotavano nella testa. Forse le parole migliori le avevo scritte proprio il giorno precedente e non ne avrei scritte mai piA1 altre come quelle. A? la gatta da pelare di ogni scrittore, no?
Mi stiracchiai contro lo schienale della mia poltroncina e decisi che avrei passato il mio ultimo giorno di lavoro a guardare di sotto. Magari l'altezza mi avrebbe ispirato qualcosa di meglio che un ultimo articolo per quel giornaletto da quattro soldi.
Buttai gli occhi sull'orologio del computer e vidi che erano le 8 e 35.
Non avevo mai avuto la fissa del tempo nAc tantomeno avevo guardato piA1 di due volte al giorno l'orologio in vita mia. Ma dalla notte precedente l'avevo fissato giA? per piA1 di tre volte.
- Mah... sarA2 iper-stressato. - mi ripetei in mente.
Dal mio ufficio si sentiva il chiacchierA??o che proveniva dagli ufficetti accanto e per un attimo fui tentato di andarmene al mio vecchio piano, il decimo, per vedere se Fray il custode era ancora lA??.
Ma in quel preciso momento suonA2 il mio cellulare.
Guardai il display e vidi il nome piA1 bello del mondo lampeggiare: Joey.

8

Erano le 8 e 46 della??11 settembre 2001.
Non feci nemmeno in tempo a rispondere alla??ultima telefonata della mia Joey che voleva avvisarmi che di lA?? a nove mesi sarei diventato padre.
Ebbi solo un secondo per schiacciare il tasto verde del mio cellulare prima di voltarmi verso la finestra e vedere il muso di un enorme Boeing della??American AirLines venire contro di me. Voi lo conoscete semplicemente come il Volo Undici.
Forse Joey sentA?? il boato, lo stesso boato che sentirono quasi tutti gli abitanti newyorkesi.
Io vidi soltanto i vetri infrangersi e schizzare via, velocemente, dappertutto.
Poi ci fu il buio.



avvertenza sugli scrupoli del cuore

fa sA?? che tutto quel che c'A?N
rimanga impresso nel tuo cuore
fino alla fine dei nostri giorni:
la vita non A?N eterna
e con la morte
non si puA2 barare

- Da Il testamento di un morto che parla -



Giuseppe Sterlicco
- Il testamento di un morto che parla -
Carlo Di Legge
Passaggio in treno
Tornando dopo il lavoro,
il treno passa davanti alla casa
dove mia madre visse i suoi lunghi anni,
e dove io stesso nacqui.
Nessuno vi abita. Persiane
semichiuse,
balconi spogli.
Ma lei ancora si affaccia, come usava,
in un mio desiderio.
Questo viaggiare
mi consente di rivedere, e
rivedere A?N rivivere.
I luoghi si fanno modi e figure
del sentimento.
E queste montagne scabre, sotto
il sole, quante
volte vi salimmo assieme.

I viaggiatori salgono e scendono.

In un momento A?N quasi trascorso un
anno.
Una voce in me avverte che basta,
anche il tempo per piangere ha fine.
E tuttavia, nel mio silenzio,
sono a volte piA1 lontano dai vivi.


2. 9. 2008

Carlo Di Legge
- Passaggio in treno -
Carlo Di Legge
Qui volentieri mi parlano
Questa pianta, esile e ricca,
alta un poa?? piA1 di me, che sale, nutrita
dalla forza del tufo,
la trovo quasi sempre in fiore, e adesso,
a??g a volte si sente la??autunno a??g regala
rose dal delicato profumo
e senza fine germoglia.
Vorrei essere come la pianta,
inebriato di luna e di sole
nonostante i morti.
Il sogno, il mio ricordo, A?N vicino
a coloro che non possono tornare:
qui volentieri mi parlano.
So la fortuna di averli conosciuti,
e porto le diverse figure, cosA?? forti,
nel tempo.
Ma??informo sulle durate delle rose:
A?N giA? molto, le piantA2 mia madre.
Il nostro affetto vive come le rose.
Resiste fermo come il marmo povero
che usiamo.


24.8.2008

Carlo Di Legge
- Qui volentieri mi parlano -
WIP

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